Lavora in un ufficio turistico nel cremonese, studia Comunicazione in quel di Milano e scrive (e canta) canzoni per farne una professione. Questo è il quotidiano di Nicola Lombardo, cantautore milanese che a maggio ci ha raccontato traccia dopo traccia il suo primo lavoro discografico con Bianca Dischi, “Bosco”. Il disco consta di dieci brani di sua penna e prodotti da Roberto Macis, che risuonano come un vibrante connubio tra il cantautoriato indipendente italiano e le sonorità del
synth-pop alla Robyn.
Da allora vi sono state diverse novità e altre ancora han da venire, e noi di Beat&Style abbiamo colto l’occasione per rincontrarci e tornare nel Bosco assieme a lui con una breve intervista.
Ciao Nicola. Sono passati alcuni mesi dall’uscita di “Bosco”. Il disco ha avuto buone
recensioni dalla critica e un buon riscontro dal grande pubblico. Che effetto fa vedere il
proprio lavoro prendere il largo e finire nelle playlist di sconosciuti?
Avere un proprio album fuori fa si che le persone possano davvero entrare in contatto con le tue
creazioni e le tue riflessioni, ed è davvero gratificante quando le persone decidono di farti entrare
nel loro quotidiano.
Succede spesso che le persone mi mandino dei brevi video in cui guidano e sotto hanno i miei pezzi
che vanno, oppure durante una serata tra amici c’è qualcosa di sottofondo che mi appartiene. E’
gratificante.
La dimensione del live è un altro momento – stavolta meno social e più old school – in cui
pubblico e artista si incontrano. Quali sono le tue sensazioni lì?
Nei live hai un altro tipo riscontro. Vedi le persone cantare assieme a te, seguire il ritmo, battere il
tempo con il piede… Durante l’esecuzione di Friendzone, un brano molto ironico, c’è un momento in
cui la mia gestualità rimanda al fare swipe left su Tinder, microazione che ormai conosciamo tutti
come gesto del rifiuto, suscitando persino qualche risata. Vedo che chi viene a sentirmi si diverte, è
coinvolta ed è di per sè un bel risultato.
Parlando proprio di live, tu stai per partire oltreconfine per esibirti a Copenaghen. Cosa stai
preparando per il tuo primo live all’estero?
Eh sì, a fine Novembre ci sarà una data a Copenaghen. Sono molto, molto emozionato.
Non ho mai volato così lontano, figuriamoci da solo. E’ una situazione nuova, accaduta un po’ per
caso: ho conosciuto un ragazzo tramite un’app di messaggistica atipica, che simula le tempistiche di
consegna delle lettere, il quale mi ha raccontato di aver da poco iniziato a lavorare per
Lowficoncerts, una realtà che organizza concerti nelle case. E così, per scherzo, mi ha invitato a
suonare da loro. Dallo scherzo siamo passati ai fatti ed eccoci qua! Non vedo l’ora.
Sarà interessante affacciarsi a una realtà diversa da quella sperimentata sino ad ora.
Ho in programma di eseguire dei brani presi da “Bosco”, magari riarrangiati ad hoc per l’occasione,
affiancandoli in scaletta da qualche cover.
Di sicuro ci sarà Loyability di Lorde. E’ immancabile. Vorrei averlo scritto io quel brano.
Data la tua familiarità con la lingua inglese e rivangando la tua primissima pubblicazione (un
EP in presa diretta, interamente in inglese), pensi di tornare a cimentarti con testi originali
che non siano in italiano?
Un tempo dicevo spassionatamente di no, ma mi sono ammorbidito: non penso debba esserci un
limite. Tuttavia, nonostante il primo sbarco in contesto estero, non penso sia ancora il momento di
tornare a cantare in lingua inglese, anche se mi capita tuttora di scrivere brani così perché in quel
momento mi sento ispirato a farlo.
Terminato con Copenaghen, in Italia già ti aspettano due date importanti: il 17 Novembre sei
all’Ohibò di Milano e il 12 Dicembre a Spaghetti Indie di Roma. Qui si gioca in casa.
Beh, studio a Milano, ho svariate amicizia in città, quindi penso di contare in parte come milanese.
Ma a Roma non ci sono mai stato. Mi sentirò come Hilary Duff in “Lizzie McGuire: Da liceale a
pop-star”. (cantiamo “Hey now – What dreams are made of”)
Non vedo l’ora. Non l’ho mai visitata e spero di avere un po’ di tempo per farlo.
In entrambi i casi, punto a dare il massimo. A ogni live tento di alzare l’asticella e fare del mio
meglio.
Era da tanto che non facevo dei concerti e mi rendo conto che stare su un palco è qualcosa di
davvero importante. Mi fa capire quali sono i reali frutti del mio lavoro, a livello umano. Il lato
economico non lo trovo altrettanto interessante, mentre vedere che le persone hanno capito quello
che intendevo raccontare è una grande conquista.
Tra l’altro né tu né la tua musica avete mai negato la consapevolezza di un orientamento
sessuale di minoranza. In amore, ti rivolgi a un pronome maschile; in musica, fai altrettanto.
Sembra una banalità, ma non è ancora scontato vedere tanta trasparenza.
Quando racconti di sentirti compreso dal tuo pubblico, parli anche di questo?
Mi è capitato di sentire commenti sulla musica di altri artisti dove questa veniva definita “musica
per gay”, come se farne ascolto non fosse cosa consigliabile per un pubblico etero.
Personalmente, sin dal momento in cui ho iniziato a scrivere e fare musica, non ho mai nascosto
nulla di me. Ritengo che, arrivati nel 2019, non sia una cosa da fare, che non sia corretto. Ogni
coming out, ogni dichiarazione sincera, è d’aiuto, anche in piccola scala, a persone che non hanno
avuto il coraggio, la forza o la possibilità di dichiararsi. Raccontare a un pubblico generico che
l’amore esiste anche tra due uomini e tra due donne, o tra persone del genere non convenzionale, fa
sì che le persone possano avere una visione più ampia.
Per tutta la vita ho ascoltato e cantato brani in chiave eterosessuale, che parlano a pronomi
femminili, e non mi sono mai fatto problemi.
Tanto più mi fa piacere vedere che anche coloro che non fanno parte della famiglia LGBTIQ si
rivedono nei miei brani. In fondo “Bosco” racchiude storie di post-adolescenza e di piccole battaglie
che ciascuno di noi affronta nel corso della propria esistenza. Canto spesso di amore, un sentimento
che lega tutti. La mia musica è per tutti. E tutti siamo stati friendzonati almeno una volta! (ride)
Mi hai appena fatto un rimando al tuo brano Friendzone, ma anche l’ultimo singolo La danza
dei passi falsi è un brano in cui potremmo rispecchiarci un po’ tutti.
Ah, si! Sicuramente. La danza dei passi falsi è un brano a cui tengo molto. E’ nato da un ritornello
che continuava a ronzarmi in testa. Un giorno mi ci sono messo su e ho sbloccato l’intero brano.
Si parla di una quanto sia frustante vivere una situazione a metà. Vuole raccontare situazioni di
stallo che si riscontrano in più momenti nel corso della vita, anche se nel caso specifico è legata a
una relazione a distanza che non sono riuscito a reggere come avrei voluto.
Il video, uscito pochi giorni fa, l’ho diretto io personalmente assieme a un caro amico, Zeno Lee. Ci
abbiamo inserito due riferimenti portanti: il video in loop di ChilledCow, canale youtube in cui
trasmettono musica lo-fi, e il film “Call me by your name” di Guadagnino. Per svariate ragioni sono
particolarmente legato a questa pellicola e abbiamo pensato di renderle omaggio riprendendo la
scena di addio, girata nella stazione di Pizzighettone. Poi vi sono tanti altri piccoli dettagli, ma sono
comprensibili solo a chi mi conosce da più tempo e se ve li raccontassi ora, disvelerei troppi
dettagli.
In ultimo, c’è una grande novità per chi vuole ascoltare la tua musica: “Bosco” arriva anche
in versione fisica, con una piccola sorpresa. Come si può acquistare una copia dell’album?
Sia io che Bianca Dischi sappiamo perfettamente che questa non è più l’era del CD, tuttavia ognuno
ha un modo proprio con cui ascoltare musica. Ad esempio, io ho una politica personale secondo la
quale l’ascolto passa massivamente attraverso Spotify, ma se vi trovo degli album che mi piacciono,
li compro in fisico. Così abbiamo deciso di dare vita a una serie limitata dell’album in fisico con
tanto di spilla abbinata.
Per l’acquisto basta mettersi in contatto con me attraverso Instagram oppure Facebook e il gioco è
fatto.