Penso che la parte migliore nell’osservare un’opera d’arte stia nella ricerca dei dettagli. Conoscere la storia dell’artista, gli eventi che hanno portato alla creazione del pezzo, il minuzioso lavoro che vi è dietro. Dettagli che possono (giustamente) non essere condivisi o essere subito messi in chiaro, che scopriremo dopo anni o forse mai; anzi, è sempre più intrigante non essere a conoscenza di tutta la verità. Fatto sta che un’opera d’arte potrà essere osservata e studiata all’infinito, ma nessuno sarà mai in grado di cogliere appieno ogni suo dettaglio. Rimarrà sempre qualcosa di nascosto, un particolare ambiguo che ci porterà a voler esplorare ancora una volta l’opera che ci affascina, ripetendo un ciclo virtuoso da cui non vorremmo uscire mai.

Nasce così ANATOMIA CRISTALLO, disco d’esordio degli ISIDE. Un’analisi accurata dell’essere in tutta la sua totalità, un tentativo di scomporlo e cercare di capire cos’è che davvero ci rende umani. Una risposta a questo dubbio probabilmente non esiste, probabilmente è diversa per ciascuno di noi; gli ISIDE però l’hanno trovata, e ce l’hanno offerta in un disco di 37 minuti uscito il 7 maggio 2021.

 

Nel descrivere ANATOMIA CRISTALLO, avete parlato di come “i cristalli più preziosi sono complessi da analizzare”per via dell’immensità dei dettagli che li compongono. Qual è un dettaglio in particolare che vorreste venisse colto nei vostri lavori?

Vorremmo fosse chiaro che questo sia un disco totale, che ha una vita propria dal secondo 00:00 al 38:00, perchè un dettaglio decontestualizzato dall’insieme a cui appartiene non ha tutto questo valore. Diventa caratterizzante nello spazio in cui si trova probabilmente. Se ci si riuscisse a concentrare sul fatto che gli elementi chiave e l’approccio alla musica sono trasversali in ogni momento di ANATOMIA CRISTALLO, allora abbiamo fatto centro. Se passasse in modo palese che questo è il modo in cui pensiamo la musica allora tutto va bene 🙂 Parlando però nel pratico, la forza delle linee melodiche di voce forse è la cosa che mettiamo sempre al primo posto, ogni parte scritta deve essere iconica e per quanto possibile unica e forte, proprio perché la voce è quell’elemento irriproducibile e totalmente nostro.

Nella tracklist, segnate anche il numero di versioni del brano sperimentate prima di arrivare a quelle definitive. Per IO HO PAURA v0 questo numero è, per l’appunto, 0. Cos’è che vi ha convinto a tenere la prima versione come buona? Com’è nata?

IO HO PAURA v0 è un pezzo pieno di significati biografici ma soprattutto storici, di un passato molto recente. È il primo pezzo che abbiamo scritto per questo disco ed è stato fatto a distanza, durante il primo lockdown del 2020: ci inviavamo il progetto musicale via mail, quasi per gioco e passatempo, per combattere la noia e togliere la testa dai problemi oggettivi di quel periodo tragico. Non sapremmo probabilmente riscrivere quella parte di piano o di batteria; in effetti, se analizzata per bene, è piena di errori armonici e ritmici, ma magicamente funzionano così. Allo stesso modo, la parte di voce e il testo non sono mai cambiati, ma scritti e registrati in una giornata. Nel modo più sincero e spontaneo possibile, insomma. Quando l’istinto entra in gioco crediamo che non debba essere toccato, e questo pezzo è l’esempio di una verità assoluta che funziona nel suo spazio e tempo. Quindi v0 in questo caso è sinonimo di verità, di 0 paletti, 0 obiettivi, solo dire quello che in quel preciso istante passava per la testa. Il periodo storico aiuta ahah.

MARGHERITA v11 sembra invece essere stato il pezzo con più modifiche. Qual è stata la difficoltà più grande nel crearlo?

MARGHERITA v11 è comunque un pezzo estremamente sincero, ma ha subito molte modifiche di produzione per cercare di farlo rendere al meglio, abbiamo cambiato spesso la tonalità del pezzo e l’intensità della batteria essenzialmente. La struttura di base è stata solida fin dall’inizio, sapevamo di cosa volevamo parlare, ma in questo caso i dettagli erano troppo importanti per definire il pezzo all’interno di uno spazio complesso perchè molto surreale.

In FACCIO SCHIFO v4 ci sono molti riferimenti alla cultura pop (“Tristi come Bojack / Soli come Batman”, “Siamo Super Saiyan che combatton l’ansia”). Ci sono dei film (o serie tv) che vi hanno particolarmente ispirato durante la creazione del disco?

Sì, indubbiamente il cinema ci affascina moltissimo, è stata davvero una grande mancanza la chiusura delle sale per noi. Il cinema sa unire immagine e audio in un modo così forte che forse è la maggiore ispirazione per i nostri lavori, il testo vuole raccontare una storia immaginabile con un ritmo dettato dalla musica in questo scambio continuo. Ci piacciono molto i film che analizzano i personaggi, al di là del genere: Bojack ne è un esempio perfetto, un’analisi così attenta di uno stereotipo di essere umano nel quale forse ci rivediamo pure. Dragon Ball per qualcuno di noi è stato fondamentale nell’infanzia, scandiva il pomeriggio, era l’ultimo momento di libertà prima dei compiti. Da non grandissimi fan dei supereroi, Batman il cavaliere oscuro di Nolan è uno dei miei top 10 film. E Dolan invece più di ogni altro regista sa analizzare i rapporti e gli esseri umani come piace a noi – pazzesco, sarebbe un sogno totale lavorare con lui.

“Vorrei essere perfetto quando scoprirai un difetto spero non andrai da un altro” (da CRISI v8). Qual è un vostro difetto?

Onestamente tanti, anche perche sono da moltiplicare x4 ahah. Fortunatamente all’interno del sistema ISIDE ci sappiamo controbilanciare per bene – poi nel privato, presi singolarmente, abbiamo delle carenze palesi. Qualcuno di noi è troppo pigro nei confronti delle cose che non lo interessano, anche se sarebbero fondamentali per certi aspetti della carriera, altri non sanno scendere a compromessi (che di per sé è un pregio nell’arte, sia chiaro, ne siamo convinti, però magari alla lunga potrebbe essere un problema). Siamo persone molto solide e convinte delle nostre idee, ciò che non ci interessa tendiamo a minimizzarlo, forse questo è il difetto più grande.

Con CHE MUTANDE HAI v9 parlate di voyeurismo innocente, di entrare nell’intimità altrui. Pensate che ascoltando la vostra musica scatti questo meccanismo?

Lo desideriamo! Sapere qualcosa degli altri è la cosa che più ci affascina e allo stesso tempo vorremmo che gli altri fossero impazienti di sapere cose su di noi: significherebbe essere esseri umani interessanti. Quando scopriamo persone, artisti di ogni genere che ci lasciano qualcosa, vogliamo scavare nel loro privato per capire a fondo il vero significato del lavoro. Un po’ come nella prima risposta, tutti i dettagli, ogni pezzo costruisce l’insieme. Una visione esterna e pressapochista non renderà quasi mai giustizia al prodotto finito, la superficie è affascinante ma è ovviamente causa di tutto ciò che c’è sotto, e quel sotto è la parte per noi più interessante. Non deve essere però esplicitata dalla persona in analisi, non sarebbe corretto e reale, perchè ovviamente frutto di una manipolazione per canalizzare l’osservatore all’interno della propria storia. Guardare da lontano, senza farsi notare invece, rende possibile un’analisi sincera.

Ogni canzone di ANATOMIA CRISTALLO sembra prendere come riferimento capolavori dell’arte visiva (es: MIOPIA v3 e le Cattedrali di Rouen di Monet). E se doveste descrivere voi quattro tramite delle opere d’arte?

L’arte (soprattutto dal ‘900 in poi) è l’altro pezzo fondamentale insieme al cinema per la creazioni delle nostre immagini, esatto. È molto difficile scegliere ma ci proviamo:

Dario P.: Space That Sees – James Turrel

Daniele: Ruota di Bicicletta – Marcel Duchamp, Rrose Sélavy

Giorgio: Brillo Box – Andy Warhol

Dario R.: The Reflecting Pool – Bill Viola

“Puoi salvarmi dalla mia pazzia” (da PAZZIA v1); direste che la musica riesce a farlo? Parlando sia come artisti sia come ascoltatori.

Assolutamente si, nel modo più certo. Siamo persone abbastanza timide e introverse, e tutti dicono che con la musica non sembriamo più noi. Parliamo di cose che nel privato non diremmo a un estraneo, sul palco ci trasformiamo, facendo uscire una parte emotiva che non si vede tendenzialmente. Quindi sicuramente ci sblocca delle corsie che tendenzialmente teniamo chiuse. Inoltre (e forse soprattutto), scrivere un pezzo è il modo migliore per liberarsi di certi aspetti irrisolti e analizzare in modo schietto alcune vicende della nostra esistenza; tutto questo per noi accade in modo sincero e abbastanza palese, ci sono dei chiari riferimenti – positivi e negativi – a persone e momenti, a noi stessi. E poi ancora ascoltare gli artisti che amiamo: nel particolare in questa risposta metterei Frank Ocean, stimola sentimenti abbastanza unici. Questo inverno in tv, come colonna sonora di uno spot di Zalando, passava Godpseed: ogni volta alzavo gli occhi verso e dicevo “ok aiuto!”.

PASTIGLIA v7 è descritta come “una cura all’autodistruzione”. Quali canzoni vi fanno sentire allo stesso modo?

Può sembrare banale, ma purtroppo in questi giorni ci ha lasciato uno tra i migliori artisti della storia d’Italia, e non si parla solo di musica citando Battiato, ma di cultura in generale. Con La Cura è riuscito in un modo unico e immortale, a spiegare quel sentimento. Un brano che è così vero e trasversale che sarà conservato nella storia, una medicina vera a propria, la parte migliore dell’essere umano.

La vostra arte è mutevole, piena di sperimentazioni e riflessi diversi tra loro. Qual è invece una cosa che rimane costante degli ISIDE?

Il motivo per cui facciamo tutto questo, dovessimo perdere la sincerità del fare musica sarebbe la fine. Onestamente non è facile muoversi in un mercato che troppo spesso (e in modo palese) perde il significato di fare arte, al cospetto di una vendibilità mirata al pubblico, ma vorremo che questo non accada mai. Abbiamo una visione chiara che merita di essere portata avanti contro tutto. L’unicità è un altro punto fondamentale, non vorremmo mai essere le brutte copie di altro: solo guardare, analizzare e comprendere come si muovo gli altri, prenderne i valori migliori e evitare le cose che non ci convincono, perché non adatte al nostro essere.

 

foto credits © Claudia Ferri