Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.
Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.
Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.
Big Mountain County, Where are you?
Pattern psichedelici, gilet di scamosciati, baffo prepotente e capelli lunghi e scompigliati. Non siamo ritornati indietro negli anni Settanta (o quasi) ma stiamo parlando dei Big Mountain County (foto di copertina) che con la loro “Where are you?” ci fanno immergere in sonorità psych e analogiche di ispirazione internazionale; chitarre e riff sintetici ci portano immediatamente sulle coste di una California illuminata da luci caleidoscopiche e lisergiche.
Vinnie Marakas, Rrose Sélavy
Sembra uscito anche stavolta dagli anni Settanta, Vinnie Marakas, con una tuta e una chioma che ricorda quella bianca indossata da Elvis Presley in un famoso concerto a Las Vegas. In “Rrose Sélavy”, però i suoni sembrano provenire dal futuro: una combo irriverente e provocatrice che ricorda proprio lo stile dadaista. Non a caso, infatti, il titolo riprende proprio dallo pseudonimo con cui si faceva chiamare Marcel Duchamp: un nome che cambia significato e senso a seconda dell’angolatura, un po’ come per il singolo di Marakas.
Raele, Rame
Tutto è color rame. Lo dice la canzone stessa di Raele. E tutto infatti sembra essere ripreso da un obiettivo analogico: le immagini, le parole e i suoi di “Rame” sono solo delle sfumature in negativo su una pellicola ancora da sviluppare. Diapositive che si susseguono come tappe di un lungo viaggio. Quello di Raele sembra però soltanto appena all’inizio!
Galea, Come gli americani al ballo di fine anno
Stars and stripes per l’artista Galea che ci regala in questi fine settimana di uscite il suo nuovo EP “Come gli americani al ballo di fine anno”. Ed è subito abiti pallettati, corone e braccialetti ricoperti di fiori, sfarzo…e invece no. Galea invece mantiene costante, nonostante i riferimenti, il suo stile sobrio ma con gusto. Ce l’immaginiamo al ballo delle debuttanti vestita col suo abito migliore, fatto solo di “tutte le cose belle” che ha sempre voluto finora.
Marta Tenaglia, Osmanto
Bianca come il colore dell’Osmanto e iridiscente come una divinità scesa in terra, Marta Tenaglia veste i panni di una ninfa della fertilità per il suo nuovo singolo. Eterea e onirica come la sua voce, Marta anche stavolta si distingue per la ricerca di stile, non solo in materia di vestiti, quanto piuttosto per le sonorità che spaziano dall’elettronica al pop, passando per le distorsioni della voce che ci riportano subito ad una Imogen Heap del 2005.
Apice, Geronimo
Lo abbiamo visto nelle vesti di sé stesso, in quelli di una poesia nuda e cruda e ora lo ritroviamo nuovo ma sempre fedele a sé stesso nei panni di Geronimo. Stiamo parlando di Apice, che col suo nuovo singolo ha fatto breccia nel nostro cuore come le frecce degli indiani della sua canzone. Una canzone che è un inno alla libertà quella feroce, animale e che forse, proprio in quanto tale non riusciamo a farla nostra, o almeno non del tutto. intanto respiriamo un po’ di aria fresca con il suo ultimo singolo, “Geronimo”.
Moseek, Fire
Paillettes scintillanti e trame animalier per il duo Moseek che ritorna sulla scena con un outfit ruggente e rock n roll come pochi. Il loro nuovo singolo, “Fire”, ha un ritmo vibrante ed energetico: la batteria si mescola alla voce forte e decisa dell’artista. Un mood che ricorda quel mood brit rock e indie rock del 2010, a cui sono particolarmente legata. Uno stile di cui si sentiva davvero la mancanza, almeno in Italia.