Lucio Corsi Cosa faremo da grandi?

 Usare l’immaginazione stanca, ma è stancante anche chi non la usa.
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Ciao Lucio, come stai vivendo questi giorni? Ora che Cosa Faremo Da Grandi? è finalmente uscito, sarai bello indaffarato…

È un periodo intenso, ho un po’ di cose da fare, ma va benissimo così…Martedì torno in Maremma, a casa mia, per le prove del tour con la band. Sono carico.

Eravamo a Niente Di Strano quando lo hai presentato in anteprima e si capiva subito che sarebbe stato un album molto diverso e lontano da Bestiario Musicale che era dichiaratamente un concept album. Sei passato dagli animali agli uomini. Partiamo da qui.

Il Bestiario Musicale era un discorso a parte, essendo un concept album aveva bisogno di un tipo di sonorità diverso e studiato ad hoc. Amavo già il glam-rock, ma per parlare di storie notturne e di animali che appaiono e scompaiono sulle strade di campagna come fantasmi, non sarebbe stato opportuno. Per il nuovo disco ho scelto di proposito di non ripetermi, non volevo perdermi di nuovo in un concept album. Questa volta ho fatto un album “classico”, in cui ogni canzone ha una storia sua.

Quando sono nate le canzoni di questo disco?

Vengono da periodi e situazioni molto diverse. Onde ad esempio è molto vecchia, devo averla scritta cinque o sei anni fa mentre Cosa Faremo Da Grandi avrà un anno al massimo. Le canzoni sono come le persone, appartengo a momenti molto diversi della mia vita ma in qualche modo stanno bene insieme quando le metti in fila. Hanno anche sonorità molto diverse infatti, Freccia Bianca ha le chitarre distorte, Senza Titolo è un talking blues alla Woody Guthrie. Di questo devo dire che sono davvero contento, amo i dischi in cui si passa da un mondo sonoro ad un altro di canzone in canzone.

Quindi è stata una vera e propria evoluzione rispetto al Lucio che abbiamo conosciuto fino a qui… 

Esatto, ridursi a ripetere qualcosa che ha funzionato è sicuramente la strada più semplice per un artista ma per quanto mi riguarda è anche la più sbagliata. Se mi devo ripetere è una noia, il bello di questo mestiere è scoprire strade nuove, cambiare sempre ed esplorare quello che non conosci.

Parliamo della Luna. È un elemento ricorrente nella tua poetica. Nel primo disco ci hai mandato una Lepre, ora ci hai fatto piantare la testa di un ragazzo che sa volare. Cosa significa per te?

Potrebbe sembrare strano, ma in realtà non sono così appassionato di astronomia, ho passioni molto più grandi. Però sicuramente è un elemento molto presente, forse perché in mezzo ai campi in Toscana, quando sono a casa mia dove ho il mio studio e scrivo canzoni, la Luna si vede molto bene, è qualcosa di presente, con cui tutti devono fare i conti… a differenza di Milano dove si sa che esiste ma non si vede mai. Nelle città sembra che a contare siano solo le persone e loro storie o le loro tragedie, ma la Luna è reale tanto quanto un palazzo,  sta lì e si fa la sua vita come tutti.

Ascoltando Cosa Faremo Da Grandi? ho pensato subito a Le Antologie di Spoon River e all’album Non Al Denaro Non All’amore Né Al Cielo di De Andrè, in cui personaggi emarginati, strambi ed incompresi diventano il pretesto per indagare la società che li circonda. Ti ci rivedi? Che cosa rappresentano personaggi come Bigbuca, Amico Vola Via o La Ragazza Trasparente?

De Andrè è stato importantissimo nella mia formazione, fu mio padre a passarmi le cose essenziali quando ero piccolo. Mi ricordo le sue canzoni in macchina mentre andavo alle elementari. Di sicuro mi è servito, lo apprezzo molto. Ho una riflessione a riguardo: oggi tutti parlano di sensazioni e stati d’animo collocati in un’ora precisa, di un giorno preciso… come se ci fosse un’attualità delle emozioni. Invece gli autori del passato, la vecchia scuola, parlava di storie di personaggi senza tempo… penso alle canzoni di Paolo Conte che risultano attuali ancora oggi. Quando scrivi una canzone, così come quando dipingi un quadro, sei libero, perché limitarsi ad immaginare qualcosa che è ad un metro da te? Mi piace viaggiare con la fantasia, stravolgere quello che normalmente è dato per scontato o dare un nuovo punto di vista sulle cose.

Qualche giorno fa hai postato nelle stories le foto di icone del glam-rock come Peter Gabriel nei Genesis e Brian Eno nei Roxy music. Ti rifugi nella musica del passato per scappare da quella di oggi? Che rapporto hai con la musica contemporanea?

È più che altro una questione di gusti. Mi piace l’estetica di quegli anni e amo quel tipo di musica. Per me è anche fondamentale studiare la musica del passato, mi serve da lezione, non mi preoccupo molto della musica di oggi e di quello che mi succede attorno. Certo ci sono cose che apprezzo anche nella musica contemporanea, ma la maggior parte della musica che ascolto viene dal passato: T-Rex, Bob Dylan, Roxy Music ecc. Non mi interessa farmi influenzare dalle mode del momento. Voglio fare cose in cui mi rispecchio e di cui posso sentirmi fiero anche tra 10 anni. Non avrebbe senso fare questo lavoro se dovessi seguire le mode del momento. Significherebbe impazzire per seguire qualcosa che comunque non mi appartiene.

Si vede che sei un puro di cuore, non sono in molti a pensarla così oggi.

Mi fa piacere che anche tu la veda così, ma non è che mi impongo questa cosa, lo faccio per stare bene ed essere in pace con me stesso. La cosa che più di tutte mi gratifica è aver fatto uscire un disco di cui sono fiero e soddisfatto, senza avere rimpianti e senza essere sceso a compromessi del cazzo..

Il tuo nuovo album è prodotto da Francesco Bianconi dei Baustelle, c’è un lavoro molto importante di orchestrazioni ed arrangiamenti che lo rendono anche un disco complesso dal punto di vista della produzione. Cosa dobbiamo aspettarci dal tour? Un’orchestra sinfonica?

Saremo in 6 sul palco, una formazione abbastanza classica ma comunque allargata. Le canzoni sono molto “piene”, volevamo portarle dal vivo cercando di avvicinarci il più possibile a quello che è il disco. Però non rinuncerò a qualche parentesi chitarra e voce perché è una cosa che amo fare, lo faccio da quando avevo 15 anni, mi piace e mi diverte quindi qualche canzone da solo vorrei farmela. Il tour comunque è full band e sarà abbastanza rock ’n’ roll.

Sarà la prima volta in cui suoni dal vivo con una band al completo?

Non proprio, per Bestiario in due occasioni suonai con la band, una a Roma e una a Milano, eravamo in 5.

In quale dimensione ti senti più a tuo agio?

In entrambe, per motivi diversi: con la band dietro c’è gusto perché il live è bello pieno, suonare con gli altri è divertente, ma da solo ti prendi i tuoi tempi, nessuno ti rompe le palle insomma…

Dalle tue canzoni si capisce che ti piace giocare con le parole, sembra sempre che tu stia dipingendo dei quadri. Oltretutto l’illustrazione è una parte fondamentale del tuo percorso artistico, le copertine dei tuoi dischi le dipinge tua madre. Se invece di scrivere canzoni avessi fatto il pittore, chi avresti voluto essere?

Direi Emiliano Furia, il mio coinquilino. Fa soggetti, paesaggi e cose così ma ha uno stile tutto suo, mi piace molto.

Senti Lucio, ma quindi…Che cosa farai da grande?

La cosa che mi ha convinto a chiamare il disco così è stato proprio il contrasto con il fatto che al primo ritornello della prima canzone dico che non lo sapremo mai, nemmeno da vecchi, quando uno si aspetta di avere tutte le risposte. Il ragionamento dietro la domanda è proprio che appunto perché non lo sapremo mai non ha senso preoccuparsene. Non serve per forza sapere dove si vuole arrivare o cosa si vuole fare della propria vita, è importante anche sapere ricominciare da zero, smontare le proprie certezze e rifare tutto. La smania di essere ricordati o lasciare un segno del nostro passaggio non mi interessa, tanto ci scorderemo di tutto.

È un bellissimo pensiero, anche se siamo convinti che questo disco invece lascerà un segno ben visibile.

Mi fa piacere! Non è stata quella l’esigenza che mi ha portato a scriverlo, ma comunque sarebbe molto bello se fosse così.

Grazie Lucio, non vediamo l’ora di vederti sul palco.

Grazie a voi, a presto!