Dopo aver tifato per lui e gli Eugenio in Via Di Gioia alla 70° edizione del Festival di Sanremo categoria Nuove Proposte, ed esserci affezionati al suo lato social più caustico e spassoso,
dal 9 marzo ci siamo appassionati al suo progetto Quarantine, nato il giorno dell’annuncio del “lockdown”: scrivere e pubblicare una canzone al giorno, ogni giorno, per 31 giorni, che fosse figlia di un’improvvisazione estemporanea al piano o di un’idea più articolata avuta la mattina e lavorata per tutto il giorno, con produzioni più complesse o la collaborazione a distanza di altri colleghi musicisti. Una vera e propria corsa contro il tempo, un modo per Alberto sia di sfidare se stesso nel riuscire a reggere un ritmo simile per un periodo così lungo (e tenersi impegnato nella reclusione casalinga), sia di dare quotidianamente al pubblico qualcosa di nuovo, che magari rispecchiasse le proprie emozioni durante la quarantena.
Qui sopra potete ascoltare il progetto completo da cui INRI Classic ha scelto quattro brani, tra queste trentuno bozze, da pubblicare ufficialmente dopo un perfezionamento o direttamente la realizzazione di una versione più estesa e completo che la frenesia insita nel progetto non poteva permettere: The Dancefloor [Day 1], Reverie [Day 4], The Universal [Day 21] e The Escape [Day 27] .
Alberto è poi tornato un mese fa con una nuova produzione, il singolo Klavier de Lune (clicca per ascoltare) realizzato in collaborazione con Cucina Sonora ed ha finalmente annunciato due date live in altrettante location d’eccezione:
9 agosto – Festival Piano Lab – Palazzo Ducale di Martina Franca (TA)
28 agosto – Cortile del Palazzo Comunale di Carmagnola (TO)
Noi di Beat&Style che amiamo musica, letteratura e poesia ma che ci divertiamo anche a giocare con le immagini e l’ironia, abbiamo dato ad Alberto un compito non facile: 5 immagini per altrettante canzoni, e il risultato è veramente interessante nonché inaspettato! Grazie Alberto per la disponibilità e i bellissimi pezzi scelti.
“Take me Home, Country Roads” – John Denver
Vabbè, partiamo con una cosa forse un po’ banale e scontata ma doverosa. Poche cose mi fanno pensare agli Stati Uniti più veraci di Clint Eastwood. Per intenderci, quel tipo di “americanità” che non è né lo stereotipo newyorkese di businessman-cool né lo stereotipo del surfista di Venice Beach, ma il cliché “tuta di jeans zozza di terra, trattore, chitarra acustica country”. Poi se ci mettiamo anche Paul Newman tutto questo è x10. Allora non posso non abbinarci un pezzo che per me ha lo stesso effetto ed è un richiamo alla vecchia casa nel Virginia dell’Ovest. Anche se Clint è californiano. E Paul era dell’Ohio.
“Mandela” – Margherita Vicario
Credo di non fare alcun torto a Margherita se dico che la prima cosa a cui ho pensato, appena visto il frame del video di “Borders” di M.I.A. è stata lei è la sua “Mandela”. D’altra parte credo ci siano dei volontari omaggi nell’estetica sonora e visiva di alcune ultime cose della Vicario alla cantante inglese. E i due pezzi in un certo senso non sono neanche così distanti come tematiche trattate. In uno con una zattera della Medusa, nell’altro con il negozio dell’indiano sotto casa.
“7 Seconds” – Youssou N’Dour feat. Neneh Cherry
È una delle primissime, forse la prima, canzoni a cui ho pensato appena vista la foto. Forse perché conosco l’immagine e il contesto da cui è presa, forse perché mi ricorda vagamente alcune scene del video di questo brano, con Neneh Cherry o Youssou N’Dour a centro schermo, mentre persone attraversano l’inquadratura in strada. Ad ogni modo mi sembra azzeccato associare questa foto con un pezzo che dice “And when a child is born into this world / It has no concept /Of the tone the skin it’s living in”.
“Forget It” – Breaking Benjamin
Braccio accasciato con tattoo “alive” e, per quello che mi riguarda è subito emo. E se è subito emo, è anche subito il me tra i 16 e 18 anni che ascoltava My Chemical Romance, Breaking Benjamin, 30 Secondi to Mars e soci, e si decolorava i capelli perché approvava le scelte estetiche di Gerard Way. Anziché optare per una più scontata “Welcome to The Black Parade” vado su qualcosa di più melodico e meno abusato.
“Þar Sem Hjartað Slær” – Fjallabræður feat. Sverrir Bergmann
Qui quantomeno l’assonanza geografica è facile da capire. Vedi Bjork e pensi all’Islanda. In realtà penso anche all’elettronica. Quindi mi vengono in mente un sacco di brani che potrei associare, per fare il fighetto, con la conoscenza dell’elettronica nordeuropea o folk in lingua norrena. E invece. Sono stato in Islanda qualche anno fa, ho potuto girarla per benino in due settimane e ho scoperto un posto bellissimo in cui vorrei tornare appena possibile: all’aeroporto di Keflavik, durante la notte, questa canzone è andata in loop un numero imprecisato di volte e ce la siamo pure beccati in radio ogni tanto diventando la colonna sonora del viaggio. Quindi ormai è sinonimo di Islanda che, per me, è þar sem hjartað slær, ovvero “dove batte il cuore”.