Lontana dall’intento di scrivere un masterpiece della letteratura italiana, ho voluto comunque riprendere dal buon vecchio Thackeray (e non da Marchetti, attenzione) la serialità delle narrazioni che si susseguono in Vanity Fair e su quella falsa riga costruire un altro tipo di storie.

Anzi, più che storie, le mie vogliono essere delle immagini che cercano di legare alla musica di un brano le sue possibili evocazioni di ambito stilistico, tale che, in questa fiera della vanità, a sfilare siano gli artisti vestiti delle loro note, dei colori invisibili che solo con un orecchio attento si possono percepire.

Sulla passerella della vanità, lasciamo che a succedersi sul catwalk (di artisti e musicisti), sia invece la nudità dell’indie.

I Hate My Village, Gibbone

Anche stavolta sono gli I hate my village a creare uno stile e non a seguire le mode. Muse di sé stessi il gruppo che annovera tra i suoi componenti una buona parte degli artisti più validi in territorio italiano al momento, sembra non indossare una nuova veste, al contrario le ambientazioni tribali, i rimandi alla world music e i suoni come sempre catartici li denudano ad uno stadio originario e primitivo come quello privo di congetture sociali e costrizioni mentali che spesso non fanno altro che annientare la musica contemporanea.

Blumosso, TG

Si scrive “Tg” si legge “Di questi e d’altri amori”: stiamo parlando del nuovo singolo di Blumosso che chiude come un sigillo il trittico iniziato con in brano “Vabeh”. Se proprio dovessimo attribuirgli un outfit azzeccato, io opterei per qualcosa di comodo, tuta e pantofole da casa, questa combo vi ricorda qualcosa? Ma certo, il nostro vestito migliore durante il lockdown, come quello che ha ispirato l’artista per la stesura della canzone. Momenti che sembrano essere durati una vita e un anno che sembra non essere mai stato vissuto per davvero; questo e d’altri amori appunto è il nuovo lavoro dell’artista pugliese.

Paul Giorgi, Cicale

Componiamo con Paul Giorgi, singolo dopo singolo, una giungla musicale fatta di tigri, gazze e “Cicale”. Non ci vestiamo da safari, piuttosto ci spogliamo e ci mettiamo il costume da bagno, perché “Cicale” è un singolo che non mira all’avventura quanto al mood chill e lo-fi, come tutta la produzione di Paul Giorgi. “Cicale” poi sa d’estate, eh sì, perché a pensarci bene quale miglior sottofondo delle nostre vacanze al mare se non quel gracidare ininterrotto di questi insetti verdi? Magari verdi fluo, come quella della copertina.

Heren Wolf, Sun God

Le ore di luce stanno già diminuendo, le giornate si accorciano e quindi arriva Heren Wolf a portare un po’ di sole con la sua luminosa “Sun God”. Entriamo nella sua galleria di quadri e singoli accomunati dalla bellezza evocativa della voce dell’artista. Un suono che si fa colore, una voce che si fa pittrice di immagini astratte che sembrano rappresentare le sfumature dell’anima. Associare un suono ad un colore può avere fini catartici e meditativi, immagino che un “Sun God” di cui ci parla Heren Wolf non poteva non saperlo!

 

DANU, è stato bello

Una canzone che porta con sé tutte le sfumature del tramonto, di quella golden hour che inevitabilmente ci rende tutti un po’ romantici. Stiamo parlando di “è stato bello”, ultimo singolo di Danu, un artista che proprio sulla malinconia del passato ha saputo costruire tutta la gioia del suo presente. “è stato bello” somiglia ad una polaroid sbiadita, come quella conservata in un cassetto e nascosta da polvere e ricordi ammucchiati. “è stato bello” lo diciamo anche noi dopo aver ascoltato in loop questo singolo, che racconta anche un po’ di noi, anche un po’ di te.