Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Il Mago del Gelato, Granturismo

“Granturismo” è un invito a lasciarsi trasportare in un groove pulsante, in cui emergono sfumature afrobeat, funk e jazz, tutte riflesso dello spirito avventuroso della band (foto di copertina). Il brano, prodotto da Marquis, cattura l’essenza del movimento e della scoperta: i fiati avvolgenti e le ritmiche incalzanti si intrecciano come una carovana musicale, evocando paesaggi lontani e ricordi ancestrali.

Joan Thiele, Veleno

“Veleno” di Thiele è un confronto intimo e catartico con il proprio “diavolo interiore,” e Joan riesce ad interpretarlo con rabbia sì, ma in maniera elegante, trasformandola in forza. Un pezzo che incanta e scuote, lasciando un segno.

Loneriver, The End / Without you

Le slide guitar e gli organi distorti, uniti a una voce intima e profonda, creano un’atmosfera malinconica, sospesa tra indie-folk e dream pop. Loneriver dipinge emozioni universali con pennellate color pastello di dolcezza e struggimento.

Our kids, Our kids EP

L’omonimo EP degli Our Kids è un mosaico che unisce malinconia e ribellione, radicandosi tra Londra e l’Agro Pontino. Sei tracce dai contorni sfumati, intrise di post-punk, indie-rock anni ‘90 e sperimentazioni lo-fi. Dai bassi pulsanti di Salad al viaggio mentale di Ashtray, fino alla contemplazione cosmica di Home for the Rest, il disco si muove tra introspezione e caos, evocando un’estetica vintage-grunge.

Whitemary, New Bianchini

Whitemary fa tutto da sola. Dai suoni, agli arrangiamenti, alle produzioni, fino alle grafiche dei suoi dischi. Un approccio squisitamente onesto e DIY. Orgogliosamente fatto in casa e perfetto proprio nel suo voler essere imperfetto, libero, incasinato e puro. In New Bianchini (Bianchini è il modo in cui gli amici stretti chiamano Biancamaria) ci sono dieci nuovi pezzi presi male ma con la cassa dritta!