Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Guinevere, Unravel

La vediamo vestita di bianco, a metà strada tra un etereo angelo e fata dei boschi, Guinevere (foto di copertina) ci porta così nel suo “Unravel”, un brano che unisce il folk a tristi ricordi del passato. Il singolo, nato da un sogno in cui l’artista si ricongiunge con un caro amico scomparso, ci trasporta in una dimensione sospesa tra cielo e terra. La sua voce, dolce e malinconica, si intreccia ad un arpeggio di chitarra composto dal padre, donando al pezzo un’intensità e una profondità rare.

Ceneri, Forma Liquida

Forma Liquida, l’album d’esordio di Ceneri, è un viaggio musicale che esprime con intensità il percorso emotivo di una giovane artista in continua evoluzione. Quello di Ceneri è un pop che si potrebbe definire “raffinato”, capace di fondere melodie più acustiche a sonorità moderne, il tutto arricchito da collaborazioni con B-CROMA, Chiello e Golden Years. Ceneri affronta senza veli l’oggettificazione femminile, ma anche il blocco emotivo e la ricerca profonda di sé, il tutto scandagliato con la profondità di una poesia, sonora.

GIUNGLA, Bad Idea

Uno sguardo all’interno e uno all’esterno, con al centro la lotta contro la paura del fallimento e la FOMO. In “Bad Idea” il riff d’apertura ti rapisce immediatamente, il sound minimalista ben si bilancia all’incisività che vuole trasmettere l’artista. In questo brano si percepisce la tensione tra vulnerabilità e ribellione, diventando così un promemoria potente sull’importanza di abbracciare le proprie decisioni, anche quelle meno convenzionali.

Mondaze, Linger

Mondaze, made in Faenza e con un’attitude, come si autodefinirebbero, da “heavy showgaze” ci fanno entrare nei meandri dell’esplorazione sonora attraverso il nuovo singolo “Linger”. Una base di chitarre sature e riff accattivanti, richiamano maestri del genere come Swervedriver e Ride. La melodia eterea si intreccia con un potente wall of sound che amplifica le emozioni di nostalgia e memoria, come a voler evocare ricordi intrappolati nel tempo. C’è una tensione emotiva palpabile tra malinconia e rabbia, con cui i Mondaze riescono a dipingere un paesaggio sonoro suggestivo e catartico.

Post Nebbia, Pastafrolla

Etica DIY, rabbia e ironia perfettamente bilanciate: ecco “Pastafrolla” ovvero il ritorno potente dei Post Nebbia. In questo brano la band padovana continua a esplorare il disincanto generazionale attraverso sonorità rock più aggressive e un’amara ironia. Il testo, ispirato a una scena surreale dei Simpson, riflette il senso di disillusione di una generazione cresciuta con false promesse, come la pastafrolla che si sgretola sotto la pioggia.

Delicatoni, Passo dopo passo  

“Passo dopo Passo” dei Delicatoni, segna un cambio di rotta verso sonorità più elettroniche, senza abbandonare l’ironia che li contraddistingue. Costruito su un tappeto di sintetizzatori, drum machine e campioni sonori, il brano sprigiona un’energia giocosa, invitando l’ascoltatore a riscoprire la meraviglia infantile, anche in una realtà urbana spesso fredda e spietata. Con atmosfere quasi mistiche, la canzone diventa una passeggiata sonora in cui ci si riconnette con i propri sogni, oltre lo stress quotidiano.

Vanarin, Falling Under

Il nuovo singolo “Falling Under” dei VANARIN, estratto dall’album in arrivo, mescola sonorità soul-step con un tocco psichedelico, evocando artisti come James Blake e Tame Impala. Il brano si distingue per l’uso intrigante del vocoder e i suoni synth che creano un’atmosfera spaziale e ipnotica, ricordando vagamente i groove funk anni ’70. La progressione verso chitarre distorte dona una scarica di energia, un po’ a simboleggiare la consapevolezza delle fragilità umane. Il risultato è un pezzo suggestivo, in cui la vulnerabilità diventa il fulcro di connessione e affetto.