Quello che Vasco Brondi sta portando in giro per l’Italia non è un semplice tour teatrale. È una festa per i dieci anni del suo progetto artistico/musicale Le luci della centrale elettrica ed è al tempo stesso il suo funerale. Quello che farà il cantante finita l’avventura delle Luci è un mistero, nel frattempo però, con la sua chitarra e le sue parole, continua a incantare i fan di ieri e di oggi. “Fin da quando ho iniziato a suonare ho sempre sognato di esibirmi a Bologna, che per un ragazzo che arriva da Ferrara è un grande traguardo”, con queste parole si apre il concerto sold out di mercoledì scorso al Teatro Duse, che ha visto intrecciarsi canzoni, poesie e racconti in un viaggio incredibile tra l’Emilia e la Luna.
Un’atmosfera spirituale e calorosa, un raccoglimento quasi sacro e un rispettoso silenzio interrotto solo dagli applausi. Sul palco, insieme al cantante, un’orchestra composta da Rodrigo D’Erasmo (violino), Andrea Faccioli (chitarre), Gabriele Lazzarotti (basso), Anselmo Luisi (percussioni) e Daniela Savoldi (violoncello). Luci soffuse e la solita calma di Vasco, che canta seduto, con la mano destra appoggiata al ginocchio e il microfono saldo nella sinistra, occhi fissi sul pubblico e tanta emozione nella voce.
Le canzoni, dal sapore etnico, dell’ultimo disco “Terra” si mescolano ai successi di sempre: “Quando tornerai dall’estero”, “Cara catastrofe”, “Piromani”, “La gigantesca scritta Coop”. Racconti della vita di provincia, ambientati nel profondo veneto e sulla via Emilia, dove Chiara aspetta con le quattro frecce Sara che aspetta di cadere incendiando il cielo come un meteorite, dove lo smarrimento è libertà e le lettere d’amore sono scritte a computer.
E poi tanti aneddoti sulla nascita delle Luci: lo studio, che ora è diventato un sexy shop, in cui Vasco ha registrato il suo primo disco, il primo concorso musicale, la prima volta nella Carpi dei CCCP. Parole e parole dedicate ai suoi amati artisti: da Andrea Pazienza ad Antonioni, passando per Massimo Zamboni e Giorgio Canali, intervallate dalla lettura di alcune poesie scritte dal cileno Roberto Bolaño. Quando finalmente arriva la cover di “Amandoti” dei CCCP è impossibile non emozionarsi. Ma Vasco trova anche lo spazio per scatenarsi, sulle note di “Profondo Veneto” e “Ti vendi bene” balla e urla, e tra il pubblico c’è anche chi non riesce più a rimanere seduto e inizia a saltare in mezzo al teatro. Momento magico con “Chakra”, quando la voce del cantante si mescola alla danza della ballerina Alice Bariselli, che incanta tutti con i suoi dolci movimenti e lo accompagna nell’ultima parte dell’esibizione.
Il concerto si conclude con una versione acustica di “Questo scontro tranquillo”, che Vasco e l’orchestra cantano e suonano seduti sul palco, in braccio al pubblico, per salutarsi con un sorriso, anche se la malinconia è tanta, e gli occhi lucidi del cantante, mentre guarda sorridendo i suoi fan e sembra non voler abbandonare il palco, lo dimostrano. Uscendo poi dal teatro, ancora emozionati, ci ritroviamo a pensare che le canzoni di Vasco saranno argomenti più memorabili dei nostri lunghi abbracci nella calma che hanno a notte fonda i viali di Bologna.
photo cover @ archivio ph. Marco Iemmi