Un sound che richiama atmosfere ipnagogiche french-vapor, tra dream wave, city pop e psichedelia di questi anni. Un mix tra Ariel Pink, Roisin Murphy e i Beach House. Un disco ricco di collaborazioni, le voci tutte al femminile di Myss Keta, Maria Antonietta, Lucia Manca, cmqmartina, Vipera e l’artista francese Clementine le fruit, la partecipazione di Populous e Bruno Belissimo, oltre al mix curato da Matilde Davoli. Con queste premesse DE LEO lancia le prime date estive (Panico Concerti), occasione per presentare dal vivo SWAROVSKI, il nuovo album uscito per Hachiko Dischi, l’etichetta nata dalla mente dello stesso cantautore per una totale autonomia artistica. Dopo il MI AMI Fest il tour toccherà questa sera Roma – EUR Social Park, domani 24 giugno Bologna – Covo Summer, passerà per il Men/Go Music Fest e l’Indiegeno Fest per poi approdare il 26 agosto a Sona (VR) per l’atteso MAG Festival.
Un album colmo di sorprese e colpi spiazzanti che condurranno l’ascoltatore in uno stato di trance, un secondo disco solista che mostra tutta l’anarchia pop di Francesco De Leo. Ma lasciamo che sia lui a raccontarcelo di persona traccia dopo traccia.
“Swarovski è il titolo del mio ultimo LP. Mi sentivo di proporre un dream psych pop made in Italy, influenzato molto da band quali Beach House e, nello specifico, volevo fare un omaggio a Lazuli.”
Swarovski: è il primo pezzo che ho scritto ed ha fatto da apripista a tutti agli altri, è un brano che racchiude tutto l’immaginario del disco, una sorta di stargate sonoro che mi collega alla Liguria, io sono nato a Chiavari (GE) ma vivo a Milano da quando ho 5 anni. Per me è un modo che mi sono inventato per viaggiare nel tempo, una sorta di teletrasporto improvviso che non sai quando ti può attraversare, un flash. Dal punto di vista compositivo, per impreziosire la faccenda, ho coinvolto due artisti di cui sono prima di tutto fan, ovvero Myss Keta e Populous, serviva un tocco in più di psichedelia, quel plus sintetico che solo loro potevano dare al pezzo.
Guilty Pleasure: durante il lockdown sono stato a casa di mia madre, che vive in Giambellino, in un palazzo molto alto, in un appartamento all’ultimo piano, praticamente quasi sul tetto. Da lassù si vedono molte insegne luminose lampeggianti dei grattacieli, specialmente la notte. In quello stato prolungato di alienazione totale ho avuto come l’impressione di essere catapultato fisicamente e visivamente in UK, tipo in un video dei Pet Shop Boys e sono stato travolto dalla voglia di ascoltare synth pop britannico e di tutti quei gruppi pionieri dell’elettronica made in England, vedi il primo disco dei Depeche Mode, i New Order ecc… Anche i dischi di Windows 96 mi hanno ispirato molto come sonorità. È un pezzo notturno che può avere senso solo con le luci della notte. Ho chiesto a Lucia Manca di cantare il pezzo perché è bravissima, nello specifico le ho chiesto di farla un po alla Roisin Murphy, ci siamo ispirati molto al suo ep di cover in italiano.
French Cicciolina: Nel disco mi è piaciuto evocare personaggi che in realtà non esistono, per esempio French Cicciolina chi è? Potrebbe essere chiunque… in questo caso è una figura puramente onirica, una sorta di sirena di Ulisse mentale. Una voce senza corpo che ti invita a perderti in un sogno lucido. Ho chiesto a Clementine Le Fruit di recitare un testo che è un più uno spoken word perché volevo dare quel tocco french al brano, mi ha mandato dei vocali su Whatsapp che ho editato e inserito sul beat.
Cloe Sevigny Sosia: forse la canzone a cui sono più affezionato, anche qui non è proprio un omaggio didascalico alla Chloë, cioè un po sì, però nel titolo c’è la parola sosia. Quindi in realtà vale lo stesso discorso per French Cicciolina, questa persona chi è? Esiste? Chi lo sa… È una visione, una pura allucinazione. Ho sognato la voce di Rachele perché era perfetta per questa canzone, involontariamente credo di averla scritta proprio pensando alla sua voce. I Baustelle sono una mia grande influenza musicale, li avevo scoperti su Mtv con il video di La guerra è finita, da lì ho comprato sempre tutti gli album. Nel 2018 ho avuto l’occasione di aprire 5 live del loro tour, essere riuscito a collaborare con Rachele è stato un sogno trasformato in realtà.
Serpente: qui Serpente é inteso come forma geometrica e allucinazione, non propriamente come il rettile, è più una sinestesia, un gioco tra musica e parole, un tranello psicologico, un’illusone ottica… comunque non mi piace troppo spiegare il senso delle mie canzoni… credo che debba essere preservata quell’aurea di mistero, che è necessaria proprio per non capire a pieno il Significato. È un’enigma. Ho scelto la voce di Vipera perché è un’artista pura, molto sincera, l’ha resa più mistica e teatrale, ho rivisto in lei una Patti Smith, una Florence, capace di evocare un non so che di spirituale e di antico, credo abbia dato la giusta luce a questo brano.
Top model: vivendo a Milano è abitudine imbattersi in maxi schermi e manifesti, spesso raffiguranti fotomodelle, questa canzone è ambientata in uno scenario urbano deserto, animato solo da file di cartelloni pubblicitari di top model, come un tunnel o un labirinto costellato di donne irreali che ricreano questa dimensione parallela. Ho chiamato cmqmartina perché mi piace la sua attitudine anni 90, è la voce più moderna del disco, in certi punti sembra Billie Eilish. Lei è davvero molto brava ma soprattutto una professionista vera, abbiamo chiuso le voci del pezzo in meno di due ore, ready to kill, veramente una top player.
Bye bye Bertolucci: questa è la canzone del disco che più di tutte funge da macchina del tempo, un tuffo profondo, un salto temporale che ci porta in epoche pre anni 2000, nel novecento più profondo, è il brano che chiude il disco, il gran finale col botto, ispirato ad uno degli artisti italiani che mi stanno più a cuore, Umberto Bindi. Ho desiderato la voce di Maria Antonietta perché è molto elegante e jazz, abbiamo qualche lettura in comune di certe poetesse di cui non farò i nomi. In più come me ha un’anima acquatica. La voce è stata registrata da Giovanni Imparato (Colombre) a Senigallia, l’abbiamo fatta un po’ alla Marylin Monroe.
Ph. credits @ Giulia Bersani