Abbiamo portato Metcalfa a mangiare un kebab in piazza Bausan a Milano.
Metcalfa, al secolo Metello Bonanno, è un batterista jazz che però si è messo a fare elettronica e oggi, 23 marzo 2021, ha pubblicato Siolence, il suo disco di debutto (il cui titolo deriva dall’unione di “silence” e “violence”), primo esempio di quello che lui ha iniziato a chiamare la hybrid music.

Ne abbiamo parlato con lui, in piazzetta, guardando le strade semi-vuote e ricordando, come i vecchietti che guardano i cantieri, i bei tempi andati.

Com’è Milano in questo periodo assurdo?
Bah, potrebbe andare decisamente peggio, ma anche decisamente meglio ecco. Io fortunatamente riesco ancora a fare le mie cose ad andare avanti passo passo.

Ma è comunque possibile fare musica? Cosa è cambiato?
Fare musica è sempre possibile, in senso stretto. Diciamo che secondo me adesso è il momento di gettare semi per il futuro. Collaborare con altri musicisti, studiare per migliorarsi, aggiornarsi, mutare. Ciò che è cambiato è solo l’ambito live. Per quanto riguarda l’insegnamento fortunatamente è ancora fattibile, che sia online o in presenza.

Immagino che SIOLENCE abbia avuto la sua genesi in questo contesto…
In realtà no, SIOLENCE ha avuto la sua genesi un anno e mezzo fa. Però questo periodo ha fatto nascere altri 10 pezzi, quindi direi che a qualcosa è servito, no?

Il jazz cosa c’entra in questo disco?
Il jazz è la strada che mi sono scelto come sideman, ma ad un certo punto ho sentito il bisogno di trasferire qualcosa da quel mondo all’interno del mio progetto. Diciamo che principalmente le influenze di tipo jazzistico che si possono sentire sono a livello ritmico, condensando buona parte degli studi che sto conducendo. Poi non volevo assolutamente che i miei brani fossero relegati ad una forma rigida e immutabile. Certo, le strutture e le parti scritte rimangono quelle, ma la versione disco e live sono e saranno sempre profondamente diverse.

Ti ricordi quando si tornava dopo i concerti e si finiva a mangiare in posti assurdi?
Assolutamente si! Ci sono un sacco di posti un cui ricordo di aver mangiato ad orari assurdi. Ricordo che 6 anni fa dopo un concerto andammo a mangiare al Mc e io ordinai un’insalata. Pensavo che alla cassiera sarebbero usciti gli occhi dalle orbite.

Quant’era che non mangiavi un kebab (non d’asporto)?
Tanto. Davvero, davvero, tanto.

 

Le foto inedite sono di Simone Pezzolati