Qual è la ricetta giusta per diventare scrittori? Come si fa a coltivare il talento, ad allenare l’immaginazione, a sviluppare il proprio, originale, punto di vista?
Con Il mestiere dello scrittore, Murakami Haruki, due volte candidato e due volte eliminato al Nobel per la letteratura, prova a spiegarcelo approfondendo il discorso iniziato con L’arte di correre.
Considerato l’autore più schivo del pianeta, Murakami apre invece un dialogo onesto con chi vorrebbe vivere di parole. Quello che è interessante è che non lo fa, come ci si aspetterebbe, dandosi arie da artista. In controtendenza con il resto del mondo, infatti, per lui gli scrittori non sono esseri speciali – almeno non per forza -, ma individui normali, con ”volontà salda”, abituati ad “osservare attentamente, con scrupolo, tutto quello che succede”.
Numerosi sono gli aneddoti riportati nel libro: dall’apertura del suo locale Jazz, all’esordio fortunato con Ascolta la canzone del vento, fino ad arrivare alla presunta cancellazione della prima stesura di Dance Dance Dance.
In mezzo ai tanti consigli che dà, ce ne sono tre fondamentali: per diventare ottimi scrittori bisogna sapersi mettere in discussione, leggere tanto per “far passare dentro di sé il maggior numero possibile di storie”, e poi, soprattutto, scrivere.
Purché si faccia con gioia.