Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

Umarell, Cowboy

“Cowboy” di Umarell è viaggio polveroso tra malinconia e ironia, dove l’estetica western incontra un songwriting dal sapore surreale. Il brano alterna momenti riflessivi a esplosioni strumentali che sembrano rincorrersi in un deserto sintetico, tra chitarre riverberate e un groove sornione. La voce, sospesa tra disincanto e nostalgia, dipinge un personaggio solitario ma affascinante, immerso in un mondo che oscilla tra il reale e il cinematografico. Il risultato è un perfetto equilibrio tra la leggerezza e la profondità.

Danxgerous, Venom

“Venom” di Danxgerous è un brano manifesto di resistenza emotiva. L’energia dell’indie-rock si mescola a una ritmica spezzata e a un incedere volutamente frammentato, come a simboleggiare il percorso accidentato di chi sceglie di non piegarsi. Il brano ti travolge con una naturalezza magnetica. La voce è fragile e sicura al tempo stesso, ti stringe a sé, come un singolo che è difficile da dimenticare.

North of Loreto, Alex Fernet, Disco

Un’esplosione di groove e synth nostalgici: “Discoè la sintesi perfetta tra il gusto raffinato di North of Loreto e l’energia funky di Alex Fernet. Con questo brano entriamo nel city pop contemporaneo, con bassline pulsanti e un’atmosfera che evoca il desiderio di evasione notturna. Alex Fernet fonde quindi con maestria l’anima vintage del boogie con un attitude più moderna e contagiosa.

C+C=Maxigross, Adattamento

Immaginate di chiudere gli occhi e finire in un incubo tribale e distopico, immersi in una danza rituale su un pianeta in rovina. Il nuovo brano dei C+C=Maxigross (foto di copertina), che segna il loro gran ritorno, fonde ritmiche techno e sax distorti, synth dissonanti e cori ipnotici, culminando in un mantra liberatorio dal sapore quasi apocalittico. Un’esplosione sonora primitiva e futurista al tempo stesso, che anticipa un disco carico di tensione e trasformazione.

Cólgate, Asteria

Con un sound che mescola shoegaze, chiptune e riferimenti ai Pavement e Smashing Pumpkins, “Asteria” dei cólgate è un flusso di coscienza spontaneo e malinconico sull’adolescenza, fatto di prime volte, fughe immaginarie e tentativi di trovare il proprio posto nel mondo. Una confessione a cuore aperto che ci rapisce e con cui non possiamo non empatizzare.