Milanese di nascita ma berlinese di adozione, dove prende parte tra l’altro a numerose esibizioni d’arte e visual art , Jessica Einaudi, cantante e songwriter già nota nel progetto La Blanche Alchimie, torna sulle scene musicali con un nuovo progetto delicato ed intimo uscito il 21 settembre per Overheard Records (via !K7 Label Service).
“Black and Gold”, album che arriva a quattro anni di distanza da “Melt” – il disco che ha segnato il debutto solista dietro lo pseudonimo di J Moon – è il nuovo capitolo discografico di Jessica, eretto su melodie sognanti ed improvvisazioni elettroniche guidate dall’inconfondibile voce , il cui angelico timbro sembra sussurrare al cuore. Abbiamo deciso di farci raccontare direttamente traccia dopo traccia i dieci brani che compongono questo nuovo lavoro di studio e che parlano di dolori e perdite, vittorie e sconfitte, amore ed odio, ombra e luce.
I don’t care è una canzone sull’amore incondizionato, sul bisogno di essere amati follemente e sulla sensazione stupenda e frastornante che ci dà l’essere innamorati. Che sia romantico, materno, platonico o spirituale, l’amore ci porta in una bolla meravigliosa dove puoi quasi perderti. Per questo mi piace la simbologia del nuoto, perché è così che ci si sente quando si ama: come sott’acqua, in un universo parallelo.
Golden Head è nata come un pezzo strumentale con il piano a cui poi in un secondo momento ho aggiunto la melodia della voce. Il testo si ispira vagamente a “The Waste Land” di T.S Elliot, ma in realtà è una mia riflessione sull’eterno conflitto fra la ricerca della gloria e il desiderio di una vita semplice e tranquilla, ma anche terribilmente triste. Non c’è chiaramente una soluzione possibile.
Sunlight l’ho scritta a Dogliani, nella mia casa di famiglia dove ogni volta che vado, vedo le cose da un altra prospettiva. E’ una canzone nata al pianoforte in un pomeriggio di calma e luce stupenda.
Dorset Si ispira al mito di Icaro. Era molto diversa in origine, una vera e propria canzone. Poi con il mio produttore Federico Albanese abbiamo deciso di stravolgerla e trasformarla in un brano strumentale, a cui quasi all’ultimo in studio ho aggiunto la voce , lasciandola pero’ molto eterea e lontana.
Among the shadows è un pezzo molto cupo, scritto in un periodo in cui mi sentivo sparire nella città buia e piena di esseri umani dove vivo. L’ho pensata inizialmente con intro al disco ma poi ho deciso di incastrarla nel mezzo, come un piccolo frammento di una storia che non si sa dove andrà.
Prison of mine è stata forse la svolta di questo disco. Ho combattuto a lungo per trovare. L’onestà necessaria per scrivere dei brani che parlassero veramente di me e di come mi sentivo. In questa canzone mi sono aperta completamente parlando del vuoto che avevo dentro e della mia tremenda inquietudine. Non sono dell’idea che si debba sbattere in faccia agli altri qualsiasi sentimento, ci vuole chiaramente un filtro. Pero’ bisogna essere sinceri per comunicare davvero.
Starless è l’ultima canzone che ho scritto e simboleggia un po’ il viaggio che è stato questo disco. Pieno di ostacoli, interruzioni e scoperte. La vedo come una missione di una navicella che va nello spazio, bombardata da frammenti e tempeste solari, che alla fine pero’ in qualche modo riesce ad arrivare a destinazione.
In front of my eyes è la canzone piu’ triste di tutte, ma anche la mia preferita.
Take the black raccoglie tante storie e immagini, che raccontano tutto il disco, anche se forse è il pezzo piu’ a se stante. E’ un brano con un atmosfera notturna, con un ritornello che stacca completamente portando in un mondo di sogno e di polvere rosa. Mi piace creare questi contrasti.
Golden head reprise l’ho registrata a Dogliani con il Fender Rhodes. E’ la giusta chiusura del disco perchè Golden Head è un po’ il filo conduttore dell’album. E la costante danza fra luce e ombra, il desiderio di brillare e quello di sparire.