Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.
Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.
Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie pop. Ospiti del quarto episodio di INDIE FAIR sono Svegliaginevra, Sacramento, Murdaca, Lady Michelle, Troisi.
Gabriele Troisi – Favole
Non mi ha dovuto far faticare nemmeno troppo con la fantasia stavolta, Gabriele Troisi con la sua magica “Favole”. Non in veste di solo cantastorie, quanto di personaggio in carne e ossa delle fiabe che ci raccontavano da bambini. E con la stessa giocosità di quando si era piccoli, vediamo Gabriele con in dosso i mille colori di arlecchino, per poi trasformarsi nel principe Rospo che aspetta il bacio della sua amata principessa e ancora è cappuccetto rosso in versione diva e allo stesso tempo il lupo mannaro in mutande e calzini. Insomma, con i suoi travestimenti, solo estetici ma mai musicali, anche questa volta ci ha fatto Gabriele ha saputo seguire gli insegnamenti di Peter Pan: il segreto per poter volare è avere tanta fantasia!
Lady Michelle – Sulle mie labbra
Lady Michelle sembra indossare i panni di un moderno D’Annunzio: elegante come una vestaglia in seta che scende lunga fino ai piedi, sensuale come delle labbra rosse e turgide, che rubano la scena insieme alle sonorità elettroniche, tenendo il ritmo concitato e frenetico del singolo. L’effimero abito cade svestendo totalmente l’artista: era quello che Lady Michelle voleva, mettersi totalmente a nudo difronte un ascoltatore ossessionato dalla forma e poco avvezzo al contenuto. Ma una sacerdotessa/vate come lei non si cura delle critiche altrui, non può che spogliandosi anche delle sue paure e vestirsi delle sue note.
Sacramento – G
Spiagge immense, un margarita ghiacciato in una mano, le onde del vento scompigliano i capelli ricci e biondi di una ragazza distesa a bordo piscina, le palme fanno da cornice e la “G” è la sua colonna sonora. Sacramento ci fa viaggiare fino ad arrivare in California, magari è Venice Beach, o magari è una spiaggia dorata della Sicilia. Potrebbero essere una crasi fra le due, come lo è transcontinentale il progetto di Stefano, alias Sacramento. I colori a neon della wave lo-fi illuminano la scena, rendendola stravagante, ma il tocco del buon gusto non può che essere di matrice totalmente italiana. Che “G” sia un addio o un arrivederci, ancora non lo sappiamo, ma ci auguriamo che Sacramento possa tornare presto ad insegnarci un po’ di stile.
Svegliaginevra – Punto
Vestita con dei colori più tenui e caldi, così me l’immagino Svegliaginevra, che con la sua voce esile come uno stelo, riesce a trafiggere dritto il cuore. Ma me l’immagino anche vestita con dei colori più forti, audaci, il rosso, il verde acceso, il blu elettrico: tanto alta è la frequenza che emana la sua volontà di raccontarsi e mettere a nudo le insicurezze, i dolori, i rimorsi di una storia d’amore che si ferisce le mani a raccoglierne i cocci, e nonostante le ferite, continua ad essere lì come un punto, fermo, immobile, nell’attesa che ci sia qualcuno, tra i due, ad andare a capo.
MURDACA, Identikit
Murdaca è la figura che esce fuori unendo i puntini sul foglio bianco, è il riflesso caleidoscopico di uno specchio andato in frantumi. L’artista, da poco uscito per Revubs, indossa con sapiente consapevolezza la poliedricità della musica pop, che con le sue mille rifrazioni di luci, si riflette sul corpo nudo dell’artista attraverso giochi di luci elettroniche e “ombre” dal retrogusto più alternative.