Non c’ero mai stato, lo ammetto, ma i buoni motivi per esserci erano innumerevoli dalla city (Barcellona) alle splendide location che lo ospitano, dalla volontà per un addetto al settore di capire come si muove una macchina organizzativa così imponente (fatta di 6mila addetti ai lavori), dalla line up nutrita di big e artisti emergenti della scena internazionale mai cosi trasversale (dall’indie al rap, dal folk all’elettronica, fino alla dance e al pop) e di conseguenza mai cosi criticata dagli aficionados di lungo corso. Ma non avevo ancora realizzato, fino ai primi, lunghi, passi mossi nell’area principale del Parc del Forum (imponente quanto un parco giochi sulle coste californiane), e dopo aver sostato per qualche ora sotto i palchi (i ben 17 palcoscenici allestiti), che per comprenderne la bellezza di questo festival, era indispensabile esserci sostenendo e diventando parte integrante del cambiamento, sociale e culturale. Pubblico ed artisti uniti per il diverso che viene riconosciuto finalmente normalità, “the new normal”, come ha capeggiato forte fin dal primo momento questa edizione 2019.
Ad un ragazzo che viene dalla provincia italiana (realtà forte di antichi pregiudizi), questo festival permette di aprire gli occhi ma soprattutto il cuore, di vivere libere emozioni, di percepire puri sentimenti in ogni volto, in ogni gesto di un caloroso pubblico. Sono partito da solo e mi sono ritrovato, tra persone che non conoscevo minimamente in una grande famiglia e in un’altrettanto grande casa che porta il nome di Primavera Sound.
E non scorderò mai Robyn fermarsi nel pieno del suo live (uno degli show migliori dell’intera edizione) dalla forte emozione provata nel sentire un intera, enorme, platea intonare le note di Dancing on my own, per poi ripartire in un abbraccio collettivo. Mi sono commosso, come anche (per differenti ma sempre personali motivi) due ragazzi gay alla mia sinistra, una coppia etero che si è baciata affettuosamente poco avanti e, non lontano alla mia destra, una coppia di ragazze che si è unita forte con una stretta di mano. Ognuno di noi ha pensato alla bellezza del momento e del lasciarsi trasportare dalla musica (accantonando per un attimo ogni difficoltà quotidiana), semplicemente liberi di essere se stessi. In quel preciso istante ho colto il vero significato e l’essenza del “new normal” e ricorderò per sempre questa esperienza.
Questo dimostra che l’importanza di un festival non si misura dalle dimensioni ma dal grande valore sociale che è in grado di trasmettere. Detto ciò il mio personale racconto potrebbe fermarsi qui ma al Primavera Sound c’è stata anche tanta musica di qualità di cui vorrei parlarvi. Quindi da qui in poi il report delle mie 3 giornate di live vissute al Parc del Forum , attraverso considerazioni, foto, video e classifiche.
Tutto è cominciato con Alice Phoebe Lou . E’ lei il primo volto e la prima, incredibile, voce che ho avuto il piacere di ascoltare. La cantautrice sudafricana capace di fondere in maniera unica l’indie folk con il blues ed il jazz si è esibita mentre il sole scendeva in quello che per intimità, selezione musicale e posizione è indubbiamente lo stage che più ho apprezzato. Il palco OCB Paper Sessions, posizionato su una piattaforma a bordo mare connessa alla natura in modo organico e sostenibile, ha condensato con un solo live al giorno, una delle migliori programmazioni del festival. Si sono esibite le quattro giovanissime giapponesi Chai in un mix frizzzante quanto shockante di punk ed elettro-pop e Miya Folick (in foto) di cui, posizionato in prima fila, mi sono profondamente innamorato. Questa cantautrice californiana incanta, grazie all’ibrida bellezza (frutto di un mix tra genitori giapponesi e russi), ma soprattutto al sound del suo album di debutto “Premonitions” a cui è seguito il recente singolo “Malibue Barbie”. Segnatevi il nome, sentirete sicuramente parlare di lei.
Un altro palco che, per selezione che oserei definire di “nicchia”, non ha disatteso le aspettative è stato il Pitchfork.
Qui sono andati in scena fin dalle prime ore del tardo pomeriggio l’indie alternative di Odina e Nilufer Yanya , il pop elettronico di Empress of , la dance tutta da ballare della giovane Sigrid (in foto) e last but not least Neneh Cherry e Yves Tumor (in foto) il cui progetto portato live con full band è coinvolgente e in un certo senso indescrivibile, fluttuante tra pop, r&b, post punk e ambient.
Tre giovanissimi di cui sentiremo parlare? Eccoli tutti e tre qui raccolti in posa nel backstage. Sono Clairo, Cuco e Snail Mail.
Anche il Primavera Pro, dove si sono esibiti tra l’altro tre artisti di casa nostra (Han, Birthh, Malhini) ha dato il suo contributo alla ricerca di futuri protagonisti della scena internazionale. Una performance che mi ha colpito su tutte? Quella di Edsun.
Il pop con la P maiuscola? Quello di Christine and the Queens e Charlie xcx che per l’occasione hanno pure duettato (foto e video) e portato in scena nel palco Primavera, la componente pop (caratteristica di questa edizione 2019) più fresca e contemporanea.
Parliamo anche di vibrazioni forti, dei due live più elettrizzanti del cartellone Primaverile. Sons of kemet xl (in foto), il gruppo jazzistico britannico si presenta in scena con ben 4 batterie e due fiati, la voce al pubblico, non c’è altro da aggiungere. Ci sarebbe tanto da dire sulla performance di 070 Shake, ma sintetizzo il concetto dicendo che la rapper americana Danielle Balbuena è semplicemente devastante.
Menzione speciale per le cantautrici ed attrici statunitensi Janelle Monae ed Erykah Badu e per la cantante e ballerina inglese Fka Twigs. Oltre alla musica, la loro presenza stilistica e scenica era curata nel minimo dettaglio e assolutamente degna di nota. Impeccabili. Over the top.
Il premio “cazzimma” va senza ombra di dubbio a Frank Carter ed ai suoi compagni di merenda The Rattlesnakes.
Il suo show è l’act più punk del festival. Tra stage diving e pogo libero (tutto al femminile), al suo concerto non ci si annoia di certo. Alla faccia di chi dice che il rock è morto!
Con chi abbiamo ballato? con le sfumature house/disco/funk del producer e dj Dam-funk nel Desperados Cube e di Róisín Murphy, nota ex front dei Moloko, che, dall’alto dei suoi 45 anni, non delude mai.
Il live con più pubblico? Non ho dati certi, ma sono convinto che sia stato quello dei Tame Impala. La calca era notevole, sulle note iniziali di “Let it Happen” e “Patience”, per intravvedere nella coltre di fumo che avvolgeva il grande palcoscenico, il volto del chitarrista e cantante Kevin Parker.
Lo show più atteso dal pubblico spagnolo? indubbiamente quello della giovane star Rosalia (in foto), culminato nel duetto con James Blake (in foto) di “Barefoot in the Park”, producer che ha sua volta ha ipnotizzato a tarda ora con le sonorità velluta, eleganti, downtempo portando in scena track siginificative del suo repertorio alternate ai singoli del nuovo album “Assume Form”.
Il mio ultimo live prima di tornare in Ostello, lanciare un’occhiata sognante al letto sapendo di non poterlo neanche sfiorare, prendere i bagagli e andare diretto in Aereoporto? Modeselektor. Giusto fosse l’eclettico duo berlinese a chiudere con fuochi d’artificio questa mia “prima volta”. Qui sotto potete rivivere tutta la performance andata in scena.
Non ho ancora finito, perdonatemi. Per concludere degnamente questo report, decreto il, anzi due, best act, lo show di Lizzo ed il set di Sophie. Sono loro il simbolo di questa edizione “new normal”, tra gli oltre 250 artisti andati in scena. In una recente intervista Melissa Jefferson ha dichiarato di aver imparato ad amarsi e di non aver mai creduto, fino ad oggi e a questo suo successo, in se stessa come artista solista. Si è sempre vista comparsa. Non pensava che qualcuno volesse guardarla o ascoltare semplicemente per quello che aveva da dire. Questo suo sincero stupore, e la naturalezza nell’apparire come si è, nella propria fisicità (con un pizzico di auto ironia e di pepe) si è palesato davanti al pubblico, mai cosi arcobaleno e stipato in ogni dove sulla spiaggia del lotus stage nell’area Primavera Bits. Stessa location pronta ad abbracciare la timidezza e sensibilità artistica (in netto contrasto col sound elettro pop sintetizzato e potente) nascosta dietro alla consolle da parte di Sophie Xeon, artista icona di una bella comunità LGBT accorsa in forze, annullando, se ancora ce ne fosse bisogno, ogni barriera di genere ed identità sessuale.
Ringraziamo A Buzz Supreme (Press Italia x PS)
Video e photo courtesy PRIMAVERA SOUND official
(ph. Marco Iemmi, Eric Pamies, Paco Amate, Christian Bertrand, Sharon Lopez, Sergio Albert)