Oggi abbiamo il piacere di ospitare un giovane artista che rientra perfettamente in entrambe le categorie di Beat&Style. Stiamo parlando di Clemente Guidi, artista di Panico Dischi, che ha da poco pubblicato il suo nuovo EP “Sfumature” e che oltre ad essere un interessante autore, collabora con l‘agenzia milanese Monster come modello.

Due mondi che si fondono, sfumando, per l’appunto, l’uno nell’altro, da cui Clemente attinge da entrambi degli elementi di spunto per la sua arte. Noi lo abbiamo quindi intervistato, per farci raccontare meglio di questa sua attività sia nella musica che nella moda. Ecco che cosa ci siamo detti!

Ciao Clemente, benvenuto su Beat&Style! Innanzitutto, senza troppi giri di parole ti chiediamo subito di presentarci brevemente la tua ultima uscita, ovvero l’EP “Sfumature”, pubblicato lo scorso 29 settembre per l’etichetta Panico Dischi!

“Sfumature” è l’Uscita. È la mia occasione di presentarmi con tanta identità. Il mio percorso nasce disinteressato, dalla cameretta, e questo EP, dopo momenti di presa di coscienza e consapevolezza, è il primo capitolo di una storia musicale che mi preme raccontare. Ho un progetto in testa e sto imparando a conoscere i mezzi per trasformarlo in realtà.
Come vengono le canzoni? Le idee? Non ho nessuna definizione, ma sono rimasto stupito da quante intuizioni accadono nel mezzo, nei momenti che persino pensiamo trascurabili. Invece confermo: sono le sfumature!

Abbiamo ovviamente ascoltato “Sfumature” e la cosa che ci ha colpito di più è la naturalezza oltre che sincerità che trapela da ogni brano. Dato che il mercato musicale è molto influente anche sulle produzioni discografiche, come sei riuscito a mantenerti “integro” nella tua musica?

Si inizia sempre da qualcosa con la spensieratezza. Qualunque dinamica discografica per me è del tutto nuova. Ho iniziato timidamente a cantare perché non me lo chiedevo, e nessuno me lo chiedeva.
Avevo mille paesaggi visitati nella testa e nel cuore e il massimo che ho saputo fare è stato descriverli esattamente come li ho conosciuti. Forse l’integrità è solo la conseguenza che si percepisce da un racconto di vita vera, viaggio, verità.

Un filo conduttore molto interessante del tuo EP è anche quello artistico. Parliamo delle copertine dei brani e quindi anche di quella del disco: ti va di dirci qualcosa in più su come nascono? 

Musica e immagine per me sono due elementi che portano all’immersione se amalgamati. Ci tengo all’estetica del racconto. In primis perché è ciò che accade a me, quando sono ascoltatore. L’immagine deve essere un forte richiamo alle sensazioni che accompagnano sonorità e testi.

Da sempre vedo musica nei paesaggi e sento paesaggi nella musica. Questo vorrei che arrivasse nelle impressioni di chi ascolta, se ci riuscissi sarei davvero contento, perché il paesaggio raccontato porta un po’ a estraniarsi da dove si è, e quindi per me resta un’ambizione importante, per chi ha bisogno di un conforto, di scappare un po’, di sentirsi meno solo.

La copertina dell’EP nasce lontana dall’idea dello stesso. Lontanissima. Ero in Danimarca, nel mio periodo di Erasmus, e una sera attorno alla tavola dove ci tenevamo sempre un po’ compagnia, noi piccoli temerari alla scoperta di un paese tutto nuovo ci raccontavamo e conoscevamo. Silke Jonk era un punto fermo nelle mie serate felici e più nostalgiche. In queste finivamo per parlare anche lunghe ore e riprendevamo eventualmente i discorsi a colazione. Una sera c’erano i pastelli e un po’ di fogli bianchi, lei crea queste facce colorate e prima di tornarsene in camera mi regala il disegno: un gesto veloce, un sorriso e se ne va.

Questo disegno celava il grande senso dell’EP. Il viaggio, il conoscersi, il capirsi, lo stare insieme e da soli, e tutti i colori che queste emozioni vivono. Sul foglio c’era scritto “To be together”.
I due singoli “Vola sopra i tetti la notte” e “È che” richiamano la stessa anima di quel disegno. Linee pastello e stessa palette nei colori, blu e arancio come le città coi lampioni la notte, Verde di “È che…” e giallo Sole, come la nostalgia dei giorni più luminosi.

Restando in tema di naturalezza, altrettanto spontanea è stata la collaborazione con il tuo produttore Andrea Turone. Quali sono gli aneddoti che per te sono stati esemplificativi di questa bella complementarità?

Turo è stato protagonista di questo progetto, che è maturato nel tempo e lui è arrivato per chiudere il cerchio. Avevo pochi indizi per sapere da che parte farmi registrare le canzoni, ma tutto il desiderio di trovare uno spazio dove sentirmi a mio agio e allineato ai miei pensieri. Ero stato nel suo studio tempo prima, di passaggio, non avevamo fatto musica. Però era rimasta viva una forte impressione. Abbiamo passato un tempo incredibile, da lui regnano grande pace e calma. Ci sono stati discorsi fatti, ascolti scambiati e momenti del tutto fuori dai microfoni e dai computer che sono invece finiti appieno dentro le canzoni e al loro senso.

Aneddoto che la dice lunga. Momento esatto tra me e Turo: siamo in azione, suoniamo o ascoltiamo qualcosa. Silenzio. Ci guardiamo tipo acqua in bocca di un pesce appena uscito dall’acqua. Sputa il rospo. Dice la sua. Stiamo pensando la stessa identica cosa. Perfetto! È tutto giusto.

Su Beat&Style, però, come avrai notato anche dal nome, non ci occupiamo soltanto di musica, ma anche di tutto ciò che ha a che vedere con la moda. Sappiamo che oltre all’attività di musicista c’è anche quella da modello per Monster Badd. Quali sono, in caso ci siano, per te quei punti di contatto fra questi due mondi che non sono poi così separati?

L’esperienza con Monster è super. Loro conoscono il mio progetto musicale e hanno sempre un occhio di riguardo per far procedere tutto con criterio. In realtà io vedo solo vantaggi nel portare avanti entrambe le cose, anche mischiandole se dovessero presentarsi occasioni. Il set è sempre una bella occasione per poter conoscere altre personalità del mondo creativo: fotografi, make up artist, le produzioni stesse. Sono tutte persone che in un modo o nell’altro hanno lavorato su passi non sicuri e che hanno storie e racconti delle loro carriere che sono di ispirazione e possono rivelarsi conoscenze stimolanti.

Prima di lasciarci ti chiediamo di raccontarci in breve qual è il tuo rapporto con la moda, nella quotidianità sei sempre attento all’estetica degli outfit oppure jeans e t-shirt pratici e comodi?

Mi piace buttarci un occhio e definire un po’ il mio stile, ma nulla di troppo serio. È sempre un interesse più legato a un gusto estetico generale di influenze prese qua e là. In Danimarca ad esempio sono stato molto influenzato dallo stile scandinavo. Comodo e pratico non rinunciando a un modo di apparire equilibrato e fresco.

 

Ph. credits @ Camilla Cattabriga