L’Atlante dei destini, felice romanzo d’esordio di Cristiano Denanni, solleva fin da subito una domanda cruciale: cosa succederebbe se fossimo in grado di guardare la nostra esistenza dall’alto, analizzandola con distacco?
La trama:
Il protagonista, Stefano Istè Solinas, fotografo e professore di Antropologia Sociale all’Università di Torino, aveva un progetto: creare un vero e proprio Atlante dei destini con le lettere scritte appositamente per lui dalle persone più varie. Lettere che avrebbero dovuto rivelare un “vissuto unico e irripetibile che aveva avuto luogo in un punto preciso del globo”. Morto nel 2015 in circostanze misteriose, Solinas non riesce però a portare a termine il lavoro. L’Atlante dei destini tuttavia vede la luce qualche anno più tardi, grazie all’intervento dello scrittore Avanish Subramani che raccoglie il materiale del professore e lo spedisce ad una casa editrice. Inframmezzate da alcuni brani estratti dal diario personale dello stesso Istè, queste lettere rivelano una realtà che se da una parte rassicura, dall’altra lascia interdetti: tutte le vite, benché differenti, si muovono su binari comuni.
Cristiano Denanni, con la sua storia sognante e insieme concreta, ci mette di fronte a una verità sacrosanta: amore, speranze e paure, indipendentemente dalla cultura, dalla nazionalità o dal colore della pelle, riempiono le esistenze di tutti, guidandone il destino. Anche se tentiamo di distinguerci, in fondo non siamo poi così diversi dagli altri esseri umani. E di questi tempi, forse, dovremmo tenerlo a mente più spesso.
Ecco un piccolo estratto:
La vita però è anche una lunga serie di distrazioni fra un giorno autentico e un altro. Il fatto è che bisognerebbe accorgersi dove, nello specchio, finisce il tuo volto e dove s’affacciano le ombre, per non ridurci alla vigliaccheria di credere che siamo ciò che vorremmo.
L’Atlante dei destini di Cristiano Denanni è il libro perfetto per questi tempi funesti.