La prima volta che ho ascoltato Farabutto ero sdraiata su un’amaca nel mio giardino, cuffiette all’orecchio e i raggi di sole a scaldarmi in un pomeriggio primaverile. Con lo sguardo rivolto al cielo, la melodia di questa canzone mi portò in una dimensione piena di nostalgia, fatta di ricordi condivisi con persone che, per noi, sono state importanti. Questo teatro di ricordi ha come palco le nuvole del cielo primaverile, disegnando una scenografia che potrebbe essere stata dipinta da Magritte.
Le nuvole sono parte di Matteo Pisotti, in arte Nuvolari, che dal cielo piacentino si è spostato a Milano, inizialmente per l’università, ora per la musica. I suoi primi testi tengono per una mano i grandi cantautori del passato – come si vede già dal suo nome d’arte – e per l’altra la musica brasiliana, parlando di temi però molto vicini all’esperienza di qualsiasi giovane adulto delle nuove generazioni. Oggi ci racconta così l’amore e le nuvole.
Ciao Matteo, iniziamo subito con una domanda diretta: cosa ha significato per te l’uscita di Farabutto?
Farabutto era un pezzo papabile anche per essere inserito nel mio album, Lentamente, difatti è stato registrato nelle stesse sessioni in studio. Averlo pubblicato significa quindi avere un po’ chiuso il cerchio del disco.
A cosa associ la figura del farabutto quando si parla di amore?
In questo caso Farabutto vuole essere un’espressione un po’ ironica, un’ammissione delle proprie mancanze ma fatta con leggerezza.
Nel testo della canzone c’è un’immagine molto concreta: “E che ho disimparato a disegnare / Un cuore con le nostre iniziali”; secondo te quanto è importante saper “disegnare” la forma giusta nei rapporti con le persone che amiamo?
Per me è importante disegnare l’altra senza forzare la mano, senza dipingere la persona per come la vorremmo noi ma per quella che è realmente. Questo può essere doloroso ma credo sia il modo giusto di affrontare un rapporto.
Su Spotify ho notato che tutte le copertine dei tuoi album sono state illustrate da Antonio Pronostico: che rapporto hai con la sua arte e perché pensi ti rappresenti artisticamente?
Antonio è un illustratore bravissimo, con una cifra molto personale e riconoscibile. Il suo immaginario onirico e sognante si sposa bene con quello delle mie canzoni e infatti quando ci chiamavamo per decidere come fare le copertine ci capivamo al volo.
Parliamo un po’ di te: che differenze pensi ci siano tra Matteo Pisotti e Nuvolari? Sono due persone diverse o Nuvolari è un pezzo di Matteo?
Sono la stessa persona, tant’è vero che all’inizio un’idea sul tavolo era quella di uscire col mio soprannome “Piso”. Se vogliamo, Nuvolari è il Matteo che scrive e fa musica, ma la verità è che vita e scrittura sono molto legate tra loro ed è difficile separarle, almeno nel mio caso.
In un’intervista a Repubblica hai detto che la scelta del nome “Nuvolari” è legata al fatto che sia in grado di evocare un immaginario onirico; se dovessi creare il tuo mondo dei sogni, come sarebbe?
Sí perché è un nome che rimanda subito alle nuvole, a qualcosa che non si tocca mai. Non saprei proprio dire come sarebbe il mondo dei miei sogni, poi si rischia di sfociare nella retorica. Già sarebbe divertente se ci si salutasse per strada anche tra sconosciuti, un mondo più “gentile”.
Parlando di sogni, quale pensi di realizzare con la musica?
Mi piacerebbe raggiungere un’autonomia musicale, nel senso di arrivare a produrmi da solo o comunque migliorare le mie “skills” in questo senso.
Ultima domanda: dicci tre motivi per cui, chi non ti conosce, dovrebbe ascoltare Farabutto.
Perché non è una canzone per chi si prende troppo sul serio.
Perché il ritornello sfoga bene.
Perché è una ballad italiana dop.