Negli anni ha collezionato un successo dopo l’altro e, attualmente, col suo Journal Animé è in concorso al César 2017 nella categoria corti d’animazione. Stiamo parlando di Donato Sansone, videomaker, sperimentatore e artista visionario. Lo abbiamo incontrato nella sua città d’adozione, Torino, e con l’umiltà disarmante dei grandi ci ha raccontato cosa significa essere tra gli animatori italiani più famosi d’Europa.
Cominciamo proprio da Journal Animé, prodotto in Francia da Autour De Minuit, commissionato da Canal+ e realizzato a Parigi a seguito della strage di Charlie Hebdo. Vuoi parlarcene?
Journal Animè fa parte di Dessine Toujours, una raccolta di dieci cortometraggi sul tema della libertà di espressione realizzati da dieci autori diversi. Dato che volevo creare un corto che avesse a che fare con l’attualità, ho deciso di agire su di essa manipolando il giornale Libération, partner del progetto. Disegnando sulle pagine del quotidiano, sono riuscito a cambiare il senso delle notizie, a dare la mia personale interpretazione e ad ottenere un cortometraggio fresco. L’ironia con cui tendo sempre ad elaborare la realtà, in questo caso, però, si è dovuta scontrare con i fatti drammatici degli attentati di Parigi del 13 novembre.
Videogioco, uno dei tuoi corti più famosi, utilizza il concetto del flip book per mettere in scena un racconto. Partendo da una tecnica analogica, sei riuscito a creare qualcosa di molto contemporaneo. Come ti è venuta l’idea?
Ero in un ristorante con degli amici, stavo disegnando su un taccuino e mi stavo chiedendo come fare per muovere i miei disegni lì per lì, senza servirmi del computer e senza fare il classico flip book. Ho dunque pensato che, partendo da un’unica base, per dare vita ai miei personaggi avrei potuto costruire una struttura composta da tanti fogli piegati. Da lì mi è venuta l’idea di farne un cortometraggio. Tutto merito della noia. Mi stavo annoiando ed ecco Videogioco.
I tuoi lavori possono essere allo stesso tempo giocosi e inquieti. Topo Glassato al Cioccolato ne è l’esempio. Quante sfaccettature hai?
Come tutti, ho molti lati diversi. Posso essere giocoso ma anche molto paranoico. Forse, rispetto alla maggior parte della gente, sono un po’ più estremo e tendo ad inquietarmi con facilità.
Nel 2014 hai realizzato Portrait, un progetto onirico che sembra fare riferimento a Bacon…
Sì, Portrait è un chiaro riferimento a Bacon, ma non solo. Mi piaceva l’idea di vedere qualcosa di simile ai suoi dipinti muoversi, così è nato Portrait: una via di mezzo tra l’astratto surreale e orrorifico di Bacon e quello di Glenn Brown.
Data la natura trascinante dei tuoi video, l’aspetto sonoro sembra essere fondamentale. Chi cura il sound design dei tuoi lavori?
Il sound design è fondamentale. In un cortometraggio direi che fa il 50% del lavoro. Enrico Ascoli, sound designer e amico con cui faccio coppia fissa ormai da anni, sa benissimo cosa fare quando c’è da sonorizzare qualcosa. É un musicista che crea e non interpreta: finalizza i video aggiungendo la sua sensibilità sonora. Grazie al suo approccio artistico, che si avvicina molto al mio modo di intendere le cose, per me è naturale lavorare con lui.
Pensando a Lovecube o Donny Porno Shop, ci viene da chiederti quanto sia importante il tema della sessualità nella tua creazione artistica.
Non è importante, è solo molto presente. Attingo al sesso in maniera ossessiva perché è ossessiva la mia sensibilità nei confronti della bellezza femminile. Si tratta di un tema centrale nella nostra cultura, e per questo mi piace riderci su. Non ci sono sottotesti concettuali: gioco col sesso perché è divertente e mi stimola dal punto di vista creativo.
Hai realizzato anche videoclip per gruppi come Verdena e Subsonica. Ti piace lavorare su commissione? I paletti che eventualmente ti vengono imposti, ti limitano o ti stimolano?
I paletti li trovo stimolanti, ma fare videoclip non mi piace molto. Mi arrivano centinaia di richieste, ma faccio pochi videoclip perché i soldi scarseggiano. Avere un budget adeguato è necessario per fare un bel lavoro. Accetto di lavorare solo con i gruppi che mi piacciono.
Quanto devi al tuo lato bambino?
Tutto.
C’è un personaggio del cinema, della letteratura o della tv a cui senti di assomigliare? Chi e perché?
Sì, c’è: si tratta di Dorothy Gale de’ Il meraviglioso mondo di Oz. Come lei sono sensibile, dolce e appassionato, come lei mi trovo a vivere storie fantastiche in un mondo fantastico, e come lei, poi, non vedo l’ora di tornare a casa… Perché sono pigro, perché sono impaurito e perché “non c’è niente di più bello di casa mia”.