Le Marina è una songwriter dalla doppia personalità. O meglio, Le Marina è un duo immaginario composto dalle versioni speculari della medesima artista, Marina appunto, italo-londinese, nata non a caso sotto il segno dei Gemelli. Ecco perché, nonostante sia una solista, l’articolo che ne precede il nome è declinato al plurale. Doppi sono anche i riferimenti geografici: cresciuta nella campagna toscana, in un piccolo paese in provincia di Firenze, si è trasferita a Londra nel 2012, dove ha affinato le tecniche di produzione musicale, si è esibita in vari club e festival e la sua ricerca artistica e introspettiva è sbocciata finalmente nel progetto Le Marina.

Libera è il suo EP d’esordio per l’etichetta inglese The Sound Of Everything, sound minimale definito future trip hop, influenzato dalla storica scena di Bristol capitanata dai Massive Attack e in parallelo affine al nu-R&B contemporaneo di FKA twigs o all’electro-songwriting intimista di Tirzah. Un sound bipolare, che sa essere tanto romantico quanto macabro, a seconda del punto di vista. Realizzato in completa autonomia, dividendosi tra musica – sintetizzatori, beat avveniristici e sample registrati in giro per Londra – e videoclip DIY – girati e montati in prima persona – , i temi affrontati,  come ci ha raccontato di persona nel track by track che segue, sono quelli del disagio psichico, della depressione e della solitudine che si prova a vivere improvvisamente in una grande città cosmopolita per inseguire un sogno.

Ho lavorato da sola, sfidando di continuo le mie capacità. Volevo che, attraverso la sfera sonora e quella visiva, l’ascoltatore potesse calarsi nella mia personale ‘seduta di terapia’, riconoscendosi a suo piacimento nei miei momenti difficili. Il lavoro, infatti, è iniziato con una sorta di auto-analisi, nel silenzio del mio isolamento. I sei brani sono altrettanti passi verso la conquista della mia libertà, a lungo desiderata. Se dovessi descrivere il mio EP, direi che è brutalmente onesto. È depressione che si trasforma in parole, è ansia che muta in suoni”.

I Found A Vhs
È la traccia che introduce l’EP “Libera”, che ho scritto come fosse un trailer di un film. Infatti, è una traccia breve che inaugura le danze. Apre dicendo “Vi devo delle scuse”, perché quello che ho scritto in questo disco è crudele, autentico e senza filtri. La canzone ha una produzione minimal, dove a spiccare è sicuramente la voce. Volevo che si sentissero bene le parole, che fossero chiare e coincise.

Say It Sad
“Say It Sad” inizia come il girone infernale. La produzione è molto ricca, costruita principalmente da sample. La canzone parla della mancanza di autostima, causata da una rottura che mi ha sconvolto. Non ho problemi a dire che soffro di depressione, che spesso mi porta a isolarmi perché mi sento “non capita”. Volevo che questa canzone trasudasse l’ansia e il dolore che ho provato, senza pause, senza respiro, affinché le persone riuscissero a percepire quello che ho passato. “Ho detto addio alla tua schiena perché non avevi il coraggio di guardarmi negl’occhi”: non è facile dirsi addio così, puoi biasimarmi?

I’ll Never Love You
La canzone successiva si intitola “I’ll Never Love You”, titolo che sicuramente non ha bisogno di spiegazioni. Ho impiegato appena venti minuti per scrivere questa canzone: è uscita così, dal nulla. Il ritornello dice “Non ti amerò mai, amica mia” perché sono stata gettata nella friendzone da una persona con cui pensavo di avere un legame più intimo e profondo. Nonostante possa sembrare un cliché, è scritta da una prospettiva diversa. Come nella canzone precedente, o meglio come in tutte le canzoni di questo EP, le persone finiscono sempre per farmi sentire “sbagliata” o “non abbastanza”.

Dead End
L’ho composta nel periodo in cui la depressione era acuta e non tollerabile. Ho iniziato a scrivere parole crude alla ricerca di una via di uscita. Mi sono isolata e sono diventata “orfana di luce”, citando il testo. Il sound di questo pezzo è molto cupo, sì, ma ho optato per una produzione meno ansiogena rispetto a “Say It Sad”, quasi liberatoria perché parlo apertamente della ma depressione. I suoni sono molti più aperti. Ci tengo a sottolineare che tutti i miei testi sono una sorta di seduta di autoanalisi, come se diventassi la psicologa di me stessa e analizzassi non tanto la situazione che mi ha generato ansia e dolore ma le conseguenze devastanti che ne derivano.

Trauma
Questo brano è in prevalenza strumentale e racconta la mia lotta con tre vertebre della cervicale, di tutte le risonanze, i raggi X e i fisioterapisti che per anni hanno soltanto peggiorato la mia situazione, finché dopo cinque anni passati a dormire seduta durante il mio percorso universitario a Londra ho deciso di tentare l’ennesimo fisioterapista, e sono andata alla visita senza alcuna speranza, ma i miei sintomi stavano aumentando così, quando sono arrivata ad avere le mani che si intorpidivano se solo provavo a produrre, ho deciso di tentare l’ultima spiaggia. Il fisioterapista alla fine mi ha aiutato e gli devo molto: altrimenti forse questo EP non sarebbe mai uscito. Il fisioterapista precedente aveva abusato della mia fragilità mentale, dovuta al mio enorme malessere, e nel ritornello lo cito dicendo “Guarda cosa mi hai fatto, hai sbagliato e you fucked me up”. L’intera produzione è costruita su sample di risonanze magnetiche, di pianti, di urla , per cercare di far entrare nella testa dell’ascoltatore tutto il dolore che ho attraversato. Adesso sto meglio, ho un fisioterapista che mi segue, ma il sample dell’urlo è esattamente come mi sentivo quando non vedevo ancora vie di uscita.

You Decide
“Too tall to reach, that’s how my feelings are out of reach. But only you have the rope to reach them or to choke me”. Questo è il brano che chiude il ciclo. Rispetto all’iniziale “I Found A VHS” ci troviamo in uno spazio leggero, dove poche parole messe al posto giusto chiariscono il significato dell’ EP e del perché si chiami “Libera”. Qui non è più mia, la responsabilità: chi ascolta ha infatti ormai in mano tutte le emozioni che ho fatto emergere in ogni traccia. Qui viene il bello, perché lascio all’ascoltatore scegliere cosa farsene. Io ho buttato tutto fuori, ben esposto in vetrina, ho parlato apertamente della mia depressione, dei miei traumi da cervicale e adesso mi riposo. “You Decide”, ma cosa devi decidere tu? Io ti ho affidato tutta me stessa. Hai una corda a disposizione: come la utilizzerai? Cercherai di afferrarci le mie parole e plasmarle su di te, oppure di prendere la corda per strozzarmi?

Photo credit @ Daniele Colucciello