Davide Chiari e Simone Ferrari insieme a Tin Woodman – il robot costruito per fare musica – hanno dato vita alla band che porta il suo stesso nome. Metal Sexual Toy Boy è il loro esordio fulminante che convince per lucidità di scrittura, per gusto nel mischiare elettronica e chitarre, per la misura con cui gioca con l’ironia e la nostalgia. Cinque brani che viaggiano dal pop e rock ‘60 e ‘70 al glam e al rap degli ‘80, Beach Boys e Beatles, Prince e Run DMC.

In attesa di vederli dal vivo domani sera, al fianco di Frah Quintale, alla one-night MILK al MU di Parma, ci hanno raccontato come è nato tutto, da dove arriva Tin e anticipato qualcosa sui progetti per il futuro.

Per cominciare ditemi tre aggettivi per descrivere la vostra musica.
Portentosa Oscillatoria Pura / POP

Sul palco insieme a voi c’è un robot, che porta lo stesso nome della band, raccontateci un pò di lui e di com’è nato.
Tin Woodman è nato a Wautah, una città americana dimenticata da tutti e impossibile da raggiungere. La città dei robot. È nato come tutti i Robot di Wautah, costruito da uno scienziato. È nato per far musica. Noi siamo i suoi musicisti ma lui è il vero frontman della band, ecco perché il progetto porta il suo nome. Nella sua pancia ha un registratore a nastro Fostex ed é da lì che suona la sua musica, suonata di pancia, suonata con il cuore. E noi con lui, lui ci dà il tempo, lui ci guida e conduce durante i live. Ah, ed é sempre con noi! Da due anni non ci muoviamo senza di lui, è il nostro Robot! Dovreste farvene uno anche voi!

Come nascono i vostri pezzi.
Dipende. A volte nascono da una piccola idea, ci troviamo in Studio a Riserva Indiana, quartier generale di Tin Woodman e buttiamo giù il pezzo. È successo che uno dei due avesse un pezzo finito e lo abbiamo riarrangiato insieme o che uno abbia completato i pezzi dell’altro. Ci passiamo i pezzi in sala prove e li proviniamo in Studio. Come qualsiasi band insomma…

E quali sono al momento le vostre fonti di ispirazione? Seguite qualche artista in particolare?
È’ una domanda complessa. Forse troppo complessa. No, ci abbiam provato, son troppi. O nessuno. Però in autogrill abbiamo comprato una mega compilation funk&soul pazzesca.

Domanda di rito. Cosa pensate riguardo alla scena musicale italiana degli ultimi tempi.
Effettivamente ci han fatto la stessa domanda in molti.

Non abbiamo un quadro nitido dell’attuale scena italiana e non ci é nemmeno chiaro se ne facciamo parte. Ci piace guardare oltre i confini, ci piacciono le band che lo fanno e lo fanno con noi. Il resto non fa altro che alimentare un circuito che si restringe ogni volta di più.

Tornando a Tin Woodman. Qual’è il verso di una vostra canzone che pensate vi rappresenti maggiormente?
I’m trying to push myself
out of the fears, like the brave.
Now I know, I could see through the dark

(Anticipazione di un nostro nuovo brano)

Ah! Quindi dopo il vostro EP d’esordio – uscito lo scorso novembre – che sta ricevendo ottimi riscontri e che vi sta portando in tour, ci sono già progetti per il futuro?
Sono mesi che lavoriamo sui i brani che faranno parte del nostro primo disco. Abbiamo quasi terminato le registrazioni che sono cominciate nelle scorse settimane fra lo Studio Analogico di Riserva Indiana a Brescia e l’Unnecessary Recordings di Bologna. L’idea è di farveli ascoltare presto. Il prima possibile…