Finita ‘sta bella scopata di cui vi ho parlato nel capitolo precedente mi sono accesa una bella sigaretta…
È quella che ti godi di più, proprio quando il piacere è ancora lì a pervadere il tuo corpo.
Voglio raccontarvi bene, dall’inizio, il mio amore per le sigarette: ne sono sempre stata affascinata, mi è sempre piaciuto l’odore del fumo misto al profumo che rimane impregnato nei vestiti, nei cappotti e nei capelli. Già verso i sei anni, insieme al mio amico d’infanzia Diego, ne rubammo una a sua mamma e ci nascondemmo fuori al balcone di casa sua a fumare. Potete ovviamente immaginare quanto ci fece tossire, ma io provai una sensazione di totale piacere e in quel preciso momento decisi che da grande avrei fumato. Con mio cugino Eddie, tre anni più piccolo di me (io avevo circa 8 anni) avevo brevettato le sigarette home made realizzate con i fogli a quadretti dei quaderni, una bella sbriciolata di alloro e foglie secche dell’albero di albicocche del nostro giardino, un po’ di ovatta per fare il filtro (quella che nostra nonna usava per pulirsi il viso con l’acqua di rose) e una volta arrotolate con grande maestria, le chiudevo con la fantastica colla Pritt. Una botta di vita e di salute insomma!
Intorno ai 12 anni, nell’estate della terza media, riprovai insieme a Federica, mia compagna di classe che, come me, aveva deciso che da grande avrebbe fumato. Stavamo facendo passi importanti per la nostra vita da femmine indipendenti.
Non la vedo da allora e onestamente non so se poi lei abbia mai iniziato.
In quarta ginnasio conobbi Elena (quella che mi disegnava le sopracciglia, qui potete leggere l’articolo su peli e dintorni) con cui, ogni sacrosanta mattina, compravamo un pacchetto da dieci di Marlboro Light (solo chi ha più di trent’anni può ricordare i “pacchetti da 10” che costavano circa 2 mila lire) che dovevamo finire entro la mattinata perché altrimenti i nostri genitori ci avrebbero “sgamate”.
Dopo breve tempo però mi stufai di tenere questo segreto e dissi ai miei genitori che fumavo, con o senza il loro consenso! Cominciai quindi a farlo a casa e, a dire il vero, fumavo molto meno e le sigarette me le godevo davvero. Ovviamente non sapevo niente dei test effettuati sugli animali e fumavo, fumavo, fumavo ignara di tutto ma super fiera di me, che a soli 14 anni ero così vissuta da farlo davanti ai miei genitori.
Nei giornaletti a cui ero abbonata, che dopo qualche anno, quando decisi di diventare vegana, mi arrivavano a casa, non c’era mai scritto nulla e nemmeno online. Non ricordo di aver mai trovato articoli sul tema. In effetti, la notizia dei test sugli animali, la scoprii molti anni dopo. Andavo già all’università e in un’assemblea di un gruppo animalista a cui appartenevo, una ragazza che era stata a Berlino, ci raccontò di questa atrocità. Le sigarette, venivano testate sui cani, sui conigli e sui maiali facendo loro respirare il fumo per ore, attraverso una sorta di tubo simile al macchinario per fare l’aerosol, spesso anche su femmine incinte o sui cuccioli. Inoltre, approfondendo i miei studi, scoprii che nel tabacco è contenuto il castoreum, una sostanza giallognola proveniente dalla secrezione dalle ghiandole perianali del castoro che contribuisce a conferire alle sigarette il loro tipico odore.
Vabbè, volevo morire…Smisi immediatamente di fumare le sigarette e informandomi bene, non avendo nessuna intenzione di togliermi il vizio, iniziai a fumare il tabacco. Compravo il Pueblo, cartine e filtri biodegradabili (non trattati e senza colla animale) su internet.
Poi un bel giorno, di circa 8-9 anni fa scoprii le YESMOKE le sigarette vegane, non testate su animali, prodotte da un’azienda di Torino. La dicitura del NON TESTATO SU ANIMALI è addirittura apposta sul lato del pacchetto.
La mia felicità era alle stelle perché potevo continuare a fumare felice. Ordinavo le stecche intere dai miei tabaccai di fiducia nelle varie città dove vivevo (ho vissuto a Roma, Napoli e da 4 anni a Milano) ed il gioco era fatto. Oggi si trovano molto più facilmente in quasi tutti i tabaccai ma se non doveste trovare quelle, sarà più facile trovare le sigarette e il tabacco PUEBLO (ricordatevi che potete utilizzare le cartine e i filtri che non sono sbiancate con prodotti testati e hanno colla vegetale, qui ne trovate alcune). Io fumo solo YESMOKE perché preferisco il sapore e l’umidità del tabacco e poi perché mi piace troppo fumare e non posso perdere tempo a rullare! ahahaha
Ora passiamo all’alcool, altra mia grande passione e rifugio dei miei malumori…Sì perché per un periodo abbastanza breve, ma intenso, ho annegato i miei pensieri nell’alcool. Non ho grandi aneddoti da raccontare sulla mia adolescenza, a parte qualche vomitata per strada e tante risate (in questo credo che tanti di voi possano identificarsi). Ricordo però che all’asilo, una suora di cui non faccio il nome per evitarle problemi legali, un giorno che non riuscivo a dormire dopo pranzo mi diede un bicchiere di vino allungato con l’acqua. Ovviamente sprofondai in un sonno epocale!
Ma, come vi anticipavo, ho usato l’alcool come via di sfogo per circa un anno (tra il 2016 e l’estate 2017, abitavo già a Milano). Sfogo significa che non passava giorno in cui non bevevo, anche cospicue quantità e a qualsiasi ora, se mi andava, anche di mattina.
Io, che non mi sono mai drogata, che ho sempre avuto il controllo di tutto, avevo bisogno di qualcosa che placasse il dolore, che mi allontanasse dalla solitudine e dalla malinconia. Lo facevo anche da sola e mi faceva stare bene. Poi, venne a vivere a casa mia Denise, meglio conosciuta come DUE DITA NEL CUORE e trovai una compagna di vita e di alcool. Ci divertimmo da morire insieme e proseguimmo in questo periodo alcolico. Eravamo come Patty e Selma, le sorelle di Marge dei Simpson, sempre con la sigaretta in bocca e il bicchiere in mano.
Non sto qui a spiegarvi i motivi che mi spinsero a bere ma ricordo ancora un pomeriggio in cui dovevo andare a parlare con questo ragazzo e non avevo il coraggio di dirgli che mi ero innamorata di lui. Presi una bottiglietta di un distillato russo che avevo da anni, un po’ da esposizione e mi ci attaccai. Denise mi guardò esterrefatta e mi disse: “A Giù ma che cazzo te stai a beve, la vodka?” e io: “No Denì, è grappa!”. Scoppiammo a ridere, andai al famoso appuntamento ma andò malissimo, credo che puzzassi di alcool a metri di distanza e non capivo niente.
Nel mese di luglio 2017 andai nella mia adorata Napoli per una ventina di giorni e lì, una sera feci la più grande cazzata della mia vita (che non racconto perché mi vergogno tremendamente), in preda all’alcool ovviamente. Dal giorno dopo smisi totalmente di bere e per 8-9 mesi non toccai più niente. Dovevo depurarmi fisicamente ma soprattutto capii che l’alcool non stava risolvendo niente, anzi, mi stava rovinando la vita.
Oggi bevo saltuariamente e ho ripreso il piacere di un semplice bicchiere di vino (vegano, ovviamente), ma ho eliminato tutti i superalcoolici e la birra. Voi vi chiederete: “Ma perché scusa, il vino non è fatto con l’uva? E allora perché non è vegano?”
Eh no! Nel vino vengono utilizzati derivati animali, i cosiddetti coadiuvanti, che servono a chiarificare, depurare, renderlo meno torbido. Si tratta di sostanze che a fine processo vengono rimosse dal prodotto finale, ma non vi è garanzia che non lascino tracce. Vengono utilizzate soprattutto albumina e caseina ma anche parti come le ossa (da cui deriva la gelatina alimentare), fibre derivanti dai crostacei (chitina) e persino la vescica e le membrane di alcuni animali.
Ognuna di queste sostanze ha la capacità di trattenere le impurità che si vogliono eliminare. Ecco perché da qualche anno vengono utilizzate le certificazioni “vegan ok”.
Ovviamente, non tutte le aziende sono interessate alla certificazione Vegan OK ma producono vino comunque veganfriendly. Il mio consiglio è: quando vi trovate davanti ad un vino che non ha certificazioni, cercate sul sito della cantina di produzione, nella scheda tecnica, alla voce “vinificazione”. Se la risposta non vi soddisfa, alzate il telefono e parlate direttamente con il sommelier dell’azienda che sarà in grado di darvi tutte le risposte, altrimenti, portatevelo da casa come si faceva una volta.
Come detto prima, non bevo più nessun tipo di superalcolico o birra ma qui potete trovare tutti i tipi di alcolici e potete fare un check per controllare se ciò che state ingerendo è vegan oppure no, prima di perdere ogni dignità e rischiare di bere anche l’acqua del Tevere.
Ci rivediamo a novembre, credo parlerò di ciclo mestruale. Cin Cin!