Ginevra è tutta eleganza, intensità e intimismo, e per queste sue doti, del tutto spontanee e affatto calcolate, ci ha conquistati. Abbiamo assimilato ogni goccia del suo primo Ep, Ruins, uscito il 15 marzo per Factory Flaws, e, quindi, per noi passare dal gustarsi la sua musica, che lei stessa definisce “una rinascita dalle “rovine” del mio cuore” al desiderare di sapere di più di questa cantautrice torinese classe 1993, è stato del tutto naturale. Ecco, dunque, la nostra intervista a una splendida promessa della musica italiana (pur cantata in inglese, ma in modo davvero credibile e solido), che per questo suo esordio discografico si augura soprattutto che “chiunque lo ascolti vi ritrovi i propri tormenti, e si senta meno solo”.

Partiamo dalla tua love story con la musica: com’è iniziata, grazie a chi e qual è il primo ricordo che le associ.
Sono sempre stata legata alla musica. A 4 anni mi hanno spedita a lezioni di danza classica; da quel momento fino ai miei 19 anni, non ho mai smesso di ballare. Questo è il mio ricordo più insistente, oltre al fatto che in giro per casa ci sono sempre state le chitarre di mio padre a incuriosirmi.

Come ti stai preparando ai live di quest’anno? Come hai deciso di strutturarli?
Ho deciso di optare per semplicità e praticità: pochi ma buoni. Idealmente vorrei avere due set: un duo per i live più acustici e intimi, e uno in 3 un po’ più completo. Non escludo di aggiungere degli elementi più in là nel tempo, ma inizialmente saremo in 3.

Qual è l’emozione che associ alle esibizioni, al pre e al durante il tuo live.
Prima di un live provo euforia e agitazione; durante, cerco di godermelo al massimo. Dopo un paio di pezzi inizio finalmente a rilassarmi e mi lascio trasportare.

La tua città di nascita è stata in qualche modo culla della tua arte o non ti ha influenzata più di tanto?
Torino è stata importante, perché è stata la culla della mia personalità e del mio primissimo approccio con la musica. Associo però anche altri luoghi alla mia crescita musicale, primo fra tutti, Milano.

Raccontaci, traccia per traccia, il tuo EP.
Il mio EP RUINS è costituito da 5 tracce ed è stato prodotto da Francesco Fugazza, produttore e compositore del milanese. L’EP è un dialogo con me stessa ed è una sorta di rinascita dalle mie “rovine”.

Tender è una traccia introduttiva che ha pochi elementi vocali ma rappresenta al meglio l’intenzione dell’EP, che non vuole concentrarsi solo sul cantato, ma inconsciamente spazia fra percussioni e parti strumentali.

Forest, il mio primo singolo, è la continuazione di quanto accennato in Tender. E’ un mantra che si ripete ciclicamente e si chiude con un messaggio semplice e diretto a chi ascolta. La coda di Forest è l’anima dell’Ep.

Lips, il mio secondo singolo, è una richiesta dolce a chi ci trova in un momento d’instabilità. E’ una richiesta di sincerità e un’ammissione senza fronzoli delle proprie paure. Lips rappresenta l’inizio di un nuovo capitolo.

Serralves è una traccia che ho iniziato a comporre mentre gironzolavo nell’immenso giardino botanico della fondazione Serralves, a Porto. Prende il titolo da una nota vocale che ho ritrovato sul telefono dopo questo viaggio. Serralves è una traccia importante perchè racchiude la fine e la rinascita.

Sleep è il non riuscire e il non volere addormentarsi senza chi si ama accanto a sé.
Musicalmente, mi è sempre sembrata una chiusura perfetta per il discorso musicale di Ruins.

Che cosa sogni, musicalmente parlando, per questo 2019?
Sogno di suonare tantissimo (anche fuori dall’Italia) e di fare tante cose belle. Per cose belle intendo live, video e tutto quello che può riguardare la mia musica. L’importante è fare cose di qualità.

Si sta ragionando e parlando con più insistenza di carenza di “quote rosa” nel panorama musical italiano (basti pensare all’ultimo Sanremo, ma anche ai talent, fortemente premianti i musicisti maschi): tu come ti poni su questo tema? Avverti una sorta di sessismo nel tuo settore?
Ci sono forme d’ineguaglianza in ogni settore, e la musica di certo non è esclusa da questo fenomeno. Fortunatamente non ho aneddoti personali da raccontare. Noto ovviamente una sproporzione numerica e tendo a supportare le colleghe con un certo attivismo quando trovo dei progetti di qualità. Spero che questa carenza sia dovuta a un insieme di fattori casuali e temporali e non ad una forma di esclusione. In ogni caso, mi sembra che sia più accentuata nel mondo musicale dei grandi riflettori rispetto a quello indipendente ed emergente, che conosco meglio. Mi vengono in mente diversi nomi interessanti femminili. Speriamo ci siano presto nuove evoluzioni, sono positiva!

Cosa ami fare quando non suoni o scrivi musica?
Amo viaggiare, cucinare, curiosare fra i mercatini e, in generale, adoro l’arte. Cerco sempre di fare un elenco di mostre o spettacoli che non posso perdermi e che possono essere una fonte d’ispirazione.

Con chi sogneresti di collaborare e quali sono i tuoi riferimenti musicali presenti e passati?
Il sogno più grande e più naïve che ho nel cassetto è essere la voce di un brano dei Massive Attack o degli Alt-J.
I miei riferimenti musicali provengono da due bacini da cui attingo continuamente e di cui la mia personalità musicale è composta: il folk e l’elettronica. Sono il perfetto connubio per i miei stati d’animo e anche la mia musica aspira ad essere un mix di questi due mondi.

Chi ti piace, oggi, tra i tuoi colleghi?
Se per colleghi intendiamo anche i musicisti inarrivabili, fra i miei innamoramenti “recenti” ci sono Moses Sumney e Tirzah (Grande Ginevra, ndr). Senza allontanarmi troppo, in Italia mi piace tantissimo Iosonouncane. Nel panorama emergente milanese invece mi vengono in mente i Nava, mix interessante di suoni etnici ed elettronici, e i Tropea, esplosivi soprattutto dal vivo.

I 3 dischi che hai consumato a furia di ascoltarli.
For Emma, Forever Ago di Bon Iver.
Heligoland dei Massive Attack.
XX di The xx.

Credi che la parte visiva sia parimenti importante rispetto al sound e se sì ti occupi direttamente dei tuoi video o hai qualcuno di fiducia a cui ti affidi?
Penso che nel mondo di oggi, dominato da Instagram e dal costante riciclo di immagini, sia importante non sottovalutare questo elemento. Non credo sia più importante del sound e del contenuto musicale, ma è un’ottima arma per catturare l’attenzione. Sono due elementi quasi complementari. Al momento sto collaborando con Tommaso Ottomano, un bravissimo director toscano, che finora ha curato la parte estetica del mio progetto. Mi fido molto del suo istinto e della sua sensibilità artistica.

Stai scrivendo o magari hai già scritto anche in italiano?
Ho scritto molto in italiano prima di concentrarmi su questo progetto; è una cosa che faccio tuttora in modo continuativo. Una parte di me è molto legata all’italiano, ma è come se dovessi ancora trovare la chiave di espressione perfetta per il mio mondo musicale e questa lingua così precisa. In questo momento sono molto concentrata sull’inglese che più rispecchia le mie influenze.