foto di copertina Rebecca Paraciani

E se la vita fosse un nastro magnetico sul quale è possibile sovraincidere, o cancellare i problemi di tutti i giorni?
Se lo chiedono Altre di B in It’s so Cool, LATO B della loro utlima uscita per Costello’s Records / We Were Never Being Boring. Tutti d’accordo, credo, sul fatto che questo ultimo anno verrebbe sovrainciso senza pietà come quel mixtape che ti ricordava tanto lui/lei e l’unico modo per uscirne era stato registrarci sopra Festivalbar Rosso per poi dimenticarlo in un cassetto. Visto che tutto questo romanticismo non ci è concesso, in attesa di uscirne e tornare a quello che più ci piace fare, giusto concentrarci sulle cose belle come la nuova musica e i progetti per il futuro, programmare un viaggio e decidere quale band assolutamente non vorremo perderci live a prescindere dai km da macinare.

Altre di B (in omaggio alla schedina del Totocalcio e al teletext) è sicuramente tra queste, dal suo debutto nel 2011 a oggi si è assicurata un posto nella composita scena della sua città natale Bologna, miscelando l’inventiva e l’energia delle sonorità post-punk delle band a cui si ispira, a una forte dimensione euforica, dalle quali scaturisce un rock nervoso, sorprendente e giubilante. Ed è proprio al racconto di un loro tour oltreoceano che affidiamo i nostri sogni di evasione mai così prepotenti come in questa stagione.

“Nel 2015 noi altre di B, insieme a Ilaria, Ginevra e Tommaso, decidemmo di spendere un po’ dei soldi che non avevamo e di lanciarci in un tour autoprodotto della costa ovest degli Stati Uniti. Partendo da Seattle avremmo disceso come i venti alaskiani la linea costiera pacifica, toccando nell’ordine Portland, San Francisco, Los Angeles e San Diego, più una quantità di piccole tappe intermedie. Per un resoconto sintetico ed emozionale del viaggio cliccate qui, per altro continuate a scorrere.”

WHY? – Strawberries
L’ATTERRAGGIO

Grazie ai G&T offerti da Lufthansa il viaggio di andata scorre placido, tra un brutto film e un pisolino. Da poco scoperti, i WHY? si sono piantati nelle nostre meningi e siamo in fissa dura con loro, quindi ascoltiamo ossessivamente Mumps, etc., un loro disco del 2012, mentre sbrighiamo le ultime formalità, ritiriamo i bagagli e mentre Giovanni viene placcato dalla sempre solerte Homeland Security e interrogato per tre ore sui motivi della nostra presenza sul suolo stellestrisciato. Rilasciato il bassista per assenza di prove, noleggiamo un transatlantico a 45 posti con più automazioni e meccatronica dello SpaceX (o, come lo chiamano loro, family van) e ci dirigiamo verso il centro di Seattle, testando l’impianto audio del nostro shuttle con Strawberries a un volume malvagio. Visto che siamo italiani, la cantiamo con la testa fuori dal finestrino.

Mac DeMarco – Salad days
SEATTLE

Per qualche giorno seminiamo il panico per Seattle, una specie di Copenhagen più bella e senza la cazzo di Sirenetta. Onoriamo i padroni di casa ascoltando regolarmente KEXP in macchina e scopriamo un sacco di musicisti incredibili che puntualmente ci dimentichiamo. Mac DeMarco (che nel 2013 per una serie di strane coincidenze ha indossato una maglietta di proprietà di Alberto dopo un concerto al Covo Club di Bologna) ci accompagna dalle casse mentre scopriamo che la marijuana è da poco legale nello Stato di Washington. Acquistiamo dei cioccolatini infusi di THC. Giriamo fattissimi per il Seattle Museum of Pop Culture, un posto incredibile che mescola cimeli musicali e cinematografici, e ci mettiamo a suonare nella sala prove allestita per i visitatori. Perdiamo Giacomo, abbattuto dalla sindrome di Stendhal davanti alla chitarra di Kurt Cobain.

Nirvana – Come as you are
RAYMOND

Ci spostiamo verso Raymond, dove abbiamo il primo concerto del tour. Raymond è una cittadina che sta a sud est di Seattle, alla foce del fiume Willapa, a un tiro di schioppo dalla Aberdeen dei Nirvana. Siamo emozionatissimi. Quando arriviamo sul posto scopriamo che il concerto si sarebbe tenuto dentro a una chiesa sconsacrata, bellissima e spoglia, e che gli organizzatori fanno parte di una specie di comune di freaks dei boschi. Suoniamo con i sintetizzatori appoggiati all’altare, mentre davanti a noi i bambini dei fricchettoni giocano e si rincorrono a piedi nudi nell’ex navata. Ci vogliamo tutti bene. Il giorno dopo ripartiamo verso Seattle per il secondo concerto, non senza la foto di rito.

Bob Sinclair e Raffaella Carrà – Far l’amore
GRANT’S PASS

Entriamo in Oregon e ci dirigiamo verso Portland, che sembra sopravvivere esclusivamente grazie ai negozi di biciclette a scatto fisso, i birrifici artigianali e i cafè dove ragazzi barbuti e ragazze cool come Zooey Deschanel lavorano sui loro Macbook. Ci piace da morire, ma la lasciamo subito per dirigerci verso Grants Pass, manciata di case al confine con la California dove si trova il G Street, ristorante/sushi bar che ci aspetta per la data. Il gestore è un matto di 35 anni che ci ospita nel solaio sopra al locale. Suoniamo insieme a Moxy & The Influences, che il giorno prima avevano un concerto in Arizona, a migliaia di chilometri di distanza. Il grosso della band arriva in aereo insieme a Moxy, mentre il batterista e fonico, partito in furgone con gli strumenti la sera precedente dopo il live, si presenta dieci minuti prima dell’inizio del concerto fresco come una rosa e suona picchiando le pelli come se ci fossero delle questioni non risolte tra loro. Il gestore matto apprezza il nostro show e ci ricompensa con un assegno da 100 dollari e una cassa di birra ad alta gradazione, che beviamo stravaccati sui pouf del solaio. La serata finisce con Ginevra sbronza che canta Raffaella Carrà in mezzo alla strada deserta di Grants Pass.

Scott McKenzie – San Francisco (be sure to wear flowers in your hair)
SAN FRANCISCO

Entriamo in California e l’emozione è tanta. L’aria sa di oceano, sequoie e colossi dell’hi-tech. Ci avviciniamo a San Francisco, e proprio mentre saliamo sul Golden Gate Bridge Ilaria decide che è il momento giusto per ascoltare Scott McKenzie. Piangiamo. La città è affascinante, piena di matti e senzatetto, di dossi e di vento gelido. Imitiamo i leoni marini al porto, ci facciamo le foto sulla famosa strada tutta curve e troviamo il murales da cui nasce tutta l’idea del nostro nuovo album: è una nuvola stilizzata con dentro scritto “It’s a cloudy day in San Francisco”. Dormiamo nell’AirB&B di una coppia gay a Twin Peaks, e la nostra amica Linnea, un’autoctona che abbiamo conosciuto a Roma, ci dice che quella è la zona bene della città. “Probabilmente i vostri vicini sono attori di Hollywood, musicisti o politici”, ci dice mentre giochiamo a frisbee in un parco. Lei è fortissima e gioca nella squadra di extreme frisbee della sua università. Decidiamo che vogliamo passare una serata tranquilla e ci rintaniamo nella nostra mansion sui colli vista Golden Gate, mangiando pizza e guardando Jumanji a nolo. Che film, cazzo.

James Newton Howard – Escaping the Smokers (from “Waterworld” soundtrack)
LOS ANGELES

Los Angeles è come il polistirolo espanso: enorme, a bassa densità e tutto sommato non particolarmente piacevole. Però troviamo Amoeba Music, uno dei negozi di dischi più grandi del mondo. È un capannone sconfinato (come tutto negli USA) pieno di CD, vinili, magliette, cassette, poster, locandine e cianfrusaglie legate alla musica. Ne usciamo con gli zaini pieni di dischi. Timbriamo il cartellino sotto l’enorme HOLLYWOOD piantata sul fianco della collina, dove ci incazziamo con una macchina di compatrioti che approfitta della ressa per saltare la fila e parcheggiare dove non si può. Metà gruppo decide di investire 80 dollari nel biglietto d’ingresso al parco tematico degli Universal Studios, mentre l’altra metà li sfotte preferendo andare a vedere Malibu. Risultato: gli Universal Studios sono un luogo magico che accoglie Ginevra, Ilaria e Giovanni in un turbine di emozioni, che culmina con lo spettacolo degli stuntman ispirato a Waterworld, lasciandoli bagnati fradici e felici come bambini a Natale. Andrea, Giacomo e Tommaso passano sei ore in coda e pisciano in una bottiglia di Gatorade.

Skiggy Rapz – Satellites
RITORNO

La familiare sensazione del viaggio che volge al termine ci stringe nel suo abbraccio agrodolce, mentre cerchiamo di stivare tutto quello che abbiamo comprato nelle valige malconce prima dell’imbarco. Per fortuna nello scatolone “Tutto a 3$” di Amoeba abbiamo trovato un disco di un certo Skiggy Rapz, comprato sulla fiducia. Si rivela essere un rapper sconosciuto e brutto, ma quel brutto che ti prende bene, e allora lo mettiamo su e lo cantiamo fino all’aeroporto fingendo di essere dei locals. È finita, ma torneremo. È una minaccia.