I Dust & The Dukes, come ci raccontano nella breve intervista che segue, vogliono evocare con la loro musica quelle immagini e quell’immaginario fatto di polvere da sparo, di sabbia che si solleva, di lingue di fuoco al tramonto. Il desert rock, il western americano, non sono solo uno scenario ma una cultura radicata fin dagli esordi, nel 2016, nel trio fiorentino, dove la voce dell’italoamericano Gabriel Stanza è sostenuta dal wall of sound garantito dalla chitarra di Enrico Giannini e dalla batteria di Alessio Giusti.

E la corsa dei Dust & The Dukes,  come un cavallo impossibile da imbrigliare, è iniziata con il nuovo singolo “Run”, uscito il 20 settembre in vinile da 7” a tiratura limitata e su tutte le piattaforme digitali con distribuzione Audioglobe, primo estratto dall’album di debutto in arrivo nel 2020 e prodotto da Andrea Ciacchini (Blonde Redhead, The Zen Circus, Motta).

Run” è una canzone dal tiro animale, nata da una jam session che, grazie alla dimensione live, si è sviluppata sino alla sua attuale forma definitiva. Le sonorità sono un mix tra una ritmica ossessivamente tribale, puro rock and roll e torrido blues, partendo dai Rolling Stones per arrivare all’ombrosità di Nick Cave & The Bad Seeds e oltre farvela sentire abbiamo deciso di lasciarvi la possibilità di scaricarla gratuitamente per sole 24h.
Che la corsa al download abbia inizio.

Cosa rappresenta per voi “Run”?
“Run” rappresenta il punto di partenza della nostra corsa, non sappiamo neanche noi esattamente verso cosa, ma abbiamo iniziato a correre e correremo senza sosta. È quel movimento che sprigiona un po’ l’istinto animale nascosto in ognuno di noi, la forza, l’energia e la voglia di non tenere la testa bassa. Forse anche la ribellione a tutto ciò che prova a tenerci fermi, o meglio a imbrigliarci. Ci piace pensare i Dust & The Dukes come impossibili da imbrigliare, come un cavallo.

Nel vostro progetto ci sono la polvere da sparo, la sabbia, il desert rock, il western americano. Dove nasce questa sorta di fascinazione?
Nasce dalla cultura con cui siamo cresciuti, che affascina da sempre non solo noi ma tante generazioni diverse. Non si tratta di un legame forzato ma di uno scenario che, per quanto lontano, sentiamo nostro e in cui ci sentiamo a nostro agio, più che in molte altre realtà vicine a noi. Ci siamo ritrovati dentro questo fantastico luogo dove è possibile cercare se stessi e dove tutti questi elementi ruotano e rendono quel metaforico deserto qualcosa di vivo. È veramente fantastico riuscire a evocare con la nostra musica quelle immagini e quell’immaginario.

Quale Italia e quale (tanta) America si incontrano nel sound dei Dust & The Dukes?
È piuttosto scontato che gran parte del nostro sound provenga da Oltreoceano, dall’America dei grandi spazi e dei grandi sogni, ma nonostante questo nutriamo la speranza di essere parte di quell’Italia che non si ferma di fronte alle difficoltà, che non si pone limiti e che è pronta a mettere la cultura al primo posto. C’è molto fermento nella scena musicale indipendente e questa è l’Italia dei Dust & the Dukes, una questione di atteggiamento ancor prima che di sound.