La “Settimana” di Varisco dura circa venti minuti in cuffia. Comincia lunedì e termina domenica a mezzanotte, per poi ricominciare, ripetersi finché si resta in vita, in quella routine terribilmente spaventosa che appartiene a tutti. Chiaramente Varisco canta col cuore in una mano e con la noia nell’altra, parla di sé ma si riferisce anche a concetti più grandi. E fa paura, perché la sua voce e il suo racconto sono autentici, canzone dopo canzone, istantanea dopo istantanea, in cui cerca annaspando di trovare un senso alle cose, tra amori finiti, amori mai dimenticati, amori che ritornano. E anche se ci prova, non trova pace nella nostra epoca piena di ansie.
Luca Varisco è un altro talento della Costello’s che vale la pena di scoprire, col suo album d’esordio musicalmente affascinante, non solo per la narrazione e la freschezza dell’approccio (e per quella capacità di scrivere belle canzoni che non è mai scontata), ma anche perché costringe l’ascoltatore a cullarsi tra cadenze malinconiche alternate ad altre più vivaci, tra i tempi bluesati e gli accenni funky. Abbiamo provato a presentarvi Varisco a parole nostre, ma adesso è lui che vuole presentarsi a voi attraverso il format Gimme Five.
“Ciao! Oggi ho il piacere di portarvi in questo breve viaggio attraverso i 5 brani che mi hanno ispirato ed accompagnato durante la realizzazione del mio disco d’esordio Settimana!”
“Battisti – Prendila Così”
L’album “Una donna per amico” del ’78 è indubbiamente uno dei successi esorbitanti di Lucio Battisti con un numero di copie vendute che tocca il milione. Una copia tra queste, rovinata ormai dal tempo, fino qualche anno fa giaceva dimenticata in un cassettone di una fredda ed umida cantina in Brianza, finché un Natale, un lettore-vinile portatile e la mia voglia di rispolverare il passato musicale dei miei genitori, hanno portato il mio cuore all’ossessione nei confronti di un particolare brano, ovvero “Prendila Cosi”, sette minuti di pura espressività. La coppia Battisti-Mogol si interroga sulle relazioni e le difficoltà che ne derivano, ed io, legatissimo a questo brano, non potevo non estirpare questo tema come materia prima per il mio disco d’esordio.
“Calcutta – Cosa mi manchi a Fare”
Ci ho provato innumerevoli volte a scomparire in quel maledetto abbraccio, cantato col nodo alla gola da Edoardo d’Erme, ma nascondersi nei rapporti difficili che si vivono, si assorbono, a volte diventa impossibile, e dunque per razionalizzare e condividere i miei turbamenti, ho scelto la musica, unica vera amica intima e soluzione al dolore. Nel settembre del 2015 usciva questa canzone, ed io liceale buttavo giù i primi pezzi, all’inizio in inglese (poi in seguito la scelta di passare all’italiano). Scomparire in un abbraccio, nascondersi dentro il sentimento, e nel caso del me più giovane, dietro una lingua che non era quella dei miei pensieri. E dunque la decisione di condividerli in italiano, e poi di raggrupparli per realizzare il disco.
“Simon and Garfunkel – Kathy’s Song”
Dopo il duo Battisti-Mogol sono Paul Simon e Art Gurfunkel, e i loro vinili (ricordate l’umida cantina in Brianza?) ad aver segnato la mia adolescenza musicale. Mi permetto di riportare dal brano:
“And so you see I have come to doubt
All that I once held as true
I stand alone without beliefs
The only truth I know is you…”
Non ancora tatuata sulla mia pelle ma indelebilmente sul mio cuore, questa frase risuonava nelle mie orecchie nei pomeriggi estivi dedicati unicamente alla musica, con l’abilità di farmi comprendere a pieno il potere delle parole, fondamentali per esprimere ció che si ha dentro. Sia “Kathy’s Song” che “April Come She Will” (brani all’interno del celebre Sounds of Silence, 1966) hanno ispirato la struttura a giorni delle canzoni di “Settimana”, ovvero da “Lunedì” a “Domenica” compreso il momento ponte “Domenica Mezzanotte”. Giorni per me fondamentali per condividere e strutturare il messaggio del disco, soprattutto per chi lo ascolta.
“Bon Iver – The Wolves (Act 1 & 2)”
Tra i vinili di mamma e papà, questa volta, uno completamente nuovo l’ho comprato io. Trattasi di “For Emma, Forever Ago”, disco dei Bon Iver uscito nel luglio del 2007. Al suo interno “The Wolves (Act 1&2)”. Ammetto che nei primi anni di ascolto è sempre stato snobbato. Poi una sera, un film, precisamente gli ultimi minuti del capolavoro di Derek Cianfrance “The Place Beyond The Pines”, cambiano le carte in regola. Riprendo ad ascoltare il vinile, e soprattutto questo brano, esattamente nel periodo in cui scrivo il disco “Settimana”. L’influenza non risiede esattamente nelle sonorità, troppo caratteristiche, per certi versi irraggiungibili dei Bon Iver, ma personalmente nello sviluppare una sensibilità differente ponendola all’interno dei testi e delle produzioni. Mettere all’interno di questa lista un brano come “The Wolves (Act 1&2)”, è fondamentale per ricordarmi ancora una volta di fare attenzione a quel tipo di sensibilità che mi ha aiutato a comporre il disco.
“The Smiths – There is a light that never goes out”
Con il brano precedente viene definita l’importanza del dualismo colonna sonora/cinematografica. Il brano scelto per il Mercoledì di “Settimana”, infatti, riporta al suo interno un estratto di un’intervista dal docufilm “D’Amore Si Vive” (Silvano Agosti, 1984). L’estrema lucidità del bambino intervistato (Frank) che racconta la sua visione dell’amore, doveva per forza finire all’interno di un mio brano. La mia volontà era quella di contrapporre l’amore maturo ed immaturo, adulto ed infantile. Ho cercato di farlo nel disco tramite Bambino (Mercoledì). “There is a light that never goes out” è l’ultimo step per la mia GIMME 5 che purtroppo giunge al termine. Colgo dunque in anticipo l’occasione di ringraziarvi per l’opportunità! Rientrando a far parte di tutti quei capolavori legati a film che ho amato, in particolare quest’ultimo, scelto come colonna sonora di “500 Days Of Summer”, racchiude l’ispirazione legata alla tematica difficoltà nella relazione, protagonista per scelta, ma soprattutto per naturale necessità, del mio disco. Un dualismo felicità/malinconia che analizza l’aspetto positivo e negativo dell’amore stesso. A tratti più drammatici, gli Smiths fanno di questa tematica il loro cavallo di battaglia, ed il risultato è meraviglioso.
Ph. credits © Riccardo Zappa