Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

 

Sem&Stènn, Champagne

Ricoperti d’oro, di lustrini o di Champagne, l’importante è che Sem&Stènn siano sempre scintillanti. Il duo iconico per eccellenza ci insegna anche stavolta cosa vuol dire lo stile. A più riprese ritroviamo mescolati le paillettes di un abito pronto per scendere sulla pista di una discoteca anni Settanta, insieme a un esuberante boa di piume fucsia che ricorda invece le ball dance in cui ci si scatenava a colpi di vogueing. Ritmi urban e house fanno da solo sfondo a due facce da copertina, che solo due queen come Sem&Stènn possono avere.

Venerus, Ogni pensiero vola

Venerus è tornato, e anche stavolta ha cambiato forma…e vestito! Venerus si cuce addosso l’abito dell’universo, o per essere più precisi, rivisita l’essere e l’apparire di quello che in sanscrito si chiama Puruṣa (tra le varie accezioni ritroviamo quella di “uomo cosmico”), ovvero questa entità primordiale e ancestrale che lega insieme gli spiriti dell’umanità; non solo, l’ecclettismo dell’artista non può che sfociare nell’esoterismo, nei ritmi caldi e coinvolgenti della world music: i tamburi, un sitar di passaggio ci riportano dall’oriente alla Cabala. Una tiara con al centro il simbolo dell’infinito, un mantello e una bacchetta ed ecco che Venerus si trasforma nella figura del mago dei tarocchi. Insomma, anche stavolta, tra una magia e un allineamento di pianeti, siamo pronti ad intraprendere il viaggio verso la “Magica Musica” che l’artista ci ha promesso.

SPZ, NOI/GLI ALTRI

“NOI/GLI ALTRI” è l’album di SPZ: ogni brano diventa come un costume che l’artista ha indossato in ogni momento particolare della sua vita. E chi siamo noi per perderci questa ventata di stile e di beat che, seppure di marchio totalmente made in Italy, porta con sé una ventata di quella bedroom pop e psichedelia di stampo totalmente estero. SPZ insomma è come se ci aprisse, con la sua musica, le ante del suo armadio, che sicuramente può nascondere qualche scheletro, ma che molto spesso ci riserva delle sorprese. Ogni traccia è un capo a cui viene associato un ricordo, un odore, un momento della vita che ci ricorda quanto in noi c’è sempre anche un po’ degli altri.

Larocca, Satelliti

Che cosa succederebbe se ci spingessimo così tanto con la testa sulle nuvole tanto da toccare il cielo? E se anziché avere la testa fra le nuvole, ce l’avessimo in un satellite? Questa è stata l’idea che ha mosso lo style di Larocca nel suo ultimo brano. Una musica interstellare, una sonorità pop e così leggera che ci permette addirittura di staccare i piedi dal suolo per sollevarci fin su nell’atmosfera. In questo viaggio intorno all’universo, non occorrono tute spaziali, perché ci basta chiudere gli occhi per sognare di essere uno dei pianeti che ruota silenziosamente nel sistema solare.

Iside, Pastiglia v7

Eccoli, sono tornati, i quattro sacerdoti devoti alla dea egizia. Vestiti in modo romantico, una camicia traforata in pizzo, colori tenui come il bianco candido e il rosa cipria, orecchini di perla, maglioncini e chemisier di seta. Questo l’outift perfetto per descrivere l’emozione nostalgica e romantica, per l’appunto, che contraddistingue il singolo “Pastiglia v7”. Un brano in cui predomina la ricerca di un suono elettronico, fresco e autentico insieme alla tematica classica della spasmodica ricerca dello stare bene.