Su Bernardo Levi abbiamo già scritto in precedenza, ma finalmente abbiamo scambiato qualche battuta con lui. Ne è uscita una delle interviste più buffe e insolite che abbia mai fatto, da leggere aspettando il live del 15 febbraio al Covo Club di Bologna insieme a Caniggiah e Setti per il lancio del suo nuovo EP.

Ciao Bernardo, come stai?
Molto bene, felice di fare questa intervista.

Si dice che Bernardo Levi sia un personaggio di finzione nato a Mendrisio nel 1987 e che vive in un mondo fatto di distanze e malinconia borghese. Come te la immagini una sua giornata tipo?
Al momento abito a Roma Capitale, in Via del Portico d’Ottavia 72, con la mia compagna. Lei è Galiziana, quindi spesso si fa piovere addosso. Per questo motivo cerchiamo di stare molto al chiuso, in macchina o in casa. Entrambi abbiamo lavori che richiedono di utilizzare frequentemente il trasporto aereo. Credo che l’abitudine all’aereo sia una delle cose più strane successe nella mia vita. Nel 2017 facevo in media 12 ore di volo a settimana. Il tipo di malinconia che si trova in questi ambienti è molto diversa da quella generale, credo.

Credi che la costruzione di uno pseudonimo lasci più libertà di espressione o è più una scelta narrativa?
Dal punto di vista pratico, a me consente soprattutto di non dover spiegare niente a nessuno, o almeno di non esser costretto a farlo. Quando mi stuferò di questo personaggio lo farò morire in qualche modo delirante, vittima delle sue stesse scelte. Detto questo, non sono paranoico né mascherato. Se sai usare Google e hai proprio tempo da perdere mi trovi in 20 minuti.

E se lo pseudonimo di Bernardo Levi non fosse fake, se fosse tutto vero?
Ci sono persone molto legate alla propria storia individuale. Io non tanto, o almeno non al punto da farne canzoni. Mi sembra che siamo pieni di musica fatta da persone che si mettono a nudo o si raccontano nel dettaglio. La cosa mi disgusta. Venire a noia a se stessi per me è un segno di grande sanità mentale, invece. Il mondo è pieno di cose interessanti.

Mesi fa era apparsa sui social una diffida in cui ti si invitava a omettere dalla biografia il luogo di nascita a Mendrisio che, stando al sindaco della città, risultava essere falso. Come si è conclusa la vicenda?
Capisco a cosa ti riferisci. È una vicenda molto complessa, purtroppo. Sto ancora aspettando le scuse della giornalista belga che ha informato le autorità cantonali della mancanza di dati certi sul mio conto. Mia madre si è molto immalinconita in quel periodo. Tutto il casino in realtà nasce da un problema di trascrizione di un contratto di affitto di un immobile in Libia che condivido con dei vecchi amici. Mi rendo conto che la storia era interessante per loro, ma non per questo necessariamente vera. Per quanto mi riguarda poi non sono particolarmente legato a nessun territorio, nemmeno a quello di Mendrisio, e mi non mi stupirei se questa storia finisse letteralmente in tribunale.

Che poi le procure sembrano averti preso di mira. Mi riferisco alla strana querela per strangolamento di pappagallo.
Le procure fanno il loro lavoro. Quello è stato un incidente, niente di più. Il problema secondo me è quando un gruppo di persone – magari alti funzionari di Stato, o persone che hanno accesso a grandi archivi cartacei – si organizza, si dota di una gerarchia abbozzata e si dà un obiettivo maniacale, che è quello di cancellarmi dalla storia. Questo è ancora più grave se accade in territori ultra-periferici dell’Unione Europea, oppure fuori dalla giurisdizione di Cristo, se mi passi l’allusione. Per essere più chiaro, io a certe cene e certe feste non solo non ci vado, ma nemmeno vengo mai invitato. Questo a differenza di personaggi che oggi fondano università private in tutto il Medio Oriente e ieri erano in ginocchio ad adorare le natiche di una 50enne su un terrazzo in Via dei Banchi Vecchi. Insomma, per usare un proverbio popolare, è inutile dormire con gli occhiali.

Parliamo dei tuoi brani. Dopo il debutto con Scordati la lingua è uscito il secondo singolo Abisso OK. Che cosa è OK nell’abisso?
I brani pubblicati nel 2019 sono stati scritti durante un soggiorno a Los Angeles durato circa un anno. La California ha una narrativa principale che è quella del sole, del surf, etc., ma nella realtà è anche un posto totalmente coperto di nebbia, con delle infrastrutture in calcestruzzo enormi, sacche di assurdità, povertà, gente che si ostina a vivere nel deserto e nei boschi, e una super esposizione agli elementi. Quel brano è nato lì insieme ad altri. Ho avuto la fortuna di condividere casa con Alex Zhang Hungtai per qualche mese. C’era un piano in casa. Lui mi ha molto incoraggiato sulla musica, non so quanto consapevolmente. Non lo sento da tempo e non gli ho mai detto di Bernardo. Prima o poi gli scriverò.

Hai collaborato con Marco Fasolo (Jennifer Gentle). Come è siete riusciti a intrecciare il testo di Abisso OK con la sua produzione per un mood malinconico e rarefatto?
Lavorare con Marco è stato un grande piacere. Per come la vedo io, lui è riuscito a trovare uno spazio tra tutte le limitazioni che ho e a tirare fuori qualcosa di interessante. Riuscirebbe a registrare un disco con qualsiasi cosa, in qualsiasi situazione. Ha una grande etica del lavoro oltre al talento. In produzione abbiamo usato principalmente un piano Rhodes, una vecchia string-machine della Roland, e una batteria ultra-processata. Poi Mellotron, Philicorda e altri suoni per le finiture. In generale, devo dire che sono stato fortunato ad incontrare persone con cui mi trovo bene, come Marco e tutti i signori de La Barberia Records.

La cover di Abisso OK mi ha conquistata. So che la foto l’hai scattata tu, ti va di raccontarci la sua storia?
Grazie mille. È una foto casuale, non conosco il tizio chinato sul fiume. Stavo camminando sul Lungotevere e l’ho visto. Mi ha fatto piacere che sia finita nei features di The Smart View.

cover-levi

(Purtroppo per te) questa intervista è capitata nel periodo di Sanremo. L’hai seguito? Come ti è sembrato?
Non l’ho seguito!

Ma Bernardo Levi, quando è felice, cosa ascolta?
I Sxrrxwland.