«Da anni i miei ascolti sono prevalentemente elettronici ma non avevo mai avuto il coraggio di cimentarmi per davvero in questo genere. Quando ho iniziato a scrivere questo tipo di musica non avevo la minima idea di che fine avrebbe fatto. Di certo non mi aspettavo che nel giro di pochi mesi avrebbe visto la luce come progetto discografico. Quindi ho seguito il mio istinto, sono andato a ruota libera e ciò che è avvenuto, inconsapevolmente, è una sintesi di molte delle cose che mi sono sempre piaciute».
Dopo una carriera passata sui palchi di tutta Italia a fianco di grandi artisti, che trasposta su pellicola sarebbe una di quelle serie TV che partono con il botto e stagione dopo stagione non vi annoierebbe mai, Davide Ferrario presenta così il suo nuovo progetto artistico. Tutto è cominciato quando, lo scorso anno, l’etichetta di San Francisco Manjumasi, per la sua originalità e per la cura delle sue produzioni, gli ha proposto di cominciare un percorso insieme che oggi porta il nome di “LULLABIES”.
A 15 anni hai fondato la tua prima band, e da lì in poi per 22 anni su e giù dal palco con i migliori musicisti italiani. Ora esci con un progetto completamente solista, “si balla” meglio da soli?
Non è la prima volta che faccio il solista, a dire il vero. Nel 2011 ero uscito con un disco da cantautore. In risposta alla tua domanda, comunque, sì: preferisco lavorare da solo, il più delle volte..
Con gli FSC, ancora giovanissimi, avete accompagnato nelle registrazioni di due album e in alcuni tour il maestro Franco Battiato, continuando poi a collaborare con il maestro. Qual è il ricordo più forte di questa collaborazione che poi si è protratta negli anni?
Naturalmente il primo tour. Era il 2005, io ero giovanissimo ed abituato ai pub di provincia. L’impatto con i palasport fu adrenalinico. Quel momento cambiò definitivamente la mia vita.
Vorrei farti dieci domande solo su Battiato ma la tua carriera è così importante piena di collaborazioni che tocca proseguire… Ci faresti una miniplaylist elencando le 5 canzoni che hai suonato da turnista e non ti hanno mai, dico mai stancato?
Beh, certamente in mezzo ci sarebbero sia Battiato che Pezzali, ma non saprei dire cinque titoli. Le scalette cambiano ogni tour, quindi è davvero difficile trovare dei brani che ricorrano e scegliere tra quelli.
Ho letto un tuo post FB vagamente polemico relativo alla scaletta del 1 maggio a Roma. Hai avuto modo di vederlo? Come ti sono sembrate le esibizioni dei nuovi alfieri della musica pop italiana (quelli che si sono esibiti dopo Noel per capirci)?
Non l’ho guardato, mi spiace. Ho solo trovato assurdo posizionare Noel Gallagher, che è uno che ha fatto la storia della musica mondiale, in quell’orario. Tutto qui.
Hai partecipato sia a Sanremo come concorrente nel 2007 che come vocal coach a The Voice of Italy nel 2016. Potendone scegliere solo una quale esperienza ripeteresti e perché?
Sono due cose talmente diverse tra loro che non trovo facile sceglierne una.
Foto di Sergio Infuso durante il live al Fabrique di Milano il 16 febbraio scorso
Secondo te quale traguardo è artisticamente più importante tra raggiungere 1mln di ascolti su Spotify o suonare davanti a più di 10k persone?
Il traguardo più importante è sentirsi in pace con la propria arte. In questo contesto, anche suonare davanti a dieci persone avrà certamente ben più valore che farlo davanti a diecimila scendendo a compromessi. Per lo meno, questo è ciò che penso io. Probabilmente il 95% di chi fa questo mestiere, in cuor suo, penserà esattamente il contrario.
Poi all’improvviso la Deep House, è stato davvero come una folgorazione, quasi religiosa, come sembra o era un seme che coltivavi in te da tempo?
Ho sempre ascoltato dance. Addirittura è il primo genere musicale che mi sono cimentato a produrre, in tenera età. Prima d’ora, però, non l’avevo mai fatto con serietà, sebbene ciò che ascolto nel privato derivi prevalentemente da quel mondo sonoro. Sembra difficile da credere, soprattutto per le persone che mi seguono come musicista al servizio di cantanti. Credo che le cose siano estremamente conciliabili. Se fossi nato negli stati uniti la cosa sarebbe considerata normalissima. Qui c’è bisogno di incasellare, quindi se fai il musicista non è assolutamente possibile che tu faccia il producer di elettronica. Ti guarderanno sempre un po’ di sbieco. In questi giorni diversi dj e producer stanno usando le mie tracce nelle loro selezioni (uno su tutti, Hernan Cattaneo). Naturalmente nessuno di loro è italiano.
Come è stato esibirsi in apertura ad Infected Mushroom al Fabrique di Milano davanti ad un pubblico che per la prima volta dopo molti anni non era li specificamente per il “tuo” live?
È stato un banco di prova notevole. Ovviamente il pubblico non era il mio, anche perché non ce l’ho ancora. Probabilmente la mia musica non era esattamente coerente con gli Infected Mushroom, quindi è stato ancora più arduo salire là sopra. Alla fine l’ho portata a casa.
Il 23 maggio torni live a Milano per Big Up! Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo set?
Il mio è un live dove ho cercato di mescolare un po’ del mio mondo da appassionato di colonne sonore e di elettronica melodica con le cassa in quattro e le sonorità più deep e prog. Ho voluto sbarazzarmi del computer e lavorare con le macchine, il che è certamente un limite, da un punto di vista tecnico, ma spesso la personalità consiste anche nell’autolimitarsi. C’è tanta musica. Tutta quella che ho scritto negli ultimi mesi. Spero di vedervi.
Noi ci saremo e non dovreste mancare nemmeno voi. Big Up! è la rassegna di Mare Culturale Urbano dedicata alle giovani promesse e ai nuovi progetti della musica italiana. Questa sera giovedì 23 maggio alle 21.30 andrà in scena il nuovo show di Davide #LULLABIES, prima di lui sul palco saliranno DayKoda, Aftersalsa e ISIDE. Clicca qui per tutte le info.