Se chiedessero di unire in un festival il vostro comfort food preferito alla musica che vi fa sentire più a casa, il risultato non potrebbe che essere Passatelli in Bronson, arrivato alla decima edizione che si terrà il 18, 19 e 20 dicembre, come sempre generato dalle menti dell’associazione culturale Bronson. Quest’anno c’è però una particolarità in più: non vi servirà essere fisicamente a Ravenna per poter partecipare, ma vi basterà collegarvi al portale Dice.it e sull’evento Facebook per accedere ai molteplici panel che si susseguiranno durante l’arco delle tre giornate.
Insomma, Bronson non si è lasciato per nulla intimorire dai tempi nefasti e, grazie al contributo del Comune di Ravenna e della Regione Emilia Romagna, è riuscito ad organizzare un festival che mette insieme presentazioni di libri al pomeriggio e concerti in live streaming la sera (tra i nomi abbiamo Ron Gallo, Post nebbia, Marrano, Bee Bee See e tanti altri).
In un momento cosi unico e difficile questa è un’occasione importante per sostenere la musica e Beat&Style, media partner dell’evento, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di intervistare e presentarvi, in una sorta di backstage virtuale, uno dei gruppi di punta di questa edizione di Passatelli. Per chi ancora non ne avesse sentito parlare i Post Nebbia nascono in Veneto dalle sperimentazioni musicali oltre che sensoriali di Carlo Corbellini. Dopo la prima pubblicazione nel 2018 dell’album autoprodotto Prima Stagione in cui riprendono molto dalla musica psichedelica internazionale, tornano a farci immergere nei loro mondi metafisici con l’album Canale Paesaggi uscito il 23 ottobre per Dischi Sotterranei e La Tempesta Dischi.
Il vostro ultimo album “Canale Paesaggi” non è passato indifferente, specialmente alle mie orecchie, che continuano a sentirlo e risentirlo. A chi vi ispirate maggiormente per generare nell’ascoltatore un’ipnosi del genere?
Penso che le due maggiori influenze della musica dei post nebbia, ovvero Madlib e i Tame Impala, abbiano entrambi forti connotati ipnotici, e in generale penso che la mezzora del nostro disco sia una mezzora molto densa, il che forse fa sì che si presti ad essere ascoltato più volte.
Quanto vi affidate alla tecnica del non-sense per generare situazioni assurde o grottesche che possano descrivere il nostro e il vostro quotidiano?
Credo che in realtà sia più una conseguenza del tema scelto per questo disco che un’intenzione vera e propria: l’atmosfera che tv regionale e in generale l’intrattenimento trash generano trova nel nonsense il metodo di traduzione più diretto.
Guardando i vostri video su youtube si nota che al di là di un gusto peculiare da un punto di vista musicale, avete anche un occhio cinematografico simile a quello d’avanguardia. Chi sono i vostri registi o cineasti da cui traete più spunto per le vostre immagini?
Diciamo che i registi che più ho scoperto durante i lavori a questo disco sono Lynch e Fellini, anche se non ho mai capito quanto effettivamente entrino in gioco come influenze nella nostra estetica. Sicuramente abbiamo cercato di creare un tipo di atmosfera che arriva da quei film.
Ma parliamo di anche di live. Avete da poco partecipato al live Niente di strano e salirete sul palco virtuale di Passatelli in Bronson. Come state vivendo questa evoluzione in digitale dei concerti?
La stiamo vivendo bene ma non senza amarezza: i live che staremmo facendo adesso se non ci fosse il covid sarebbero probabilmente diversi a quello a cui eravamo abituati in termini di pubblico, però qualcuno potrebbe dire che suonare in un club vuoto davanti solo a delle telecamere magari è in linea con l’estetica del nostro disco!
Avete affrontato nel vostro singolo “La mia bolla” proprio la relazione tra fruitore medio e social network. Quanto credete che la digitalizzazione musicale sia trasformando anche la percezione che l’ascoltatore medio può avere della musica stessa? Cioè che tra qualche anno potrà essere preferita la musica in streaming piuttosto che quella dal vivo?
Penso che una piattaforma fluida crei ascoltatori fluidi, che non vuol dire che li renda stupidi ma che sicuramente li distanzia dalla dimensione più autoriale della musica, favorendo invece macro contenitori come le playlist, che se prive di una direzione artistica degna di tale aggettivo (e nel caso del nostro paese è così) rischiano di creare delle bolle, dei fenomeni privi di sostanza. Per quanto riguarda i live, credo che le due cose siano paragonabili solo sotto un aspetto: i soldi, che stanno in larga proporzione da una delle due parti, e non è quella dello streaming.