Piedi scalzi come Abebe Bikila, blusa da gendarme come Jimi Hendrix e chioma alla Basquiat.
Così ci appare Benjamin Clementine e questi dettagli rappresentano bene la sua essenza: combattivo, talentuoso, innovativo, poetico e geniale.
La voce di Clementine rientra nella classificazione di tenore spinto e la location del Teatro Regio, scelta per questa occasione da Barezzi Festival, si rivela perfetta.
<<A essere onesto, in realtà non canto>> dice di sé Benjamin <<si tratta semplicemente di esprimere me stesso con suoni diversi di volta in volta, che non riesco a ripetere>>.
E’ regista che mette in scena la storia di sé stesso e il quintetto d’archi che lo accompagna è uno splendido co-protagonista.
E’ attore drammatico, pathos e frenesia di nervi tesi sulle corde del pianoforte che solo nel finale si sciolgono in un divertente cameo con il pubblico.
L’artista inglese, che non si può più semplicemente definire “una rivelazione”, ci carica sulle sue spalle e ci porta nelle profondità compositive del suo mondo, in apnea, per poi farci riemergere e ricordarci che “Its a wonderful life”, anche grazie a lui.
Credits: Ph. Marco Iemmi