Calabi è Andrea Rota, bergamasco, classe ’86, da una decina di giorni al top della “Scuola Indie” su Spotify. Il singolo Bleu ci ha fatto innamorare di lui e siamo andati a intervistarlo per farvi scoprire chi c’è dietro uno dei progetti indipendenti più interessanti del momento.
Ciao Andrea! Parlaci di chi si nasconde dietro Calabi.
Ciao! Sono sono Andrea Rota e Calabi è il mio progetto solista, nato dalla necessità di esprimere la mia doppia anima. Nella vita sono un fisico teorico, scrivo libri, insegno la matematica ai bambini e faccio il cantautore. Ho una vita piena!
Non si incontra spesso un cantautore laureato in fisica. Dicci di più…
Lo so, potrei sembrare un pazzo ma la mia vena artistica ed il mondo scientifico trovano una sintesi perfetta, per quanto possa sembrare strano. La fisica è qualcosa di estremamente creativo e stimolante, così come la musica. È anche il motivo che mi ha spinto a “prendere in prestito” il cognome di Eugenio Calabi, uno dei padri della teoria delle stringhe, su cui ho fatto il dottorato. Dopo il dottorato mi sono trovato a lavorare con i bambini quasi per caso e mi sono reso conto che sono attratti soprattutto dalle cose belle. Ho capito che l’estetica ha un ruolo fondamentale nel veicolare i contenuti. Qualcosa di esteticamente accattivante incuriosisce e stimola la mente. La matematica, come la scienza in generale, ha una bellezza intrinseca che troppo spesso viene svilita dall’insegnamento. Quindi nella vita insegno la matematica ai bambini ma cerco di non renderla noiosa.
Andrea Rota, in arte Calabi
Qual’è il tuo rapporto con la musica?
Quando faccio musica ho un approccio molto poco “matematico” e per niente programmato. Mi lascio andare e tiro fuori quello che ho dentro. La musica per me è un’urgenza, qualcosa che avverto. Arriva all’improvviso, da dentro, prendo una chitarra, un piano e tiro fuori tutto. Questi due lati nella mia vita sono mescolati in modo totalmente caotico. Non c’è niente di prestabilito.
A proposito di numeri, per una decina di giorni sei stato al 1° posto della “Scuola Indie” su Spotify. Che effetto fa? Cosa ne pensi della musica italiana?
Sono felice. È stata una grande sorpresa. Mi sono affacciato al panorama musicale italiano da poco, almeno con questo progetto. Spero sia di buon auspicio per il futuro. È un momento molto prolifico, ci sono tantissime nuove uscite e non è facile farsi strada. Ormai le playlist su Spotify sono uno dei canali principali per farsi conoscere al grande pubblico, era tantissimo che non si vedeva in Italia così tanto fermento. Soprattutto mancava la gente appassionata alla musica di artisti nuovi. Oggi anche grazie alla trap, all’hip-hop, ai nuovi cantautori i giovani sono tornati ad appassionarsi alla musica e questa è una cosa che mi rende entusiasta.
Parliamo di “Bleu”, l’ultimo singolo che hai pubblicato. Com’è nato? Cosa si nasconde dietro questa canzone?
“Bleu” è nata dalla fine di una relazione, in un momento in cui mi sono trovato sospeso, una sensazione strana che non sapevo come affrontare, mi sentivo senza corazza. Parla di me, di una storia durata anni con cui sono cresciuto e diventato adulto ma che ad un certo punto è finita. L’ho scritta in 2 minuti. Ce l’avevo dentro la pancia, è uscita di botto così… non so neanch’io di preciso. Però sono convinto che per un artista un momento difficile o qualcosa che ti crea inquietudine rappresenti sempre anche un’enorme fonte di ispirazione, una sorgente di creatività.
Parliamo del sound di Calabi. Da dove viene? Chi ti ha ispirato per questi brani? E chi c’è dietro le quinte di questo progetto?
Io mi definisco un cantautore “classico”: prendo la chitarra o mi siedo al piano e scrivo canzoni, non mi occupo del resto. La produzione dei miei pezzi è curata da Federico Laini, mio compagno di avventure nei Plastic Made Sofa. Il merito va a lui, gli ho lasciato carta bianca sulle produzioni. Sicuramente siamo stati influenzati da quello che passa alla radio, dai suoni trap e hip-hop al pop più radiofonico. Non saprei identificare precisamente un artista o un riferimento a cui è legato il sound di Calabi. Sicuramente possiamo dire che facciamo pop e che ci piace l’elettronica.
3 pezzi che hai ascoltato in loop mentre lavoravi alle canzoni?
1) Je Te Voglio Bene Assaje di Liberato, l’ho ascoltata venti volte di fila e impazzivo ogni volta che passava in radio. Non so come mai ma è un pezzo che mi ha colpito tantissimo.
2) Paracetamolo di Calcutta. Ero nella stanza a fianco quando è partita alla radio, mi sono alzato in piedi e ho gridato al miracolo. Il testo mi ha steso.
3) Frigobar di Franco126
Cosa ti aspetti e cosa dobbiamo aspettarci da Calabi nel 2019?
Sono molto carico. Ho tantissima roba in programma. A febbraio arriva un EP, in Marzo e Aprile altri due singoli e poi in estate un altro singolo. Ho un’agenda fittissima e ho tantissime cose per la testa. Nonostante questo sto continuando ad andare in studio per lavorare a nuovi pezzi. Non mi fermo mai. Entro il prossimo autunno arriveranno anche le prime date ed inizierò a portare le canzoni dal vivo. Voglio fare un live di livello ed uscirò solo quando mi sentirò pronto. Senza fretta.