I Club Rivera nascono dall’idea di Antonio Calandra e Francesco Arena che unisce black music, house, hip hop e jazz ad un’atmosfera mediterranea. Nato nel 2020 a metà tra l’Italia e la Svezia, coinvolgendo sia in studio che live diversi musicisti attivi in varie parti del mondo, partito come duo elettronico, il progetto Club Rivera si è evoluto negli anni, invertendo la rotta per approdare a sonorità più analogiche ed elettriche. Incuriositi appunto da un progetto così singolare, dopo aver ascoltato il loro singolo d’esordio “Ike and Sean“, pubblicato questo 14 luglio, siamo corsi ad intervistarli. Abbiamo parlato delle dualità del loro brano e della bellezza dell’intersecarsi fra le culture, i luoghi e paesaggi diversi.
Ciao ragazzi, grazie di essere qui! Oggi 14 luglio pubblicate il vostro singolo d’esordio “Ike and Sean”, chi sono questi due personaggi di cui conosciamo il nome nel titolo?
F: Ciao e grazie a voi per l’invito! “Ike and Sean” sono due facce della stessa medaglia, due menti unite da un corpo e divise dall’istinto: il dr. Jekyll ed il mr. Hyde di Club Rivera. La storia di “Ike and Sean” si snoda in una scena millenaria, con i due protagonisti che in realtà abbracciano lo stesso fine, gustando lo stesso vino e conservando il tappo della bottiglia (come dice il testo “‘keep the cork”) come simbolo di unione e vittoria emotiva. Ognuno di noi ha sia Ike che Sean dentro sé stesso e noi invitiamo a conoscere questi due e tutti gli altri personaggi che vivono dentro di noi.
I Club Rivera nascono nel 2020, come mai avete atteso 3 anni per la pubblicazione del vostro primo singolo?
A: È stato un processo che ha subito più e più volte delle mutazioni: siamo nati durante il periodo di lockdown e da lì abbiamo cercato di affinare il più possibile la produzione. Tra jam online, scambi di idee, arrangiamenti rivisti, in effetti è passato più tempo del previsto, ma adesso crediamo che la formula sia quella giusta. Club Rivera è stato il nostro rifugio in una vita comunque frenetica: la collaborazione a distanza ci ha fatto crescere, permettendoci di mettere meglio a fuoco le nostre scelte sonore e di creare insieme a dei musicisti strepitosi. Questo tempo di maturazione è stato un elemento di produzione, necessario per far crescere il progetto senza fretta ma con grande curiosità artistica.
Una delle cose più interessanti (ce ne sono davvero tantissime) è che il progetto diventa un ponte di collegamento fra l’Italia e la Svezia: come prende forma un brano dei Club Rivera?
F: Tutto parte dal suono degli strumenti, ogni brano si è poi costruito il proprio percorso. Alcuni brani sono infatti nati da jam online che pian piano si sono concretizzate, altri da sonorità ritrovate in album condivisi, altri ancora da momenti di solitudine che hanno fatto nascere versi che sono poi cresciuti diventando altro. Spesso i brani sono nati da passeggiate in bici sotto la pioggia o da intensi momenti di riflessione, condivisi virtualmente in questo ponte tra Italia e Svezia che – a dirla tutta- è ben più ampio e si estende, grazie alle collaborazioni con altri artisti e musicisti, un po’ in tutta Europa.
Facciamo un passo indietro, il vostro nasce principalmente come duo elettronico, approdando adesso invece su sonorità più analogiche. Come mai questo cambio di rotta?
A: Il percorso si è rivelato piuttosto spontaneo e proprio quando eravamo in procinto di concludere e pubblicare alcune tracce abbiamo sentito la necessità di rendere tutto più vivo e immergerci nella dimensione da cui artisticamente proveniamo.
F: Col tempo si cambia e così anche i nostri ascolti e il nostro suono sono cambiati in maniera dinamica. Probabilmente è stata la voglia di suonare fisicamente i nostri amati strumenti e creare un suono naturale che ci ha spinto a cambiare rotta. Ad ogni modo, la componente elettronica è sempre lì e abbiamo già in mente delle release per il futuro.
Abbiamo visto che cosa è cambiato in questi anni nella vostra musica, sapete farci una previsione su quello che potrebbe ancora cambiare?
A: Sicuramente i brani che abbiamo scritto e che pubblicheremo prossimamente hanno tracciato una linea, ma alcune produzioni elettroniche che avevamo messo da parte non sono state per nulla dimenticate. Stiamo sperimentando nuove idee e provando ad ingrandire la nostra famiglia con nuovi musicisti.
Un’altra caratteristica molto interessante dei Club Rivera è che prendete spunto dalla fusion partenopea: c’è un motivo o anche semplicemente un aneddoto che vi ha portato a questa scelta ispirazionale?
A: In realtà fa parte della mia formazione musicale, la prima volta che ascoltai “Napoli Centrale” restai fulminato. Evidentemente col tempo ho sentito la necessità di pagare debito e Ike and Sean in alcuni passaggi vuole rendere omaggio a questo sound.
L’ultima domanda prima di salutarci e che non possiamo esimerci di farvi è la seguente. Come cambia la percezione dell’arte e in modo particolare della musica indipendente da nazione a nazione?
A: In realtà esistono differenze anche in Italia, tra le diverse regioni: contesti diversi e percezioni totalmente diverse. Per rispondere alla tua domanda posso dirti che in Svezia ho notato maggiore rispetto e attenzione nei confronti di chi crea e si esibisce, c’è più cura nel mettere a proprio agio l’artista, ma chissà magari è una mia semplice percezione e Francesco ribalterà ciò che ho appena detto.
F: La percezione dell’arte non è differente, ma l’approccio alle collaborazioni sì. In Svezia, per esempio, si respira una chiara voglia di conoscere ed esplorare nuove sonorità. Collaborando con artisti di sfera internazionale ci si accorge molto presto che la curiosità per nuove collaborazioni e la voglia di migliorare prevalgono sull’egocentrismo e la competizione intellettuale. In Italia c’è sempre molta passione, il che è tutto dire. Odi et amo.