La conclusione del tour a Milano è stata come chiudere un libro dopo aver letto l’ultima pagina di un’avventura avvincente: tutti sapevano che, anche se quel tour era giunto al termine, il viaggio di Venerus era solo all’inizio. Partiamo però con ordine.
Il Fabrique di Milano, già carico di aspettative e di attesa, si è trasformato in un calderone di emozioni lo scorso 4 dicembre: la data conclusiva del “‘18-’23 Club Tour” di Venerus era più di un concerto, era un viaggio nel tempo, un percorso intimo attraverso la sua musica che abbracciava passato, presente e future potenzialità.
La serata è iniziata con un’entrata sicuramente spiazzante: Venerus e una misteriosa compagna in latex arrivano in moto, scatenando l’entusiasmo di un pubblico già sufficientemente caldo (seppur purtroppo non così partecipe durante l’intero live). La musica prende il comando, trasportando tutti in un mondo di libertà e leggerezza con “Sola”, seguita da una sequenza di frammenti di un mosaico sonoro che raccontava la sua evoluzione artistica nel corso degli anni (ha suonato i vecchi brani, per intenderci).
Il momento che fece sussultare tutti fu proprio quando Vinny ha deciso di giocare col tempo (un po’ come i tempi verbali di questo articolo). Uno schermo illuminò la sua esistenza passata, mostrando un Andrea più giovane, meno “barbuto”, ma altrettanto affascinante. Il Fabrique diventò una macchina del tempo nel passato e nel presente, un’immersione nella sua poliedrica personalità. Dai primi singoli ed EP che lo hanno avvicinato al pubblico come “A che punto è la notte” (2018) e “Love Anthem” (2019), fino all’atteso album di debutto “Magica Musica” (2021).
Collaborazioni elettrizzanti come quella con Gemitaiz e Mace, il palco ricolmo di energia e di una chimica palpabile: il “picco emozionale” si raggiunge però quando Joan Thiele si unisce alla festa per “Senza fiato” – un momento magico che bloccò il respiro di tutti (si, umorismo da due soldi).
La sua band, una sorta di famiglia particolarmente atipica, viene presentata tra diapositive e aneddoti, creando l’ennesimo “spettacolo nello spettacolo” della serata. Il concerto, un mix di rock, elettronica e un abbondante pizzico di libertà, ha mostrato la vera essenza di Venerus: un artista poliedrico che incanta con la sua dolcezza e selvaggia personalità.
Tra brani come “Fuori,fuori, fuori..” e “La collina dei ciliegi” (cover di Lucio Battisti), il concerto si avvicina alla sua conclusione, ma non senza lasciare un’ultima traccia di sé. Venerus chiude infatti con “Il tuo cane”, un inno che rimane sospeso nell’aria, come un’invocazione al futuro.
Non è stato solo un concerto, ma un’esperienza. Venerus, con la sua musica fuori dagli schemi, ha trasformato il Fabrique in un santuario della creatività, una dimora dove le persone hanno potuto immergersi nelle sue emozioni e sentirsi parte di qualcosa di più grande. La conclusione del tour a Milano è stata come chiudere un libro dopo aver letto l’ultima pagina di un’avventura avvincente: tutti sapevano che, anche se quel tour era giunto al termine, il viaggio di Venerus era solo all’inizio.
Ph. credits @ Marco Iemmi