Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.
Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.
Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.
Ada Oda, Immobile
Crudo, viscerale, eppure curato nei dettagli: “Immobile” condensa in due minuti tutta l’urgenza e la tensione del post-punk degli ADA ODA (foto di copertina @ Claudio Ivan Fernandez). La voce graffiante di Victoria Barracato si muove tra freddezza e esplosioni di rabbia, raccontando dinamiche familiari tossiche con una sincerità disarmante. “Immobile” è il secondo estratto dal nuovo disco di inediti “Pelle D’Oca” in uscita il 21 febbraio 2025 via La Tempesta Dischi.
Vanarin, My Circle
Pop e psichedelia quando si mescolano generano un groove contagioso su cui si innesta il cantato, che oscilla tra r’n’b e armonie jazzate. “My Circle” si sofferma sul cambiamento sociale e tecnologico, il tutto imbevuto in un mood che richiama la scena psichedelica australiana, come Tame Impala e Pond, a cui si aggiunge, inevitabilmente lo stile inconfondibile della band.
Nularse, Lacune
Nularse parte dalla profondità del mare per culminare in un volo leggero sopra le mancanze della vita. Il sound minimalista di “Lacune” si intreccia con un lirismo profondo, costruendo un’atmosfera rarefatta, quasi eterea. “Lacune” è la tregua, un momento di sospensione dove le mancanze diventano bellezza. Un debutto di grande raffinatezza.
CIMINI, Lindacolei
Dolce e cruda, capace di evocare empatia e riflessione, “Lindacolei” è il secondo capitolo di CIMINI che ad ogni singolo si rinnova senza tradire le sue radici. Un affresco sonoro in cui il magico si intreccia con il tragico, creando una ballata sospesa tra sogno e realtà, che tocca non così piano tematiche sociali molto calde. A noi è così che piace.
Mondaze, Linger
Con l’album “Linger” tornano a far parlare di se: padroni ormai dello shoegaze, o meglio, dell’”heavy shoegaze”, ci propongono l’ascolto di un disco che ricorda le stratificazioni della memoria, i cunicoli scuri e tormentati della nostra mente. Con colori acidi e sbiaditi, i Mondaze consegnano nelle mani di chi sa acoltare un’opera in grado di parlare alle generazioni in cerca di connessioni che cercano di evadere dall’alienazione del presente.
Taistoi, Shoegera
Con “Shoeghera” entriamo a pieno nel mondo di Taistoi: l’abilità compositiva dell’artista si manifesta in questo singolo nella cura per i dettagli. Riverberi che si dissolvono come la nebbia, la “shighera” in milanese, ritmi sincopati che evocano il passo incerto su uno sterrato, e melodie che sembrano fluttuare tra nostalgia e scoperta, il tutto racchiuso da un mood molto shoegaze (per chi non l’avesse capito).
Post Nebbia, Pista Nera
Un disco che affronta, con disarmante lucidità, il crollo delle utopie moderne, trasformando la rabbia generazionale e il disincanto in suoni tanto graffianti quanto stratificata. Dall’ironia cinica di brani come “Lingotto” alla malinconica consapevolezza di “Notte Limpida”, l’album si snoda tra paesaggi desolati di montagne senza neve e riflessioni sul fallimento del progresso. “Pista nera” si muove in un equilibrio sottile tra punk, new wave e krautrock, con incursioni nella bossa nova. I riff angolari e le ritmiche serrate si alternano a momenti più psichedelici, creando un sound al tempo stesso abrasivo e ipnotico. È un album che non cerca soluzioni facili, ma offre una narrazione onesta di un mondo in frantumi, invitando a guardare senza paura oltre le macerie.