Per Bawrut il mediterraneo è uno stato fisico, mentale e spirituale; è un luogo, ma anche un’intenzione. Quella dei porti aperti, delle contaminazioni tra culture, del girovagare tra radici e nuove strade. Che cosa ci sia di tutto questo nella sua musica è bello che lo scopra chi ascolta. Quel che, tuttavia, si capisce al volo, è che il suo è un percorso artistico viscerale, mosso da un dinamismo divertito ed irrequieto. A due giorni dal suo dj set in quel di Notturno PWCC, per la serata targata Waxman La Famille (qui per info e prevendite), abbiamo chiacchierato con Borut Viola, ex Scuola Furano, del suo ultimo album In The Middle, di nostalgia, di arti e, naturalmente, di famiglia, che per lui è soprattutto “un posto sicuro, che mi fa sentire a casa”.
Con In The Middle hai ottenuto ottime critiche e recensioni. Cosa ti ha spinto dopo pochi mesi ad aggiungere 4 preziosi tasselli per l’extended version e a non conservarli per un nuovo EP?
I 4 pezzi aggiunti della “Deluxe Edition” sono sketch che ho deciso di tenere fuori dal disco o brani poi remixati e rivisitati come Sabich, che è diventata Eurocasbah o Mas Profundo che è la coda di Out of the blue. Facevano parte del concetto, e del periodo nel quale ho scritto il disco, ma erano un po’ più “clubby”, per questo non li ho voluti mettere nella prima stesura, ma comunque ho scelto di includerli in un secondo momento. Per un nuovo EP ci sono sempre nuove idee e spero me ne escano di buone da qui in avanti.
Cito Damir Ivic: “Alfredo And Ricardo Brought Me Here”, che (ri)porta il flamenco nel ventunesimo secolo cogliendone la vera essenza e stracciando ogni effetto-cartolina”. Quanto lavoro ci è voluto per raggiungere la perfezione del beat di questo pezzo?
A dire il vero una volta che mi sono imposto di non usare una cassa e tenere la canzone come se fosse suonata veramente, dopo di che c’erano solo da trovare delle soluzioni per dare un certo ritmo al brano e non farlo monotono. Il lavoro di editing dura dai 7/8 minuti iniziali ai 5 attuali e quello si che è stato un lavoraccio di taglia e cuci, che va di pari passo al cercare di mantenere sempre la stessa intensità. Ad ogni modo contento sia piaciuta, è uno dei pezzi più particolari del disco e che del quale ne vado più fiero. E sì, è una traccia da club.
In The middle tra le altre cose prende ispirazione da sentimenti nati dalla stagione di porti chiusi ai migranti. In che modo la musica può veicolare un messaggio sociale anche senza l’utilizzo di testi espliciti? La fanzine che accompagna la limited edition è stata pensata per questo scopo?
Mostrandosi per quello che è. La musica racconta quanto, con porti chiusi o aperti, nel corso dei secoli ci siamo mescolati ed
appropriati delle culture altrui. L’Italia, poi, è l’esempio più lampante di questa ibridazione secolare e solo degli ignoranti possono invocare nazionalismi, senza nemmeno conoscere la storia del proprio paese. “E’ finita la pacchia” lo dice chi non è poi cosi fratello d’Italia o chi vuole speculare sul disagio dei più per rendiconti personali.
La fanzine che accompagna la limited edition è stata pensata per questo scopo?
La fanzine è nata per dare spazio al materiale fotografico di Valerio Nicolosi, reporter di frontiera che documenta le rotte migratorie da anni. Poi però, in the making, mi sono reso conto che sarebbe stato più bello se avessi dato spazio ad 11 artisti dell’area mediterranea invece che focalizzarmi su uno solo.
Hai recentemente detto di aver nostalgia dell’Italia. Che percezione filtra del Paese Italia attraverso i media spagnoli?
L’Italia, così come essere italiano, all’estero è un continuo stereotipo di buon cibo, bellissimi posti da visitare, parlare a gesti e battute su fenomeni tipo Berlusconi. Devo dire che di Italia sui giornali spagnoli trovo solo articoli che parlano di politica o di turismo / cibo. Spesso interessanti ma sempre un po’ le stesse cose. E’ riduttivo ma credo siamo arrivati a questo punto perché questo interessa alla maggioranza delle persone: cibo da mangiare, luoghi di vacanza da fotografare e personaggi divisivi su cui litigare. Però è pazzesco quanto moltissimo di quello che siamo veramente sia sconosciuto ai più.
La Famille è per noi, come in un libro di Pennac, il posto del divertimento, della festa, della libertà. Ci piace pensare che possa assumere il senso di appartenenza e inclusione. Cos’è per te famiglia?
Citando Ginzburg direi che è il posto “dove s’impara un lessico”. Mi sono reso conto che almeno la mia famiglia di sangue me la porto dietro con le parole, i modi di dire oltre che all’insegnamento che mi è stato dato. E poi si cresce.
Non ci avevo mai pensato prima a dire il vero, ma credo che Famiglia per me oggi sia appunto un posto sicuro e che mi fa sentire a casa, che sia stare con la mia compagna o con i miei amici che a dire il vero non vedo spessissimo. Sono d’accordo con il sentimento di appartenenza, naturalezza direi ed inclusione chiaramente.
Famiglia è spesso anche radici, quali sono le tue musicali?
Iniziai anni fa con l’Hip Hop, i Sanguemisto sono stati il mio primo live in assoluto visto da 16enne. Introdotto alla Disco ed il Funk grazie ai campionamenti del rap, sono stato trafitto sulla via di Damasco da un DJ set della Crydamoure (label di uno dei due Daft una Guy Manuel de Homem Christo) che ha aperto alla House e poi la Techno. Fortunatamente, almeno dal mio punto di vista, ho avuto agli inizi un approccio molto più scolastico che ricreativo, forse anche perché vivendo in provincia non c’erano tutti ‘sti club da frequentare e quindi ho sempre di più ascoltato e letto i credits nei retro dei CD invece che macinare chilometri in macchina per andare nei club.
Sei appassionato di altre arti?
Non lo so. Guardando la cosa da fuori chi oggi non è appassionato o conoscitore di fotografia, arte, cucina, architettura, cocktail, calcio, cinema, musica o libri? Mi piace guardarmi in giro e fare foto non perché sia bravo – anzi sono negato – ma perché ho la fortuna di girare molto per lavoro e se posso scopro nuovi luoghi. Cosa fotografo? Edifici, packaging o font ed insegne, cibo e cose bizzarre, tipo un tizio con una gallina sulla spalla in stazione ad Amsterdam anni fa. L’architettura è un retaggio del legame con il mio migliore amico Marco, mentre il packaging deriva dalla passione di Rocio la mia ragazza. Cucinare mi piace e la reputo una delle forme di “processo creativo – feedback ricevuto” più veloce e di facile accesso, oltre che una necessità fisiologica. Forse queste sono cose che mi appassionano assieme a leggere, che se non cazzeggio troppo davanti al telefono riesco a leggere anche due libri al mese. Ritornando alla domanda sul significato di famiglia, le cose che mi appassionano sono cose approfondite o scoperte nel mio arco famigliare.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo set di sabato?
Ho avuto la fortuna, in questi anni, soprattutto da quando sono resident in un club di Madrid, di aprire i miei gusti e suonare differenti generi, una cosa che poi mi aiutato molto nel mio percorso personale a capire la pista e quello che vuole. Quindi potrei dirti che suonerò house oppure techno, disco o percussioni. È vero invece che cerco di leggere la pista, creare un flusso e vedere fino a dove si arriva. Comunque si, tante bawrutade e tante lingue del mondo.