Di Suvari ve ne avevamo già parlato lo scorso settembre nel report di “Tutto molto bello”, festival bolognese in cui in apertura di Myss Keta e Coma Cose aveva dato prova di saper intrattenere alla grande un pubblico vasto ed esigente. Ora, a un anno dall’uscita del suo primo disco “Prove per un incendio” e con decine di live alle spalle, Luca De Santis è pronto a tornare con il suo nuovo EP “Di cosa hai paura?”, di cui si può già ascoltare il singolo Altrove. La sua musica nasce come terapia contro il dolore e parla di esperienze personali, soffermandosi su riflessioni riguardanti i rapporti umani, la provincia e la distanza. Ma si possono cogliere anche delle contaminazioni provenienti dalla letteratura, dalla graphic novel e dai fumetti: un mix di beat freschi e dolcezza, che Suvari ci racconta in questa intervista e che presenterà in anteprima a Tracklist! in Ostello Bello (Via Medici, 4 Milano) questa sera alle 19.00.

All’anagrafe sei Luca, ma ti fai chiamare Suvari. Da dove arriva questo nome d’arte?
Arriva da un banalissimo gioco fatto con un mio amico. Credo sia stata la parte più difficile del progetto trovare il nome giusto, così mi sono lasciato trasportare dalla casualità del momento, ho preso l’enciclopedia del cinema e ho aperto a caso una pagina. Ho indicato Suvari e mi è sembrato un ottimo nome per un progetto musicale.

Il 19 marzo è uscito “Altrove”, il primo singolo del tuo nuovo EP che vedrà la luce questo mese. Se dovessi scappare altrove dove andresti?
Mi lascerei condizionare dal clima. Sono abbastanza meteoropatico quindi preferirei un bel clima mite e magari circondato dalla natura, soprattutto il mare, che è una delle cose che mi manca di più quando non lo vedo. Su queste basi possiamo trovare molti luoghi mi sa.

Nella stessa canzone canti “Nascosto in bella vista”, che porta alla mente “Nascosta in piena vista” di Niccolò Contessa. Cosa ne pensi della scena indie/itpop italiana?
Eh sì, purtroppo c’è questa affinità, la canzone l’ho scritta molto prima di quella de I Cani, e quando è uscita la loro ho deciso comunque di mantenere questa frase perché portante nel concetto della sparizione, tema del brano. Mi piacciono i giochi di magia, mi esaltano tantissimo ed il trucco è sempre nascosto in bella vista, volevo riportare questo concetto nel brano.
Tornando alla scena indie/itpop sicuramente si è aperto un mercato musicale che grazie a dei momenti chiave (prima I Cani, poi Calcutta ed altri ancora) ha dato l’opportunità a tantissimi progetti giovani di scardinare un sistema che si faceva sempre più vecchio fatto di artisti che non hanno più niente da dire ma che comunque tengono in ostaggio i vari palinsesti. È stata un’occasione per dimostrare che del talento vero stava da un’altra parte, e infatti non a caso molti di questi artisti storici stanno collaborando con i nuovi cantautori.

Preferisci il giorno o la notte? E perché?
Sono uno di quelli che dice “ma quanto è bello svegliarsi presto e avere tutto il giorno per fare mille cose” e poi finisce che mi addormento tardi per guardare film o leggere. Quindi diciamo che preferirei il giorno ma finisce che mi perdo di notte.

Sei una persona che tende più a legarsi ai ricordi del passato o a pensare che le esperienze non ancora vissute saranno migliori? E questo come incide sulle tue canzoni?
Cerco sempre di guardare avanti, penso che ci sono esperienze bellissime che devono arrivare. Il passato forse lo esorcizzo nella musica, mi viene naturale quando scrivo di farmi influenzare da atmosfere nostalgiche.

Cosa ti ha spinto a iniziare a fare musica?
Un brutto momento, una malattia che mi ha bloccato troppo tempo a casa. In quei giorni ho guardato la mia collezione di dischi e ho capito che la maggior parte di essi nasceva da brutte esperienze di vita. Da lì ho capito come la musica sia la migliore terapia per me.

“Riprendiamoci il caos”, dal tuo disco “Prove per un incendio” è perfetta da ascoltare in questi giorni primaverili. Se dovessi dire una stagione che rispecchia te e le tue canzoni quale sarebbe e perché?
Musicalmente forse l’inverno, è il momento in cui scrivo meglio, mi chiudo a casa, fuori è buio e freddo, quindi il momento migliore per bere del buon vino e starsene a scrivere musica nuova. Durante le belle stagioni preferisco stare fuori, divento ancora più pigro e mi perdo in pensieri che non concretizzo mai.

Che progetti hai per l’estate?
Suonare in giro. La parte più bella del far musica è salire sul palco e portare live quello che hai elaborato a casa tua o in studio. Spero di incontrarvi in giro.