Quando ho assistito allo show di Lorenzo Senni nel 2017 in BDC a Parma i primi 5 minuti sono stati respingenti, non capivo quel suo agitarsi sul palco e quella musica così potente ad orario aperitivo mi stava sembrando eccessiva. Dal sesto minuto ero già proiettato in una performance a metà tra un rave e un massaggio shiatsu sonoro in grado di sbloccarti tutti e 7 i chakra, il suo agitarsi era già diventato una danza ipnotica capace di ricordarmi l’invidia che provo per chi è in grado di ballare connettendo con precisione il proprio corpo ad ogni beat. 5 mesi dopo ero al Flow Festival ad Helsinki che abbandonavo lo show non ancora terminato di un certo Aphex Twin per non perdermi su un altro palco quello del Lorenzo nazionale (ce ne sono altri?). 5 giorni fa ho avuto la fortuna di incontrare Senni al Sónar di Barcellona, di conoscerlo di persona, dopo aver visto il live del suono nuovo progetto full band STARGATE, e di capire che su quel palco a ballare e suonare non è uno dei migliori producer al mondo che vede i suoi dischi uscire (unico italiano) per Warp Records e neanche il discografico che ha fondato l’etichetta Presto!?, ma quel ragazzino che vent’anni fa saltava con nonchalance dal pogo del Velvet alla pista del Cocoricò.
Stargate è il tuo progetto strumentale e collaborativo nato assieme al chitarrista Eddy Current che unisce la tua anima Trance a quella più Punk Rock. Che emozione è stata portarlo qui sullo stage SONARDÔME di Red Bull?
È stata davvero una bella emozione, soprattutto perché non mi aspettavo di essere nella lineup del Sónar anche quest’anno visto che dal 2013 ad oggi è la quinta volta su sei edizioni. Un’opportunità nata grazie a Red Bull che ha supportato il progetto, questa versione 2.0 di Stargate, che ha avuto il Red Bull Studio Mobile come incubatore in cui abbiamo potuto effettuare le prove e chi ha accompagnato prima di questo ai live di Matera e al Terraforma. Il SONARDÔME poi, soprattutto per una band, è davvero un bel palco. È stato figo anche se io a suonare la chitarra sono uno scarpone (ride). Io nasco come batterista solo che dopo 15 anni che non toccavo le bacchette…Alle prime prove ho comunque voluto fare un tentativo ma essendoci sequenze elettroniche da seguire che richiedono la massima precisione ho capito di non esser abbastanza allenato per suonare con il click a metronomo e ho deciso con i ragazzi di cercare un batterista. Ma, I don’t give up, “voglio comunque partecipare suonando anche uno strumento” mi son detto, e così ho imbracciato la chitarra.
Mi è piaciuto molto vederti in questa veste e il risultato è stato una bomba.
Grazie, personalmente sono molto contento perché questo è il terzo live e noi ci siamo visti per le prime prove solo a fine maggio. Da li in poi però abbiamo lavorato tanto, ovviamente si può migliorare ma l’abbiamo portata a casa.
Ricordavi poco fa che sei un veterano di questo festival. Qual è l’edizione che più ti è rimasta nel cuore?
L’anno scorso sono salito sul palco su cui ho sempre desiderato di suonare: il SonarHall, e si è rivelato un autentico show con tanto di laser e banner kabuki drop che cadevano ad un determinato momento del set. Poi quello stage ha una capienza di circa tremila persone ed era bello pieno, è stato un po’ l’apice della mia esperienza qui al Sónar che però è andata sempre in crescendo e spero continui in questa direzione.
Lorenzo Senni sul palco SonarHall nel 2018
Un artista che non vuoi assolutamente perderti in questa edizione?
È successo ieri che era davvero tanto che non vedevo uno dei miei maestri storici, Fennesz, e sono stato davvero contento di averlo sentito all’auditorium (SonarComplex), seduto, un bel concerto come si deve. Poi sinceramente ci sono tante cose che voglio vedere però ecco, Underworld che suonano Born Slippy…Dai, come puoi perderteli?
Un consiglio da te che sei l’unico italiano ad uscire per Warp Records ai giovani producer per arrivare ad etichette estere visto che il mercato discografico italiano al momento non sembra molto aperto ad innovazione e sperimentazione?
Beh io ho una piccola etichetta e tutti i giovani più talentuosi devono assolutamente prima mandare le cose a me che alle etichette estere, però secondo me la cosa importante, anche se banale, è fare, come è successo a me, le proprie cose senza cercare di prevedere il filone da seguire o la musica da fare per poi uscire su Warp o suonare in grossi festival. Comunque in questo periodo ci sono molte etichette estere che guardano all’Italia adesso, anche per causa mia, non mi dispiace dirlo, e per altri artisti italiani che si stanno mettendo in mostra nel panorama internazionale. All’estero hanno un mercato e una music industry più attivi in questo ambiente però ti assicuro che ci guardano, ci osservano.
Gli Underworld durante l’esecuzione di “Born Slippy” sul palco SonarClub
Cresciuto in Romagna diviso tra Velvet e Cocoricò, sei stato vicino a movimenti Punk Straight-Edge, segui tutt’ora questo stile di vita?
Devo ammettere che non ho mai sostenuto di essere uno Straight-Edge al 100% perché per quanto mi piacesse quell’ambiente musicale e per quanto non abbia mai fatto uso di alcol e droghe mi sembrava un po’ troppo estremo e legato come tante altre cose ad una moda. Poi ha raggiunto punti che si avvicinavano all’intolleranza, e non mi è mai piaciuto descrivermi in quel modo. Ci ho tenuto molto e ho imparato tanto ma ho trovato una mia “balance”, non è che ogni volta che mi trovo ad un festival penso “cazzo non devo bere”. Vedendo miei colleghi perdere voli a causa di hangover sono contento di aver sempre seguito uno stile di vita sano e mi ritengo fortunato, però ecco non voglio essere estremo.
Il Sónar è conosciuto oltre che per le sue lineup pazzesche per aver il pubblico più stiloso dei festival europei. La domanda di style è quindi d’obbligo. Ci dici un capo d’abbigliamento che non può assolutamente mancare nel guardaroba?
Io sono il peggior fashion influencer del mondo, mi vesto così da quando ne ho memoria. Forse giusto lo stile delle scarpe ho cambiato che quando avevo 13-14 anni erano più da skater. Per il resto jeans skinny Cheap Monday e maglia da skater longsleeve, poi immancabile il bomber che mi permetteva di essere sia nell’ambito Cocoricò e frequentare i miei amici Gabber e Hardcore Wariors sia di muovermi in contesti punk e hardcore era il bridge che mi permetteva di essere entrambe le cose.
Davvero molto bella questa tua passione trasversale per ambienti musicali agli antipodi che oggi confluisce nel progetto Stargate.
Si, io voglio tornare alla dimensione band, è più complicata e dispendiosa non solo in termini di energie fisiche per le prove richieste ma anche proprio in termini economici perché è più complicato portare in tour 4-5 persone rispetto al muoversi da soli. Però in questa mia fase la sento come una necessità e spero che anche l’ambiente musicale in generale riporti i riflettori su questo mondo, ora tutti i ragazzini – giustamente eh – vogliono fare trapper, rapper o dj e io spero che ci sia qualcuno che voglia suonare la batteria. La sensazione di un ritorno a questo mondo c’è però credo che ci vorrà ancora un pochettino.
Sono 105mila le persone che hanno partecipato a questa edizione del festival catalano, divise in 46mila al Sónar by Day e 59mila al Sónar by Night: il 52% è pubblico spagnolo, il 48% internazionale; entrambi hanno potuto godersi 140 performance di più di 300 artisti da 36 Paesi, per la prima volta provenienti da tutti i cinque continenti.