“Siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia” così solitamente, quasi come un mantra è solito aprire e chiudere i concerti dei FASK Aimone, frontman della band perugina, e con queste stesse parole vorremmo introdurre la band che a distanza di dieci anni dal primo album continua a farci emozionare, divertire, ballare, ma soprattutto pensare.
Lo conferma il loro nuovo singolo “Cosa ci direbbe” pubblicato oggi 23 aprile per Woodworm e primo brano in assoluto nella storia dei FASK ad uscire con un featuring. Chi l’avrebbe mai detto che a fare da spalla ai quattro ragazzi di Perugia fosse proprio il torinese Willie Peyote, artista che oltre ad essersi fatto conoscere partecipando al festival sanremese, condivide con i FASK la mania o forse sarebbe meglio parlare di amore, per i palchi. Sì, perché sia Willie che i FASK oltre ad essere dei bravi musicisti e cantautori, conoscono il segreto per essere anche degli ottimi performers, sapendo intrattenere (chi a colpi di versi irriverenti, chi scalando le torri di un palco) un pubblico affamato di musica.
Ad un anno dal primo lockdown e dopo aver pubblicato nel 2020 il singolo “Come conchiglie” seguito dal più recente “Come un animale”, i FASK sembravano presagire un cambiamento di rotta stilistica e musicale che lasciava al rock il tempo che trovava. In “Cosa ci direbbe” invece c’è la constatazione che probabilmente i due singoli precedenti erano stati frutto di un abbaglio, o di una sperimentazione della band.
E allora in che modo i FASK tornano ad essere i FASK in un featuring con Willie Peyote?
Aimone risponde con un diretto “perché ce n’era bisogno”, bisogno di comunicare, di sentirsi uniti e di creare connessioni tra artisti lontani ma che sono parte della stessa religione, che è la musica. “Cosa ci direbbe” insomma è lo specchio di una necessità che si fa musica e testo, è l’istinto ancestrale della socialità che grida per uscire in un momento in cui la presenza fisica è messa sottochiave.
Ma andiamo al testo.
“Che cosa ci direbbe mamma se non fosse fatta?!” recita a più riprese il ritornello crudo e dissacrante di “Cosa ci direbbe”, e già questo basterebbe a comprendere il messaggio; ma volendo indagare ancora più a fondo, la tematica su cui si regge il testo è il “giudizio”, così afferma Aimone: giudicare gli altri prima di sé stessi. “Giudicare il mondo esterno attraverso i propri schemi” continua Alessio, è quanto di più sbagliato si possa fare al mondo, perché così facendo si finisce per non empatizzare col circostante e per idealizzare chi si ha intorno, come, non ultima per l’appunto, la figura della madre, considerata sin da piccoli come “intoccabile” e inalterabile e non invece capace di soffrire al nostro pari.
“cosa ci direbbe” racchiude dunque un messaggio generazionale?
Dopo aver storto un po’ il naso difronte alla parola “generazionale”, i FASK annuiscono, aggiungendo che anche stavolta hanno cercato di trasmettere l’importanza e la precauzione verso il presente in visione del dono che ne faremo a chi verrà dopo di noi. “Dovremmo imparare ad essere persone migliori non solo per noi stessi ma anche per chi ci circonda” conclude Aimone.
Dovremmo tutti riuscire a risuonare insieme, senza prevaricazioni, nel mondo come nella musica.
foto credits @ Alessio Albi