Qual è il confine tra realtà e immaginazione? E quand’è che l’una sfocia nell’altra?
Stefano Domenichini, con la sua Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra (e altre storie), s’interroga e ci interroga proprio su questo argomento.
I tre racconti di cui è composto il libro sembrano prodotti della sua fantasia ma, al contrario, riportano fatti che si sono verificati davvero: il sarto ebreo che riprese con la videocamera l’assassinio di Kennedy; le disavventure di un uomo con un problema alla vista; l’ascesa finanziaria di Maurizio Ravaioli durante i controversi e pacchiani anni ottanta.
Invece di rendere credibili eventi soltanto immaginati, Domenichini fa esattamente il contrario, e con la sua scrittura sciolta, ironica e talvolta affilata, ci riesce così bene che il lettore non può far altro che stare al gioco e fidarsi di lui. Come ricompensa, la consapevolezza – o perlomeno il sospetto – che per aprire lo sguardo e vedere le cose in maniera oggettiva, paradossalmente sia necessario colorarle di finzione.
Ecco un piccolo estratto:
Il Sarto era nato a Kovel’, nel 1905. Kovel’ sta in una provincia dell’Ucraina chiamata l’Oblast di Volinia. Nel 1873 costruirono una linea ferroviaria che collegava Kovel’ con le città di Brest-Litovsk e Rivne. L’intero paese si ubriacò, per tre giorni festeggiarono come pazzi. Poi, quando si ripresero, cominciarono a domandarsi: ma noi, che cazzo ci andiamo a fare a Brest-Litovsk?