Bon Iver. 22, a million. 30 settembre 2016
Il tentativo di fare una recensione breve, peraltro a punti, di un album che ha un universo dentro non è opera facile. Raccolgo quindi le idee, ascolto in loop e cerco per un po’ di alienarmi come penso abbia fatto Justin Vernon aka Bon Iver per partorire questo terzo disco.
1. L’hanno già detto tutti: la strada intrapresa in questo lavoro è diversa e strana rispetto ai precedenti. Una virata elettronica, tanti effetti e manipolazioni, sonorità fredde ma perfettamente bilanciate con un cuore, una passione unica. Non a caso Il Tao, fusione di Ying e Yang, fusione degli opposti, caldo e freddo, luce e buio, campeggia nella copertina geroglifico.
2. Il mistero si infittisce: simboli a profusione e la tracklist quasi indecifrabile con più segni e numeri che lettere, confermano la volontà di Justin di allontanarsi da tutto ciò che è classico, già sperimentato.
3. It might be over soon: si apre così l’intro del disco ed infatti l’effetto principale dopo l’ascolto è una sensazione di straniamento, di purezza, di amore, forse di qualcosa che “potrà finire presto”.
4. Le tracce sono un viaggio emozionale, al centro di tutto la voce, guida perfetta, da lacrime in certi casi, tra vocoder, auto tune e reminiscenze del “classico” falsetto.
Bellezza superiore.
BEST TRACK: #29 Strafford APTS.