Noi di Beatandstyle, prima che l’onda d’urto diventasse tsunami, ci siamo prima di tutto rattristati per i concerti annullati (tra i primi a subire il lockdown) per le attività artistiche costrette a fermarsi, per le piccole imprese che sono su una lama sottilissima. Per questo, perché se per noi che scriviamo e che ogni tanto facciamo dj set ed organizziamo eventi questa situazione surreale è stato un boccone amaro da digerire, per tanti altri è stato qualcosa di realmente drammatico. A loro abbiamo chiesto di raccontarci come stanno vivendo e affrontando il lockdown, con anche qualche consiglio per noi, che qualcosa, seppur piccola, possiamo fare.

Verde Speranza è l’ultimo episodio del format lockdown di BeatandStyle che grazie a chi ha contribuito ieri e oggi, raccontandoci le sue esperienze, ci ha aiutato a riflettere sul presente e sul nostro futuro e tenuto compagnia nonostante la “distanza”.

Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il vostro lavoro?
Nella sfortuna sono stata discretamente fortunata. Prima della clausura stavo ultimando la scrittura dei brani per il mio prossimo progetto. Essere forzata a casa mi ha dato modo di rivedere, correggere, riuscire a capire quando sono malumore o stanchezza a fare dei miei giudizi delle armi di distruzione. Ho ritrovato la lentezza, quella vecchia amica pre streaming-furioso. Contemporaneamente non avendo annunciato tour o concerti non mi sono trovata nella situazione di annullarli. Sono tra quelli per cui la mancanza di regole a breve termine permette di vivere il momento come una pagina su cui disegnare i piani che, come molto spesso accade, verranno stravolti alla prima occasione invitante.

È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Ovviamente quella psicologica. Per quanto non ami quando prima di individuo o musicista si scriva madre devo dire che avere la baracca sulle spalle mette molta pressione nel bilancio delle preoccupazioni. Nei momenti in cui non sono entusiasta della libertà artistica ritrovata, sento le incombenze e le responsabilità nei confronti dell’adolescente, dei gatti e della banca con cui condivido l’appartamento. Spesso ho il timore di non saper fare niente di compatibile con il mondo che ci aspetta. Suono, canto, scrivo, cucino e faccio cocktail alla vigilia di un’era in cui non si possono fare concerti, non si avrà liquidità per i dischi e non ci si potrà sedere in un bar affollato a guardare il mondo dal tavolino. Sembra l’inizio di una commedia amara del Sundance.

Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?Inizialmente pensavo in una bella rinascita della società civile, quella che si aiuta condividendo cibo o riscoprendo il valore dell’attenzione ma poi, quando ho visto i social tornare a popolarsi di foto di nudi con didascalie profondissime e commenti di odio verso chi ha avuto la fortuna o l’intelligenza di generarsi una piccola isola di pace, mi sono resa conto che la natura non cambia. Chi era orientato alle riflessioni lo sarà, chi è stronzo non cambierà certo la sua essenza solo perché rispetta le distanze di sicurezza.

In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Comprando dischi fisici. Il supporto fonografico contiene il lavoro di musicisti, fonici, produttori, ingegneri del suono ma anche quello di grafici, art director, stampatori, corrieri e negozi. Appena sarà possibile, andare a vedere almeno uno spettacolo a settimana anche se non si conosce l’artista o se non piace. Infine, penso che un’altra possibilità potrebbe essere quella di organizzare le fughe, ipotizzando un mondo in cui lo si può sostenere economicamente, in attesa che le stesse compagnie internazionali possano tornare ad investire nel nostro paese senza musica dal vivo (ingenuamente penso che più un’azienda ha risorse, più può investirne dove manca il servizio che vende).

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Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il vostro lavoro?
La quarantena ha avuto un impatto molto pesante anche sulla mia attività. La maggior parte dei nostri ospiti sono viaggiatori internazionali singoli e quindi a partire da fine febbraio sono calati drasticamente le presenze in ostello, in quanto i pochi che continuavano ad arrivare erano viaggiatori che ancora si trovavano in Italia da tempo e che stavano concludendo il proprio giro. Il punto di rottura definitivo è stata la dichiarazione di Pandemia globale da parte dell’OMS che ha bloccato qualsiasi arrivo di stranieri dall’estero. Personalmente mi sono trovato davanti alla scelta di tenere aperto, come consentito dalla legge, affrontando il rischio di non avere ospiti a sufficienza per affrontare le spese, oppure di chiudere per un tempo indefinito in modo da tagliare le spese variabili ma senza possibilità di incasso. A quel punto ho deciso di tenere aperto, portando avanti l’attività da solo con tutti i dipendenti in ferie/cassa integrazione cercando di diventare l’unico punto di riferimento a Bologna a basso costo in assenza di concorrenza, per tutte le persone con necessità di alloggio (infermieri, lavoratori o persone impossibilitate a rientrare alla propria residenza). Ho abbassato i prezzi facendo una offerta “flat” e ho tagliato i servizi inclusi. Ho cercato di garantire una situazione di igiene in linea con le direttive del governo e mi sono chiuso nel “bunker” da allora a presidiare e ad occuparmi di ogni aspetto dell’attività. Diciamo che, semplificando, ho dovuto riorganizzare l’attività da zero orientandomi ad obiettivi a breve termine di “sopravvivenza”.

È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
La gestione pratica non è particolarmente complicata in questo momento perché la mole di lavoro è molto bassa, la gestione psicologica è molto complessa perché trovandomi fondamentalmente da solo, vivo la quarantena come tutti gli altri in isolamento, ma è un isolamento lavorativo continuativo dall’8 di marzo in compagnia di persone a tutti gli effetti residenti in ostello visto che sono impossibilitati a muoversi. Il turnover è basso e i momenti di tensione tra gli ospiti sono tanti. Spesso questi momenti di tensione sfociano in problematiche che devono essere gestite dalle forze dell’ordine o sanitarie e io mi ritrovo a fare da mediatore distaccato. Non è facile ricoprire sempre questo ruolo soprattutto a livello nervoso ed emotivo perché c’è una promiscuità tra la parte lavorativa e personale visto che sono in totale simbiosi in questo periodo.

Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
La storia dice che dopo pandemie o crisi di grossa portata il cambiamento all’interno della società è inevitabile. Io penso che ci sarà un cambiamento anche questa volta ma non sarà nulla in confronto al vero cambiamento che ci troveremo ad affrontare appena dopo, in relazione alle catastrofi ambientali dovute al cambiamento climatico. In quanto essere umani senza distinzioni di razza o di classe sociali, abbiamo purtroppo bisogno di problemi più grandi del Coronavirus per orientarci con la giusta determinazione verso una nuova consapevolezza e un vero cambiamento.

In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Io, in quanto frequentatore di Live, mi sento di dire che personalmente tutti i contenuti digitali, dirette Facebook e live dal divano mi annoiano dopo i primi 15 secondi. E credo che molte delle persone che si sono inizialmente appassionate a questo tipo di offerta, all’inizio della quarantena, ora siano sulla stessa linea d’onda. A questo punto credo che gli organizzatori debbano trovare un modo, non appena ci sarà uno spiraglio di libertà, di organizzare degli spazi che permettano comunque alle persone di interagire e devono comunicare nel miglior modo possibile una ritrovata fiducia nel partecipare.
Prendere un aereo per l’estero o partecipare ad un evento potrebbero in realtà ritrovarsi sullo stesso problema e scoprire la stessa soluzione. Un controllo immediato delle persone che accedono come si faceva con i metal detector agli accessi, ma facendolo a livello sanitario con una sorta di tampone con risultato immediato.
Irrealizzabile con gli strumenti attuali? Fattibile in un prossimo futuro?

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Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il vostro lavoro?
Questo momento storico così violento per come velocemente e crudelmente si è presentato, mi ha obbligato a radicalizzare tutti i temi già presenti nel mio lavoro. Io quando non viaggio per produrre le mie foto sto molto in casa e lavoro da casa all’editing, allo studio, a tutto ciò che sta intorno ai miei progetti fotografici. Ma ovviamente è diverso decidere liberamente di stare in casa ed essere costretta a starci. Da quando sono entrata in quarantena il mio work flow è discontinuo, alterno momenti di creatività a momenti di fermo, necessari per capire quello accade dentro e fuori di me. E’ una sfida quotidiana.

È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Gestione pratica e psicologica in questo caso vanno di pari passo. Sin da subito mi sono sentita violentata nel profondo da questo virus. La mia fotografia è principalmente un lavoro di scambio e incontro con l’altro, soprattutto lo sconosciuto fino a un secondo prima, è mischiarsi con la gente e con il flusso della vita che scorre, ho bisogno di una grande libertà di movimento e di fiducia e di contatto, tutte cose che sono ora impossibili, illegali o rischiose per me e per gli altri.  Scatto in analogica e non posseggo macchine fotografiche digitali. In questo momento la pellicola è ancora più lenta di prima perché tutto è rallentato e quindi anche la pratica della mia fotografia si è in parte ridotta all’uso della fotocamera del telefono, che tuttavia trovo ora molto più congeniale all’immediatezza di quello che stiamo vivendo. Sto riversando anche l’empatia su un piano molto più digitale o virtuale, è una sfida per certi versi stimolante, per altri a tratti ovviamente frustrante.  Da quando sono dentro questo processo di trasformazione pratica sono inevitabilmente anche dentro a una gestione psicologica continua. Nel creare trovo sfogo, nel non creare trovo riposo ma a volte anche angoscia o rabbia e quindi torno a creare.

Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Penso che ci saranno cambiamenti epocali. Quello che stiamo vivendo è già storia. Il sistema ha difeso prima il mercato e le banche delle vite degli esseri umani, finchè la situazione non è sfuggita di mano al punto da dover spegnere i motori. La macchina in parte spenta ha dimostrato in un sol colpo tutte le sue falle degli ultimi decenni. “Andrà tutto bene” e “torneremo come prima” sono illusioni. Ora si impone il cambiamento, si dovrà far fronte a una crisi economica molto più grave a quelle degli ultimi decenni che è profondamente legata alla crisi climatica e civile che da tempo stiamo vivendo. I grandi cambiamenti dipendono da quello che faremo da qui ai prossimi mesi. La storia insegna che in queste situazioni o c’è una rinascita che investe tanto i valori, la cultura e i modi di vivere e i sistemi, o c’è una svolta reazionaria dell’esistente che verticalizza ancora di più i poteri e le differenze sociali, facendo leva proprio sul vuoto culturale ed etico del momento. Facendo conto che siamo nel nuovo millennio e tuttavia tutto si regge ancora, seppur traballando, su sistemi novecenteschi, mi auguro che ci sia un nuovo rinascimento che saprà opporsi con forza alla seconda ipotesi plausibile, che è già sotto i nostri occhi.

In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Io credo che arte e cultura in tutte le loro forme ora abbiano bisogno dell’energia creativa del proprio pubblico e viceversa, una sinergia che si deve sintonizzare su un’onda di reinvenzione totale. Per quelli dalla mia parte si pone il dovere di intercettare gli umori del pubblico farli propri e da qui produrre un’arte che sappia riscaldare questi cuori quarantenati, per il pubblico si pone un idea nuova di fruizione che è anche collaborazione e solidarietà. 

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Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il vostro lavoro?
Beh. Sicuramente un impatto forte. Limitando strettamente la parte offline del mio lavoro che da un annetto si basa anche sull’organizzazione e partecipazione a diversi eventi-market, tra cui Sunday Market alle Passioni (Mo) e Matta Vintage Market al Collettivo Mattatoyo (Carpi). Diverse collaborazioni mi sono mancate. Quindi vi devo dire: é stato brusco. Molto netto. Decisivo. Fortunatamente però la tempra ha fatto sì che mi dedicassi pienamente alla parte online di seller, che stavo piano piano rivalutando. Mi sono ritrovato catapultato esclusivamente Online, come @Half_Wolf utilizzando Depop, Instagram e altre piattaforme di vendita per il vintage, come i primi tempi (3 anni fa) quando era ancora tutto “normale”! E non mi posso lamentare. Il digitale si é rivelato salvifico e catartico per me in questa Quarantyne.

È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
Sicuramente la parte pratica é stata colpita maggiormente, in tutte le nostre abitudini, libertà, e comportamenti. Ma che ve lo dico a fare. Sappiamo tutti cosa é stato e cosa sarà ancora per qualche tempo. Di certo però, vedendo uno dei lati positivi, mi ha dato parecchio tempo da dedicare alla creatività, e alla progettazione, permettendo di far nascere nuove idee e concept da poter mettere in moto quando la situazione sarà più tranquilla, per tutti. Certo che dopo questa forte dose di introspezione e clausura, non vi nascondo che la voglia di rimettersi in gioco: é tanta e più forte di prima.

Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
Me lo auguro, fortemente. Credo sia un momento di forte cambiamento, che possiamo scegliere se cogliere o negare. Preferisco pensare che la società cambierà, un minimo, si evolverà diventando più civile e rispettosa dell’altro, negli spazi privati, come in quelli pubblici. Più attenta alla Sanità, alle politiche ambientali, e agli sprechi, alla rivalutazione della propria daily routine, viste le uniche notizie rincuoranti date da questo lockdown. Credo molto nello Smart working, praticandolo da 3 anni e vi assicuro che é più facile di quanto si pensi. Ugualmente troverei molto interessante se molte delle categorie lavorative che devono spostarsi costantemente, diminuissero spostamenti e di conseguenza sprechi materiali e di tempo, aumentando così anche un risparmio nelle proprie tasche. Non credo in uno stravolgimento totale, non diventeremo, una nuova e avanzata ipertecnologica Svezia. Siamo pur sempre in Italia dove il cambiamento pare sempre che nuoca alla Salute. Peró forse, ci saranno più Smart-workers, più lezioni e confronti Online. Può darsi che qualche cambiamento in positivo ci sarà.

In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
BAM. Non so bene come immaginare un concerto in post Quarantyne. Tutti distanziati come pedine? Forse preferisco non immaginamerlo così. Il bello é proprio il calore della folla e del pubblico, sintonizzato sullo stesso canale. Forse sarà distopico, per i primi tempi, tutti distanziati con i propri drink in mano. Certo é che per sostenere eventi e locali, notturni e non, sarà importante non tirarsi indietro, ma andarci con rispetto e cautela, per preservare la propria salute e quella degli altri, con attenzione agli spazi e alle distanze. E se nel frattempo, ancora non ci si potrà muovere, consiglierei di fare un giro sugli shop e acquistare direttamente il merch delle band, per poterli sostenere al meglio!

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Che impatto ha avuto e sta avendo la quarantena su il vostro lavoro?
La quarantena ha un impatto super mega negativo sul mio lavoro, nonostante lo facessi da casa già prima. Il problema principale per chi si occupa di arte, che si tratti di musica, pittura, fotografia ecc. é che non potendo uscire non si hanno stimoli, viene meno l’ispirazione. Quelle poche idee rimbalzano sulle pareti di casa e finiscono risucchiate dal divano. Sono abituata a disegnare quello che fa parte della mia quotidianità, ormai non ne ho più una. L’unica nota positiva della quarantena é il tempo che si é dilatato quindi posso occuparmi dei progetti con calma e costanza, certo é che perdo subito la concentrazione, però posso rimandare a domani senza sentirmi in colpa. Non c’è più l’ansia e la corsa per la consegna dei lavori, almeno questo! Nonostante tutta questa negatività ho partecipato a diverse raccolte fondi, mettendo all’asta le mie opere così da poter aiutare nel mio piccolo.

È più complicata la gestione pratica o quella psicologica?
La quarantena non é uguale per tutti, chi ha bambini piccoli o é rimasto senza stipendio, chi una casa nemmeno la ha o chi é costretto alla convivenza con una persona violenta, questi e tanti altri si trovano tutti i giorni ad affrontare problemi pratici e psicologici. Ci sono vite diverse per questo ogni quarantena é affrontata in modo diverso. Nel mio caso il problema da gestire é di tipo psicologico, sono uscita da poco da una relazione importante,  quindi in quarantena da sola ho finito i muri su cui sbattere la testa, ho perso il sonno e vivo con il fuso orario australiano. Ascolto musica indie di merda che mi ispira disegni deprimenti, quando riesco a disegnare e non vengo risucchiata a turno dal letto e dal divano. Non poter fare niente fisicamente mi blocca  la mente e mi fa avere pensieri negativi anche sul futuro, perché non so quando davvero andrà tutto bene.

Credi che, una volta superata, ci saranno dei cambiamenti in positivo nella società (o per un cazzo)?
In un primo momento saremo tutti più umani. Credo che ci sarà un fiorire di generosità ed educazione verso l’altro, ci sarà anche molto entusiasmo per cose che prima della quarantena erano normali. Prendere un caffè al bar o leggere il menù per ore e poi ordinare sempre gli stessi piatti, cose normali. In un secondo momento quando tutto sarà tornato nuovamente normale e quotidiano, si ritornerà al puro egoismo, non ci sarà più attenzione e rispetto né per la natura ne per le persone. Sono da sempre  una persona negativa per cui non vedo l’arcobaleno del famoso “andrà tutto bene”.

In che modo noi frequentatori abituali di live e appassionati di musica possiamo o potremo dare il nostro contributo al settore?
Poco fa ho letto una frase di Stephen King che cita :” pensate che l’arte non sia utile? Passate la quarantena senza musica, film o libri” come l’arte ci aiuta a superare le giornate, ci fa compagnia (pensiamo ai musicisti che suonano in diretta sui social e chi consiglia libri o recensisce film) noi che ne usufruiamo dobbiamo aiutare l’arte a sopravvivere. I modi per contribuire vanno dall’acquisto dei singoli musicali o dei cd, all’acquisto di illustrazioni o opere fatte a mano. Quello che faccio io é aiutare gli artisti emergenti comprando le loro opere, che siano dischi o libri, e pubblicizzandoli sui miei social spero di invogliare altri a fare come me. Poi certo quando si ha la possibilità di comprare il vinile autografato di Brunori, é sempre cosa buona e giusta.

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Concept grafico @ Marco Jummy