Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Bluem, Lunedì

“Lunedì” è il brano apripista nel mondo di Bluem, artista che si fa notare sin dal primo istante per il suo stile che fonde alla sacralità della tradizione sarda la sperimentazione della musica pop e trap prettamente radicata nel presente. A rendere questo connubio ancora più affascinante  c’è Bluem, che col suo abito bianco ricorda i costumi tradizionali dell’isola, al centro tra le maschere dei Mamuthones e Issohadores, che come lo yin e lo yang, come il bianco e il nero della vita, danzano sulle note catartiche per rovesciare, almeno in questa occasione magica, i ruoli sociali che la società ci impone. Insomma, “Lunedì” diventa anche per noi il momento in cui poterci finalmente spogliare dei nostri abiti per essere veramente noi stessi.

Germanò, Jesse the faccio, Sapiens

Più che una questione di stile, quella di Germanò e di Jesse the faccio è una questione d’arte: un quadro di Egon Schiele, le serigrafie di Andy Warhol, le pitture rupestri, la musica chill, i synth del 2021, tutto ciò cosa ha in comune secondo voi? La risposta non può che essere “la connessioni tra sapiens”, tra tutti gli uomini “sapienti”, che hanno saputo come distaccarsi dall’istintualità animalesca per sublimare la propria conoscenza attraverso l’arte. E che cos’è l’arte se non l’espressione delle nostre sensazioni più profonde e archetipiche che accomunano le generazioni attuali all’uomo delle caverne?

Dolcedormire, Strega

Dolcedormire stile trap ma vestiti da strega, questo il modo con cui l’artista ci accoglie tra le sue braccia come fossero dei rami in un rogo di sofferenze. La dualità del goth e quella dell’urban riescono però a tenersi ben stretti nella magia creativa della musica, che diventa l’unica arma di salvezza per un giovane che non riesce a riconoscersi in una società troppo moralista. Cappello a punta, mantello e al posto della bacchetta magica una tastiera, perché, sì, esistono nuove forme attraverso cui poter attivare i propri poteri supernaturali e sicuramente una di queste è la musica.

Tropea, Blu

I Tropea si svestono dei loro abiti anni Novanta, coloratissimi e dai colori vividi per abbracciare una sola sfumatura cromatica che possa rappresentare il cambiamento di rotta musicale (chi sa) della band. Ecco che i Tropea si tingono di blu, colore che dà anche il titolo al loro nuovo singolo. Blu come la malinconia di un amore non corrisposto, blu come l’oceano in cui vediamo affogare tutti i nostri sentimenti negativi. Eppure, i Tropea non abbandonano del tutto lo stile bedroom pop che li ha da sempre contraddistinti, per farci naufragare dolcemente sulle note di questa ninnananna dei cuori infranti.

Canarie, Universo

Non poteva che rapire la mia attenzione Canarie, la coppia esplosiva che lavica sempre di tracce innovative e dal retrogusto psychedelic pop. “Universo”, il loro ultimo singolo e può già lasciarci immaginare a cosa stiamo andando incontro: basteranno la luna le stelle e i pianeti a tessere il vestito spaziale di Andrea e Paola? Assolutamente no. Dobbiamo aggiungerci i colori sgargianti e immagini serigrafate (che fanno onore alla pop art e a Andy Wharol) che costellano singolo di tante immagini colorate e luminescenti, simili appunto a quei corpi celesti, che gravitando nell’universo, un po’ somigliano a noi esseri umani, che muovendoci evolviamo sia interiormente che esteriormente, fino poi ad esplodere come delle comete nello spazio infinito.

Avarello, Mentre ballo mi annoio

Veste di semplicità, di verità il cantautore siciliano Avarello. Zero fronzoli, nessun capo luccicante, nemmeno una giacca con i glitter, perché appunto Avarello mentre balla si annoia, e allora a cosa serve un vestito da discoteca? A cosa serve attirare l’attenzione su di sé quando non si riesce a brillare di luce propria? È per questo che l’abito migliore lo fa la naturalezza, a volte anche il minimalismo, e quando c’è chi racconta con verità del proprio mondo, interiore ed esteriore, non ha bisogno di altro abito migliore di questo.