Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.
Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.
Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.
Claudym, Joanne
Felpa, pantaloni baggy in stile hip hop, inconfondibili capelli verde acido. Ecco che Claudyum ci presenta il suo nuovo singolo “Joanne”, una ballad in stile del tutto personale dedicata a tutte le amiche (l’ideale eppure così realistica Joanne) a cui si danno tutti i consigli del caso e che puntualmente vengono ignorati. Ma le amicizie è proprio così che vanno avanti, no? (foto di copertina (c) Claudia Campoli)
Flame Parade, One Of These Days I’ll Steal Your Heart
Colori caldi, contorni sfumati e poco nitidi si perdono in ambientazioni da sogno. Questo il mood che trasmette il nuovo singolo dei Flame Parade, “One Of These Days I’ll Steal Your Heart”. Sonorità dream pop si mescolano a quelle shoegaze dal sapore molto internazionale. “One Of These Days I’ll Steal Your Heart” non può che assumere le connotazioni del sogno: è il racconto infatti di tutta l’idealizzazione tipica dell’inizio delle relazioni. Resterà tutto per sempre così?
Mombao, Bakchalarde
Fiori in pixel, mani che si decompongono in tanti piccoli quadratini digitali: questa è l’immagine simbolo della crasi tra tradizione e innovazione che è alla base del duo Mombao. Stavolta li ritroviamo con “Bakchalarde” rivisitazione del canto tataro che è stato condiviso ad Anselmo (Mombao) dalla cantante polacca Annalia Bellan. “Da una dimensione di orchestra di percussioni e voci folk si viene proiettati attraverso un varco temporale in un club berlinese pieno di luci viola intermittenti e corpi sudati che ballano.” Un’epifania che si fa musica, un’idea che si concretizza in realtà.
Maura, Terra Bruciata
Vestita da sacerdotessa, velo bianco e come arma la propria musica, stiamo parlando di Maura e del suo nuovo singolo “Terra Bruciata”. Una ballad che riprende molto dalle sonorità indie questa volta e che intesse la propria tela narrativa sul concetto di casa, visto sia nella sua accezione positiva che anche negativa. Un punto di vista diverso da parte di un cuore troppo onesto.
Oratio ft. Dente, Foto
In tutta la sua semplicità stilistica Oratio torna stavolta con Dente con un nuovo brano, “Foto”. Li vediamo entrambi infatti uscire come da una diapositiva non troppo sbiadita dal tempo, riportata al giorno d’oggi e che conserva ancora intatta tutta la freschezza del momento. Oratio cerca infatti di far conoscere, a modo suo, la musica di Enzo Carella, si fa dunque da ponte tra una generazione e l’altra, aggiungendoci come sempre un tocco decisamente unico e personale.
Corinna, Tagliamo i ponti
Maglione a righe oversize, colori sgargianti, mary jane rosse, sembra quasi star fuggendo o rifuggendo qualcosa: Corinna si presenta così per il suo nuovo singolo “Tagliamo i ponti”. Un brano che unisce suoni di ispirazione drumm &bass , batterie indiane insieme alla soave voce dell’artista senese. Una presa di coscienza forte dopo la fine di una storia: la voglia e la consapevolezza di tagliare tutti i ponti e recidere con il passato.
N.A.I.P., Dovrei dire la mia
Ritorna l’eclettico e stravagante che si cela dietro l’acronimo di “nessun artista in particolare”. Eppure, nel suo nuovo EP “Dovrei dire la mia”, N.A.I.P. sa perfettamente come farsi riconoscere in quanto a particolarità: i quattro brani dell’EP mettono insieme batterie tarantolate, fischi, voci al limite della pièce teatrale, urla in riva al mare, giochi di parole e il canto di una donna che apre e chiude la raccolta.
Castelli, Anni Venti
Ricorda quasi un non luogo rappresentato da Castelli, che si dipinge di colori pastello, un po’ sbiaditi come quelli degli “Anni Venti” raccontati nell’omonimo disco. “Anni Venti” racchiude in uno luogo che può contenerne in sé mille altri e tutti diversi ma allo stesso tempo anche tutti uguali e tutti che hanno in comune le stesse tematiche, che come un sottotesto ricorrente intessono argomenti che sono in grado di mettere d’accordo qualsiasi epoca.