Siamo tutti in quarantena, una parola brutta che non racconta nulla di noi ma ci marchia e basta, come fossimo un prodotto da banco. Ma tant’è: siamo in quarantena, e quindi divisi, lontani, e ci mancano gli odori degli altri, gli schiamazzi e le voci di chi parla troppo forte, il fastidio, la calca. Ci manca sudare nei club ma pure al parco. Tutte la abitudini del passato, ora, sono un bene prezioso. Adesso che le vite si assomigliano tutte, si svolgono tutte entro quattro mura, alcune in solitaria, altre no (e non è detto che quest’ultima sia la situazione migliore) stiamo stringendo i denti e tentiamo di tenere duro. Noi di Beatandstyle, prima che l’onda d’urto diventasse tsunami, ci siamo prima di tutto rattristati per i concerti annullati (tra i primi a subire il lockdown diventato da 48 ore praticamente generale) per le attività artistiche costrette a fermarsi, per le piccole imprese che sono su una lama sottilissima. Per questo, perché se per noi che scriviamo e che ogni tanto facciamo dj set ed organizziamo eventi questa situazione surreale è stato un boccone amaro da digerire, per tanti altri è stato qualcosa di realmente drammatico. A loro abbiamo chiesto di raccontarci come stanno vivendo e affrontando il lockdown, con anche qualche consiglio per noi, che qualcosa, seppur piccola, possiamo fare. [Episodio 3]
Fortunatamente l’impatto sulla mia routine lavorativa non è stato così forte. La difficoltà più grossa è sentire che tutt’intorno le persone con cui collabori sono fortemente rallentate. Il carico diminuisce giorno dopo giorno e molti sono spaesati. Non siamo un Paese molto digitale, ed ora è una rincorsa continua.
È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Sul piano psicologico siamo ok, ci si tiene compagnia improvvisando come si può. Djset in streaming, live acustici, chiamate di gruppo. Forse sono riemerse alcune piccole cose dei rapporti umani che stavamo perdendo di vista.
Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Al momento mi viene difficile pensare che ci sarà un punto in cui l’avremo “superata”. La assimileremo e muteremo le nostre abitudini. Ma verranno fuori anche cose belle: nuovi modi di fruire la musica e le esperienze culturali, giganti passi in avanti sul piano digitale, un ritmo diverso per tutte le professioni. Rallenteremo, credo io, sotto tanti punti di vista.
In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
I fruitori di musica ed esperienze live saranno chiamati a una nuova responsabilità, a un nuovo impegno, sociale quanto morale, che li legherà in modo indissolubile ai propri artisti preferiti, ai propri live club, festival, magazine, etichette e negozi di dischi del cuore. Là fuori, tra qualche settimana, vedo un pubblico che avrà sentito la mancanza di tutto questo e sarà in grado di dargli un nuovo valore, non solo monetario quanto intimo, personale.
È da questo principio che é nato un progetto solidale con alcuni amici. Si chiama Un Caffè Sospeso, ed è un sito web che permette ai clienti di supportare i propri negozi di quartiere acquistando coupon da spendere in un secondo momento.
L’impatto sul mio lavoro si è fatto sentire come in tutti i lavori legati al mondo della musica. Le mie abitudini sono cambiate, lavorando da casa quello che mi mi manca di più è non poter parlare con gli artisti e i loro team faccia a faccia. Allo stesso tempo, mi ritengo molto fortunata perché Believe, per cui lavoro, è nativa digitale e quindi gran parte di quello che facciamo è tutelato dalla natura dell’azienda. Come manager di un artista invece, sento molto di più l’impatto di questa quarantena perché ovviamente l’ambito live è quello più colpito. Tananai stava per partire in tour per promuovere l’uscita di Piccoli Boati, il suo primo EP, e ora non è facile riorganizzare tutto quanto, anche perché non sappiamo esattamente quando potremo ritrovarci sotto un palco per davvero.
È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Per quel che riguarda la mia quarantena, come sempre (purtroppo o per fortuna?) nella mia vita, il lato psicologico della cosa è sempre quello che richiede più attenzione. Mi manca molto Milano. Ero tornata a Bologna dai miei per un weekend, l’ultimo di febbraio, e sono dovuta restarci, così, dal nulla, senza preavviso. Inizialmente, ogni lunedì era “la settimana in cui sarei tornata a casa mia” ma come potrete immaginare questo non è ancora successo. A volte mi chiedo cosa avrei fatto diversamente, sapendo che quella volta che ho salutato le persone che ora non vedo da settimane, sarebbe stata l’ultima volta per un bel po’. Altre volte non mi chiedo niente. So che ci sono persone che stanno affrontando un periodo davvero buio delle loro vite, quindi cerco di vedere il lato positivo della mia: ho più tempo per stare con la mia famiglia (tralasciando le imprecazioni) e di fare tutte le cose strane che mi piacciono tipo dipingere degli orrori con i colori a dita, rivedere i film di Tim Burton, ascoltare canzoni di cui al lavoro probabilmente mi vergognerei, sottolineare – non si sa per quale motivo – le parti dei libri che rispecchiano la mia vita. Cose così.
Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Credo che le persone daranno meno per scontato tutte le cose belle della vita, piccole o grandi che siano. Dal punto di vista climatico il mondo sta tirando un sospiro di sollievo “grazie” alla tregua che gli abbiamo dato anche se non per nostro volere. Spero ce ne ricorderemo una volta finito tutto. Sicuramente, essendo comunque esseri di base ego riferiti, capiremo di più l’importanza del tempo e dei rapporti umani, almeno questo. Lato mio, sono davvero poche le persone che ho davvero voglia di sentire in questo periodo. Non ho mai avuto molti amici stretti ma questa è stata una piccola rivelazione per me. Ovviamente, l’animo umano è passionale e volubile, quindi prima o poi, superato tutto, torneremo a fare spallucce e a dirci vaffanculo. Credo però che sarà liberatorio e che in cuor nostro saremo comunque felici di non dovercelo scrivere in chat.
In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Bella domanda. Sicuramente continuando ad ascoltare tanta musica e cercando di essere positivi e rispettosi delle regole, invitando gli artisti che seguiamo da vicino a fare lo stesso, trasmettendo questo messaggio anche al pubblico. Fare e disfare playlist è un ottimo passatempo, anche io ho creato la mia su Spotify e consiglio a tutti di farne una o più. Personalmente non sono una grande fan delle dirette fatte tanto per fare – ormai apro Instagram e vedo solo quei tondini lampeggianti – ma tutte le iniziative hanno il loro perché. Vi segnalo quella di Believe per gli artisti emergenti che invita a non fermarsi dal pubblicare la propria musica: l’iniziativa si chiama #curiamocidimusica. Se entro il 15 maggio vuoi pubblicare un singolo ti basta condividere 15 secondi di video in cui lo fai sentire su Instagram (con l’ #curiamocidimusica nel copy) e potresti ricevere un finanziamento per il tuo progetto.
Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il tuo lavoro?
Niente s’era pronti per gasarci e proprio mentre stavamo diventando super sayian di terzo livello siamo stati stoppati, disco rimandato, live rimandati. Insomma penso la stessa a ogni musicista. A parte questo il lavoro è anche la scrittura e anche la scrittura va di merda perchè se le tue giornate sono uguali e senza senso lo sono anche le canzoni ma forse asp è proprio quello che vuole il pubblico quindi forse è la svolta mhm non lo so bo.
È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
All’università ho sostenuto un esame di gestione del progetto e ho stampato tutto sbagliato quindi il problema è in generale la gestione, non gestiamo una sega di solito e ora ci tocca farlo. Poi vabè la gestione fisica perchè non vo più in bici e quindi mi viene il fiatone quando vado a fare la spesa ogni 40 giorni e sembro Tom Hanks in quel film.
Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Si la natura si riprenderà i suoi spazi e i bisonti torneranno a nuotare sotto ponte vecchio e mi ci faranno la schiacciata dal vinaio e mi arresteranno i bracconieri mentre cerco di scappare sul surf sui viali perchè il riscaldamento globale avrà innalzato le acque di 10mt ma saranno limpidissime perchè non ci sarà più l’inquinamento e saremo travel blogger della fine del mondo yo.
In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Essendo zombie.
(risposta seria: ovvero smettendo di essere quello che eravamo fino al momento precedente per cominciare una nuova vita, sicuramente non facile ma senz’altro interessante, che non sappiamo dove ci porterà SANGUEEEEEE)
Ho finalmente aperto p.iva soltanto un mese prima dell’inizio della quarantena, e quindi mi sono saltati tutti i lavori che avevo in cantiere e che mi avrebbero permesso di cominciare l’anno: sessioni di ritratto, matrimoni, servizi aziendali… Quindi direi che l’impatto è stato abbastanza negativo. Sto continuando a fotografare, come tutti, nei limiti delle mura di casa mia, e a rispolverare gli archivi che non avevo tempo di curare prima. Oltre ad aver intaccato il mio principale lavoro, ho anche visto fermarsi il progetto al quale stavo lavorando da circa due anni: la Biennale della Fotografia Femminile, che doveva tenersi durante tutti i weekend di marzo a Mantova, ed è stata rimandata a date da destinarsi, sconvolgendo tutti noi del team che ormai dovevamo soltanto allestire le mostre.
È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Al momento cerco di tenere minimamente curati i miei progetti lavorativi e personali, senza strafare (anche perché poi che mi rimane da fare?) e dandomi piccoli compiti quotidiani con alcune scadenza, giusto per non perdere del tutto il ritmo. Riuscendo quindi ad avere una gestione pratica del mio tempo, mi aiuto certamente dal punto di vista psicologico. Non sono una che se non ha niente da fare impazzisce, anzi, ma mi rendo conto che per me in questo momento è giusto restare concentrata o “distratta”, per non deprimermi.
Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Questo è ciò che spero, a partire da me stessa in quanto parte integrante della società. Mi piacerebbe pensare che, una volta finita questa pandemia, continueremo a rispettare la fila, che i dipendenti delle poste resteranno gentili, e che la vita e la libertà verrano trattate come ciò che abbiamo di più prezioso e insostituibile, e che pertanto non possiamo permetterci di mantenere gli stessi ritmi di prima. Purtroppo so bene che la storia, così come accade, viene anche dimenticata, e gli insegnamenti da cogliere restano indietro. Ma spero sempre di sbagliarmi.
In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Un buon modo per sostenere tutte le iniziative artistiche, musicali e culturali è di non chiedere rimborsi in questo momento, se non è indispensabile per voi, e se l’evento non è stato annullato. Parlo di cifre non importanti, ovviamente, ma che insieme a tante altre fanno la differenza. Dovendo rimandare la Biennale a date da destinarsi, abbiamo messo in vendita online il nostro catalogo, per chi ci volesse sostenere, e avremo la possibilità di effettuare le letture portfolio previste dal nostro programma sulla piattaforma online di Italy Photo Award. In ultimo, ma non ultimo, è sicuramente il caso di essere comprensivi e pazienti, come siamo costretti tutti quanti ad essere, e a mostrare supporto e fiducia anche solo a parole, che contano più di quanto si creda. Qui il link: www.bffmantova.com
Ovviamente non possiamo incontrarci in studio e molti dei progetti sono slittati a data da destinarsi. Il che ovviamente fa schifo. Fortunatamente abbiamo tutti gli strumenti per lavorare a distanza sui brani e progettare per il futuro, soprattutto visto che abbiamo un EP in arrivo. Già prima del COVID sentivamo l’esigenza di avere ognuno il necessario per esprimersi autonomamente dal lato dei brani, soprattutto perché Inquietude nasce come un’entità diversa dalla somma delle nostre parti, quindi c’era bisogno che non fosse solo uno “sfogo” ma qualcosa di più articolato. Questo ora gioca a nostro favore, visto l’arrivo di un EP e qualche singolo ai quali non possiamo smettere di lavorare.
È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
La gestione pratica per i release e il comporre (anche se tendenzialmente lavoriamo nello stesso posto per trovare quell’energia) in qualche modo si orchestra, al contrario diventa assolutamente impraticabile quella del live e del girare i video. Però per persone con i nostri ritmi, soprattutto considerato che vivevamo prevalentemente la notte con tutto quel che comporta, il lato psicologico risulta molto più debilitante. Per chi come noi fa musica basata sugli stimoli che riceve dal vivere insieme determinati momenti, la spinta creativa si affievolisce e bisogna ricercarla altrove. È estremamente difficile.
Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Per ora non vediamo l’ora sia finita, come tutti. Probabilmente il ruolo dell’intrattenimento viene ancora più compreso in questa fase – Senza musica o film/serie cosa cazzo faresti chiuso in casa? Però non sappiamo che questo porterà in qualche modo dei cambiamenti. Sicuramente si tornerà alla vita con la voglia di morderla ancora più forte, e strapparle ancora più ricordi possibile.
In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Il supporto agli artisti è sempre importante, chiaramente mai come adesso. Non potendo fare aggregazione e non potendo noi confrontarci dal vivo (che è sempre l’esperienza più significativa, per quanto riguarda lo scambio tra artista e pubblico) è importante ogni gesto di risposta a quello che esce, visto che mandare fuori brani in questo periodo vuol dire inevitabilmente sacrificare molti lati della promozione in favore di dare a chi segue qualcosa da ascoltare e della compagnia – seppur da lontano – durante un momento di chiusura necessaria.
Concept grafico @ Marco Jummy