Sans Soucis è una cantautrice e produttrice italiana di origini congolesi, da anni residente a Londra, ispirata da grandi artisti come Lucio Battisti, Laura Mvula e St. Vincent, alla ricerca di un ponte tra il mondo del pop e del jazz.

Nel 2019 debutta con l’EP “The Lover” finanziato dalla prestigiosa PRS Foundation grazie al bando “Women Make Music” e riceve subito grandi apprezzamenti da molti veterani della radio Internazionale, come Tom Robinson (BBC 6, Regno Unito) e Chris Douridas (KCRW, USA). Nello stesso anno, con la pubblicazione dei brani “Visible”, “Mercy” e “Human” si guadagna innumerevoli menzioni tra le maggiori testate giornalistiche britanniche. piazzandosi tra le più interessanti novità della scena musicale di Londra. Il 3 luglio è uscito “Confini”, il suo nuovo singolo.

Ciao Sans! Benvenuta su B&S. Come stai?

Tutto procede abbastanza bene. Sto dedicando molto tempo a me stessa e alla mia musica, che non vedo l’ora di condividere.

“Confini”  è il tuo nuovo singolo. Cosa ti ha spinto a scrivere in italiano dopo tutti gli album, i singoli e i riconoscimenti che hai ottenuto cantando in inglese?

Sono stati mesi molto difficili per tutti. Nonostante io viva a Londra, ho avuto modo di seguire da vicino, tramite la mia famiglia, le vicende legate alla propagazione del Corona Virus che ha destabilizzato non solo l’economia di un paese già in difficoltà, ma che ha senz’altro avuto un impatto psicologico non indifferente sulle vite di tantissimi italiani e non solo. Osservare il mio paese soffrire da lontano è stato un colpo al cuore. Mi ricordo ancora il giorno in cui vennero annunciati 800 morti in una giornata e le immagini dei carri armati trasportare corpi senza vita verso la mia città natale, Modena. Ho pensato a persone che ho amato tanto nella mia vita e al dolore che avrei potuto provare immaginandole attraversare lo stesso destino. È stato in quel momento che l’essenza di questo singolo ha cominciato a germogliare in me. Essendo abituata a scrivere regolarmente, in maniera molto naturale, quando un mio caro amico, Matteo Daros, con cui ho scritto “Confini“, mi ha mandato una nota vocale di un riff su cui stava lavorando quella mattina nel suo giardino, mi sono sentita trasportare a casa e le parole si sono manifestate da sole.

Una canzone sui “confini” scritta da un’italo-congolese residente a Londra contiene tantissime chiavi di lettura, soprattutto se considerata nello scenario socio-politico che stiamo vivendo in questi anni. Di che confini parla la tua canzone?

É una canzone che ho scritto per chi come me non si sente a casa nel mondo che abbiamo costruito, ma che trova riparo nella nostalgia e nel potere evocativo dell’arte. L’Italia sarà sempre nel mio cuore, le persone che amo e che ho amato, la sua bellezza e generosità, valori che esistono aldilà del tempo. Purtroppo però valori che spesso vengono annebbiati dalla determinazione di una prevalente classe politica nel voler separare le persone. I confini di cui parlo sono tutto ciò che non ci permette di vivere insieme e godere degli stessi diritti, sono i parametri di separazione tra noi e chi ci sta accanto e tra noi e chi lascia la vita. Questo é un momento storico importante, dove comprendere come il legame tra vita e morte può rivoluzionare il modo in cui ci prendiamo cura di noi e il modo in cui guardiamo al diverso. Qualcosa che ho imparato nella mia famiglia multietnica. La diversità é ricchezza e va celebrata non emarginata.

“La diversità é ricchezza e va celebrata non emarginata.”

San Soucis

Se guardiamo al modo in questi temi vengono affrontati da molte forze politiche, strumentalizzando valori individualisti basati sulla xenofobia, o evitando la discussione per motivi elettoralistici, sacrificando la dignità e la vita di cittadini italiani e non, ci rendiamo conto di come l’individuo non abbia effettivamente alcun valore di fronte ad un immaginario collettivo. Siamo tutti nemici di tutti e un domani forse nemici dello stato.

Come possiamo abbattere questi confini? Ridando valore alla vita e ritrovando questa connessione umana nei nostri cari e nell’empatia che ci insegnano tutti i giorni.

The Lover, l’EP uscito nel 2019, si chiude con “Amami“, la tua prima canzone in italiano. Cosa è cambiato da allora?

Sono cambiate tante cose dal mio primo EP, che mi ha regalato tantissime soddisfazioni a livello personale e professionale. Il mio percorso da produttrice si é sicuramente evoluto e insieme ad esso anche la mia maturità artistica. Non c’é cosa più bella del fare ciò che si ama con passione e avere il supporto di persone che comprendono la tua arte.

Amami é stato il mio primo punto di incontro con l’Italia dopo tanti anni di rifiuto. Vivere a Londra mi ha fatta sentire completa e valorizzata nella mia multietnicità,  un sogno che spero di poter vedere realizzarsi in Italia per tanti ragazzi/e che come me non si sono sempre sentiti accolti in quella che chiamano la loro casa.

Come stai vivendo questa fase di incertezza che ha messo a dura prova il settore musicale?

Ho la fortuna di poter lavorare nel mio studio a casa e ho avuto modo di scrivere un progetto nuovo! Ci vorrà un po’ di tempo per poter capire quali sono i cambiamenti più significativi nell’industria musicale, specialmente nel lungo termine, ma sono fiduciosa. Ho imparato ad utilizzare la mia creatività a 360 gradi grazie alla musica. Bisogna sempre rinnovarsi e lavorare con persone che abbiano le competenze giuste per poter progredire in questo campo. Il mondo digitale in questi ultimi mesi ha attutito il colpo ma non credo ci si possa limitare a questa realtà. È ancora un po’ tutto un work in progress ma nel mio piccolo, sto cercando di lavorare con quello che ho.

E a te che sei “lassù”, come cantavano Calcutta e Giorgio Poi, ti manca il parmigiano? Che progetti hai per il futuro?

Mi manca il lambrusco del nonno 🙂
Progetti per il futuro: tanta nuova musica, molto presto!